Un premio doppio: per artisti cubani e italiani, con una giuria doppia, cubana e italiana. Quella italiana, composta da Laura Cherubini, Eugenio Viola e Giacomo Zaza, ha premiato a pari merito Susana Pilar Delahante Matienzo e Grethel Rasúa. Filippo Berta, invece, si aggiudicato il premio dalla giuria internazionale composta da Caridad Blanco, Israel Castellanos e Jorge Fernández Torres. Abbiamo intervistato i tre vincitori per conoscere le condizioni in cui prende vita il lavoro di un artista nel rispettivo Paese e per capire anche il senso di un premio che consiste nella realizzazione di un libro monografico con distribuzione internazionale.
Che significato può avere per te, una pubblicazione che ripercorre la tua opera in questo momento?
Filippo Berta: «In questo momento considero la pubblicazione di una monografia come un impegno nei confronti del lettore. Il libro mostrerà le basi su cui si svilupperà in futuro la mia ricerca artistica. Dovrà essere uno strumento nelle mani del lettore, che gli permetterà di condividere con me un’urgenza».
Grethell Rasúa: «Il catalogo monografico che conferisce il Premio Maretti è uno dei premi più importanti che il mio lavoro ha ricevuto finora. La sua realizzazione contribuirà notevolmente ad una migliore comprensione della mia traiettoria artistica, dei miei interessi concettuali, delle mie idee e dei media selezionati per trasformarli in arte. Aiuterà a far conoscere il mio lavoro in luoghi dove forse non è mai arrivato, in altri, dove possibilmente ne hanno sentito parlare o dove si conoscono solo alcune opere, ma non si conosce il lavoro nella sua interezza».
Susana Pilar Matienzo Delahante: «Arrivata ai miei primi tre decenni di vita, il catalogo rappresenta uno spazio di riflessione. Sarà un momento in cui prenderò il mio lavoro come soggetto di studio, facendo di questa monografia una finestra aperta sulla meditazione. Il catalogo offrirà pagine per lo scambio e la visibilità delle pratiche artistiche e i presupposti concettuali sui quali ho lavorato fino ad oggi, portandoli a un livello successivo: condividerli internazionalmente. Credo comunque, che nessun periodo di tempo è abbastanza lungo o abbastanza corto per mostrare i processi lavorativi in tutto il loro splendore. Quando capitano queste opportunità allora è il momento ideale per fermarsi e pensare al nostro percorso, mentre condividiamo inquietudini, paure e preoccupazioni con i nostri omologhi. Il Premio Maretti, mi dà questa opportunità. E’ un momento molto importante per me».
Come consideri l’editoria nell’attuale panorama socio-culturale del tuo Paese?
Filippo Berta: «Se la società si specchia nella parola scritta, che con il passare del tempo diventa una testimonianza indelebile del passato, potrei abbandonarmi a una facile risposta pessimistica. In tal caso, crisi economica e politica italiana sarebbero le due parole chiave. Nonostante ciò, “la penna” è un’arma che può fare breccia e aprire varchi interessanti. La storia recente ci ha mostrato diversi casi in cui un semplice blog è diventato un vero mezzo di sovversione. Questa potenzialità si scontra però con la richiesta di una produzione seriale, imposta da un sistema insaziabile. Non solo l’editoria, ma tutti gli ambiti culturali sono colpiti da questo male. La diretta conseguenza è un abbassamento della qualità del lavoro prodotto. Quindi, fare l’editore è un lavoro di responsabilità, promuove la materializzazione delle idee in un libro o in un articolo. Penso che nel panorama socio-culturale italiano, bisognerebbe riuscire a cogliere le grandi intenzioni nelle piccole azioni».
Grethell Rasúa: «Molti sono gli editori che stanno facendo del loro meglio. Ci sono diversi modi per divulgare il panorama artistico in generale: riviste, cataloghi, quaderni. Ma penso che l’offerta editoriale del Paese sia ancora limitata e ormai superata, come ad esempio nel campo teorico dell’arte».
Susana Pilar Matienzo Delahante: «Le edizioni cartacee del panorama socio-culturale cubano attuale sono tra le più diverse. Soddisfare e raccogliere tutte le richieste di pubblicazioni non è un compito facile. Il cubano ha una grande sete di conoscenza e prova piacere nel tenersi sempre aggiornato. Mantenere una pubblicazione dinamica e all’unisono con gli eventi che narra è una delle più grandi sfide per gli editori. La sistematicità delle pubblicazioni è un fattore chiave nell’equilibrio dei processi del pensiero socio-culturale; l’assenza di questa, causa lacune nella memoria collettiva. Le edizioni online non subiscono il passare del tempo, ma l’accesso del pubblico a Cuba, è più difficile».
Con quali mezzi viene sostenuta l’arte contemporanea e monitorate le ricerche dei giovani artisti nel luogo in cui vivi? E quali sono i momenti più importanti per il confronto internazionale?
