Mare Art Project, da circa un anno, ha lanciato un affasciante progetto di residenze artistiche nazionali e internazionali in costiera amalfitana e, da pochissimo, ha dato il via al suo terzo appuntamento con il Collettivo ৺ ෴ ර ∇ ❃ ꩜ ﹌﹌. Gli artisti coinvolti nel progetto saranno ospiti per un mese in costiera amalfitana presso Casa l’Orto di proprietà della famiglia LeWitt, lavorando a una rilettura della mitologia legata al Mediterraneo in chiave femminista, a partire dalla figura della janara, il nome con il quale sono conosciute le streghe in Campania. Inoltre, quest’anno, la residenza farà parte della prossima e imminente edizione del festival Art Days Campania, dal 24 al 27 novembre prossimi, il primo grande evento diffuso e interamente dedicato all’arte contemporanea della Regione. In questa intervista abbiamo chiesto a Imma Tralli e Roberto Pontecorvo, ideatori di Marea, e al collettivo ৺ ෴ ර ∇ ❃ ꩜ ﹌﹌ di parlarci del loro progetto.
Come nasce l’idea delle residenze artistiche di Marea Art Project?
«Marea Art Project nasce nel 2021 come progetto di residenze artistiche nazionali e internazionali della costiera amalfitana grazie al bellissimo incontro con Stefano Collicelli Cagol, direttore del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato, e alla felice collaborazione con Carol LeWitt, mecenate e moglie dell’artista americano Sol LeWitt.
L’idea delle residenze nasce dalla volontà di riconnetterci a una storia che sembra essersi interrotta da qualche decennio. Nel corso dei secoli, la costiera amalfitana ha sempre ospitato intellettuali, artistə e scrittorə che, bagnatə dalla luce mediterranea e dalla brezza marina della costa, si sono lasciatə ispirare dall’incontro con le maestranze locali legate alla lavorazione dei tessuti, della carta e delle ceramiche. Stiamo riattivando questo processo affinché la costiera amalfitana, da luogo consumato dal turismo di massa, si posizioni come centro diffuso di ricerca e sperimentazione artistica di respiro internazionale, tra il ritmo perpetuo del mare, del tempo e del passato che affiora attraverso il presente.
Le residenze artistiche, inoltre, avvengono solamente durante il periodo invernale, perché per il nostro progetto è molto importante instaurare momenti di dialogo con il territorio e con la comunità che lo abita».
Quale tema di ricerca è stato scelto per la residenza artistica di quest’anno?
«Per questa terza edizione di Marea è con noi a Praiano il Collettivo ৺ ෴ ර ∇ ❃ ꩜ ﹌﹌ composto dalle ricercatrici e curatrici Sonia D’Alto, Claudia Gangemi, Susanna Gonzo, Sofia Melluso e Nao. Al ritmo delle onde e delle storie provenienti dal mare ma anche dall’entroterra campano, stanno approfondendo l’intersezione tra il femminismo e la questione meridionale. Sin dal principio ci ha molto affascinato l’approccio metodologico che adottano poiché prevede l’utilizzo della forma dialogica come pratica di indagine collettiva, che parte da esperienze e memorie personali, lasciandosi ispirare sia dall’autocoscienza femminista, sia dai rituali e miti del passato.
Stanno vivendo la costiera amalfitana in maniera alternativa rispetto all’idea di consumo a cui è costretta nel periodo estivo. Durante questa residenza la loro ricerca è rivolta alla figura della janara, il nome con il quale sono chiamate le donne simili alle streghe nella tradizione campana. Il loro lavoro si sta rivelando molto prezioso e necessario per un territorio come il nostro poiché agisce come forma di resistenza alla perdita di identità e memoria collettiva a cui sono destinati luoghi come la costiera, schiacciati dal turismo stagionale e di massa.
Inoltre, hanno l’opportunità di incontrare e scambiare conoscenze con lə abitanti del posto. Tramite le loro memorie, stanno emergendo nuove mitologie e cosmologie legate al territorio e una nuova narrazione della figura della donna, fuori dalla storia dominante e dalle rotte precostituite».
Dal VI secolo sino a oggi, in che maniera la figura della janara dialoga con noi? In che maniera mitologia e tradizioni si configurano come mezzo di resistenza nel nostro presente?
«La figura delle janare ci ispira a non riconoscerci nei ruoli prestabiliti imposti dalla società e a trovare spazi di incontro in cui sono possibili modalità di condivisione alternativi. Le janare si cospargevano di unguenti e volavano via la notte per ritrovarsi e celebrare insieme, sfuggendo l’isolamento fisico ed emotivo in cui erano imprigionate. I racconti su queste donne ci ispirano a essere insubordinate, a seguire l’intuizione, a immaginare al di fuori di spazi, ritmi e temporalità fissati dal potere dominante.
Per noi è importante riuscire a trovare in storie passate e in narrazioni mitopoietiche tracce per strategie di vita alternative al sistema di alienazione e sradicamento della vita. Non si tratta di scavare in maniera nostalgica e acritica nel passato, ma piuttosto di costruire talismani per l’immaginazione, solidarietà multitemporali, che ci permettono di superare le barriere delle astrazioni spazio-temporali su cui si basano i sistemi di divisione e oppressione».
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