DA GUARENE ALL’ETNA E RITORNO

di - 25 Settembre 2009
Veniamo subito al punto: cos’è cambiato in un decennio
di fotografia italiana?

Molte cose. Soprattutto è mutato il ruolo della fotografia
nel panorama italiano: se dieci anni fa si poteva ancora pensare a un fenomeno
passeggero, oggi è centrale nel contemporaneo. Bisogna però specificare che la
fotografia partecipa al mondo delle immagini e si confonde nel flusso
quotidiano della comunicazione mediatica. È quindi sempre più complicato
parlarne senza riferirsi all’utilizzo che gli artisti fanno delle immagini.

Dieci anni fa scriveviche
gli autori del Norditalia tendono alla sperimentazione mentre quelli del
Suditalia puntano sull’approfondimento e sulla conoscenza del rapporto fra
antropologia culturale e fotografia. Vale ancora oggi?

No. Oggi non
esistono più approcci particolari che dipendono dall’appartenenza geografica
dell’artista. Resta però un innamoramento degli autori del sud verso il bianco
e nero classico che nel resto del Paese è andato affievolendosi, come se la
materia fosse per loro un elemento di riferimento imprescindibile.

Rispetto al 1999,
trovi che lo sguardo degli artisti sul nostro Paese sia cambiato?

Certo. Specialmente
negli artisti più giovani, che sono assai critici e poco concedono a facili
estetiche che sovente caratterizzano la fotografia contemporanea. Il punto di
partenza rimane sempre l’esperienza personale, ma oltre la rappresentazione e
la narrazione i lavori pongono quesiti e domande scomode e illuminano zone
d’ombra.

Cosa accomuna i 14
artisti già in mostra nel 1999 e le 21 new entry?

La consapevolezza di possedere un linguaggio che meglio di
tanti altri parla delle mutazioni che ci circondano. Di ciò gli artisti in
mostra sono tutti coscienti e, in un certo modo, orgogliosi ed entusiasti.


Dal titolo ci si
aspetterebbe una mostra quasi documentaristica. Come credi reagirà lo
spettatore di fronte a opere il cui significato non è superficiale, ma si
nasconde in metafore e sguardi distorti e onirici?
Credo che il
pubblico ormai conosca il progetto, una sorta di ricognizione periodica sul
nostro territorio nazionale, e sia abituato a incontrare una certa varietà di
proposte. Una mostra così ampia, per numero di artisti e per ricerche
presentate offre tanti e diversi piani di lettura fra loro “naturalmente”
eterogenei.

Le fotografie in mostra hanno tagli paesaggistici,
documentaristici, sociali, intimistici, concettuali e via dicendo. C’è qualche
ambito della realtà, soprattutto di quella che Da Guarene all’Etna
vuole proporre, che la fotografia non è riuscita a
catturare?
In un mondo in cui tutti hanno visto tutto, bisogna imparare a
vedere “altro”. Spesso questo “altro” sfugge solo perché non si spende abbastanza
tempo per scorgerlo, anche quando è già manifesto di fronte a noi. Da sempre la
fotografia ragiona e si esercita in questo processo.

Dai un consiglio allo spettatore che intende
avvicinarsi alle opere.
Affidarsi innanzitutto alle proprie emozioni e alla curiosità dello
sguardo.

Fra tutte le fotografie che hai visto, anche di
autori non in mostra, qual è quella che più rappresenta l’Italia?

Tante. Ma se dovessi scegliere direi l’Alpe di Siusi di Luigi Ghirri, l’icona della
fotografia italiana contemporanea per eccellenza.

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Maggia racconta le acquisizioni della Fondazione della Cassa di Risparmio di
Modena

stefano riba


dal 26 settembre al 15 novembre
2009

Da Guarene all’Etna 2009
a cura di Filippo Maggia
Palazzo Re Rebaudengo
Piazza del Municipio – 12050
Guarene d’Alba (CN)
Orario: domenica ore 14-19
Ingresso libero
Info: tel. +39 0113797600; info@fondsrr.org; www.fondsrr.org

[exibart]


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