Filippo Berta: «L’artista è il primo sostenitore della sua ricerca. Questo è possibile mettendosi sempre in discussione, in modo tale da intuire la direzione intrapresa. Detto ciò, non è una novità che l’Italia non offre un terreno fertile per lo sviluppo dei giovani talentuosi, da qualsiasi campo lavorativo essi provengano. Da parte mia, non voglio fuggire alla cieca dall’Italia. I miei spostamenti sono necessari per sviluppare nuovi progetti in contesti sociali pertinenti. Se faccio riferimento alla mia esperienza personale, il Premio Internazionale della Performance di Trento nel 2008 e il Premio Maretti nel 2014, sono state delle piacevoli esperienze, che hanno dato vigore al mio lavoro. Mentre per quanto concerne il confronto internazionale, bisogna considerare che viviamo in un’epoca in cui anche un portatile diventa un luogo d’incontro».
Grethell Rasúa: «I mezzi espressivi su cui si basa l’arte contemporanea cubana sono diversi a seconda del progetto artistico e il bisogno del supporto sarà maggiore o minore. Tutto dipende dall’idea, dalla sua messa in scena e dal suo creatore. Darò il mio punto di vista rispetto alla mia esperienza, in cui molti si potrebbero identificare. Realizzare una produzione artistica a Cuba è piuttosto complicato e faticoso, e far sì che le produzioni riescano o assomiglino a come erano state pensate è un grande risultato. Non esiste un mercato con offerte sicure, anche qualcosa di estremamente semplice come un chiodo, un giorno forse c’è ma il giorno dopo non si trova più. Penso che l’artista cubano abbia imparato a fare grandi opere con quasi nulla. A volte con il ricavo della vendita di una sola opera ne produce varie e riesce anche a mettere da parte qualcosa per mangiare. Il successo nella realizzazione di un’opera dipende dalla collaborazione di molti: la famiglia, la generosità degli amici, i propri risparmi e, naturalmente, le Istituzioni. La difficoltà nell’utilizzo di Internet interferisce notevolmente nel lavoro: non ci si può connettere facilmente a casa o in studio. Non avendo risolto questo problema abbiamo quindi cercato altre vie di ricerca per arrivare alle stesse informazioni che a volte danno risultati persino più interessanti, ma ciò non toglie che siano più lente. Voglio quindi ricordare che l’Istituto d’Arte ha favorito l’accesso a internet per gli artisti associati con l’Unione Nazionale di Scrittori e Artisti di Cuba (UNEAC), così come l’Associazione Hermanos Saiz (AHS) che promuove l’arte giovane. Non tutti però, hanno la fortuna di potersi recare in questi spazi alcune volte alla settimana per collegarsi e il tempo di fare la fila e aspettare il proprio turno. Fortunatamente ci sono diversi momenti importanti relativi allo scambio artistico internazionale a Cuba: il Festival del Balletto, il Festival del Cinema, il Festival del Jazz, la Fiera del Libro e, naturalmente, l’attesa Biennale dell’Avana. In realtà ci sono molti progetti di qualità che avvengono su scala più piccola, ma che possiedono altrettanto valore artistico al di fuori di queste date in cui è coinvolta una presenza internazionale».
Susana Pilar Matienzo Delahante: «Il supporto verso l’arte contemporanea si sta sviluppando. Ci sono premi e iniziative per incoraggiare e promuovere la produzione artistica degli artisti emergenti. Il premio di Havana Cultura, le borse di studio per la creazione artistica offerte dal Centro de Arte Contemporáneo Wifredo Lam, dal Centro de Desarrollo de las Artes Visuales, dalla Fototeca de Cuba, dall’UNEAC, dalla AHS, ed altri. Alcune ambasciate come l’Ambasciata Norvegese a Cuba e l’Ambasciata di Spagna a Cuba hanno sviluppato un supporto sistematico per gli artisti cubani che partecipano alla Biennale de L’Avana, al Salón de Arte Cubano o semplicemente a mostre collettive o individuali di artisti cubani che hanno luogo durante tutto l’anno».
Nei Paesi dove sussiste una forma di censura e di controllo sulle manifestazioni artistiche e nei Paesi dove ufficialmente vige uno spazio di scambio democratico, l’artista si scontra con barriere etico-morali complesse e stratificate. Nel tuo caso quali sono e quali sono state le limitazioni incontrate?
Filippo Berta: «Mi auguro di incontrare sempre delle limitazioni. Le reputo necessarie, altrimenti quale sarebbe lo scopo dell’artista? Non credo che consista semplicemente nell’allietare degli occhi istruiti con immagini affascinanti. L’estetica non è il fine, ma un mezzo d’espressione necessario per certificare la propria libertà intellettuale. La censura è insita nell’essere umano, il quale ambisce a un potere possibile solo con limitazioni imposte ai propri simili. Questo circolo paradossale genera continui stati di tensioni dualistiche, ed io cerco di analizzarli tramite le arti visive. In pratica, il mio obiettivo è porre in primo piano la disarmonia che l’essere umano vuole definire come una dimensione lontana e demoniaca, quando invece gli appartiene per sua natura. Credo che in un mondo perfetto l’artista non avrebbe motivo di esistere».
Grethell Rasúa: «Ho sempre cercato di trovare alternative per realizzare ciò che meglio rispettasse l’idea dell’opera che voglio creare senza doverla mutilare. Cercherò di fare sempre tutto il possibile, per ottenere il miglior materiale e lo spazio che il pezzo merita. Ho sempre creato quello che sentivo e non potrò mai smettere di farlo, anche se va contro quelle che gli altri potrebbero chiamare barriere. Il mio più grande ostacolo in questo momento è la possibilità di ottenere i materiali che mi servono per creare le opere. Molti sono completamente gratuiti e li porto sempre con me, come le feci, i capelli, un po’ di sangue o il mio corpo. Altri sono infernali come l’oro, l’argento, alcune sostanze chimiche, un buon proiettore o un semplice cavo elettrico».
Susana Pilar Matienzo Delahante: «El escándalo de lo real è stato il lavoro che ha, fino ad oggi, richiesto più energia mentale e difesa dal punto di vista etico e morale. È stato un lavoro complesso che trascendeva i confini della rappresentazione, dell’etica, della morale, della logica e della religione. La sua influenza sulla mia psiche è stata enorme perché non è stato solo un gesto artistico, ma anche una scelta di vita che ha collocato l’autonomia del corpo al di sopra di tutte le cose. El escándalo de lo real ha trovato barriere etiche e morali in quasi tutti i Continenti».
Attraverso il tuo lavoro hai l’autonomia economica per poter vivere e continuare a fare ricerca?
Filippo Berta: «Esiste una sostanziale differenza tra vivere e sopravvivere. La concezione popolare vuole l’artista di ricerca come un sopravvissuto. Forse qualcuno riuscirà a demolire questo pensiero».
Grethell Rasúa: «Ho deciso, da quando ero studentessa, di concentrare il mio tempo e le mie energie nel realizzare opere che fossero di mio pieno interesse dal punto di vista artistico e della ricerca. Sono riuscita a conciliare la questione economica, di marketing, di vendita e di acquisto come elemento che chiude il discorso concettuale e in qualche modo pratico in alcuni lavori. Ho avuto successo in questo senso, ma non è qualcosa di stabile, è stato molto difficile, spero che a forza di provarci un giorno arrivi ad essere costante. Di tanto in tanto vivo della mia arte, delle borse di studio e benefici che possano arrivare attraverso il mio lavoro come curatrice o partecipando a conferenze su temi che non si allontanano dalla mia poetica come artista. Insegno anche all’Accademia Nazionale di belle Arti San Alejandro con un programma da me strutturato per un laboratorio di tesi e critica d’arte. Forse domani dovrò dedicarmi a fare qualcosa di completamente diverso dall’arte e sono pronta ad accettarlo, ma al momento continuo a provarci, e cerco di seguire il caro Lázaro Saavedra quando dice: “Vivere d’arte è saper vivere”».
Susana Pilar Matienzo Delahante: «Non ho un ingresso economico regolare, ciò mi porta a stare sempre attenta riguardo al mio futuro in termini esistenziali. La preoccupazione per il domani è in ogni mio pensiero. La stragrande maggioranza dei miei progetti non hanno una forma commerciabile quindi è difficile essere inserita nel circuito del mercato dell’arte o delle gallerie. Questo mi dà un enorme senso di libertà e di gioia, ma, come per ogni libertà c’è sempre un prezzo da pagare. Io lo pago con la moneta dell’incertezza».
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Gentile Adriana Polveroni, sarebbe stato bello e corretto dire e far capire da dove e come nasce il Premio Maretti e come è arrivato a Cuba.
Come accennato questa è stata infatti
la seconda edizione cubana. La prima venne infatti fatta nel 2013 da Raffaele Gavarro insieme a Jorge Fernandez Torres. E sarebbe utile ricordare che
Il Premio Maretti ha assunto una certa importanza dopo che nel 2011 Raffaele Gavarro lo riorganizzó praticamente da zero, dedicandolo ad artisti over 35.
L'unico in Italia ad occuparsi di artisti meed careers, e che nell'ordine ha premiato artisti come Giuseppe Stampone ed Eugenio Tibaldi.
Questo solo perché alcuni sappiano e altri ricordino.
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gentile michele casavola, sei come me pugliese?
complimenti e auguri
mb
Gentile Kiarab,
come detto esplicitamente, abbiamo intervistato i vincitori dell'edizione 2014 del premio Maretti e in questa occasione ci è sembrato fuori luogo fare la storia del premio. Avessimo fatto un articolo sul premio stesso, senza dubbio omettere la prima edizione cubana come il nome di chi l'ha reso uno dei premi più prestigiosi dell'arte italiana, sarebbe stato un grave errore. Ma in questo caso era nient'altro che un'intervista.
Per fortuna però che attenti (e un tantino pedanti) lettori di Exibart ricordano agli smemoratelli (e non solo) la storia del premio Maretti.
Cordialmente
Adriana Polveroni