Alessia Romano e Federico Montagna sono i fondatori di Artoday, una piattaforma digitale nata da una pagina Instagram che è già un punto di riferimento per chi vuole approfondire il panorama emergente dell’arte contemporanea italiano e internazionale passando per gli studi degli artisti. Dal 2017 Artoday ha tracciato una panoramica di artisti nati tra gli anni novanta e gli anni ottanta con un approccio curatoriale legato anche al mercato giovane.
Artoday nasce come piattaforma “digitale curatoriale” italiana. Cosa significa curare una mostra in maniera digitale?
F.M.: Artoday nasce come progetto digitale, un incubatore di ciò che è per noi l’arte contemporanea. “Passione” e “volontà” sono le parole chiave che ci distinguono e che hanno permesso ad Artoday di essere una realtà che promuove e sostiene l’arte di oggi, nel mondo di oggi. Raccontare le storie dei migliori talenti emergenti del panorama artistico contemporaneo e supportare il loro lavoro è diventata la linea guida del progetto. Il nostro metodo di lavoro, fin dagli inizi, è stato descritto da molti addetti al settore come “nuovo”, definendo la nostra professione come quella di Curatori Digitali. Un termine che, anche solo qualche anno fa, poteva essere considerato utopistico, insensato, ma che definisce il nostro lavoro di selezione, racconto e condivisione dell’arte attraverso l’online. Instagram è la nostra ‘galleria’ che, ogni giorno, presenta artisti scelti attraverso un attento processo di studio e di ricerca, che avviene soprattutto al di fuori della rete per evitare di incorrere in un rischio legato all’inganno dei numeri: “più un’artista ha seguito online, più è valido”. Per noi questi canali diventano fondamentali, invece, per portare l’attività ad uno step successivo che consiste nell’interazione, nell’incontro e quindi nella costruzione di un vasto network (composto attualmente da oltre 16,5 mila utenti).
Entrambi avete studiato indirizzandovi al mondo dell’arte contemporanea con il focus di scoprire e studiare artisti della vostra generazione. Quando nasce questa decisione?
F.M.: Durante l’ultimo anno di laurea Triennale, in cui io e Alessia eravamo compagni di corso in Marketing & Management of Arts allo IULM di Milano, ho sentito l’esigenza di creare qualcosa di personale: una realtà che fosse in grado di avvicinare quella che da sempre è la mia passione per l’arte contemporanea alla sfera del digitale e quindi di riuscire a raccontare l’arte di Oggi nel mondo di Oggi. Grazie al coinvolgimento di Alessia poi, fuori dall’università, Artoday si è delineato e strutturato fino a diventare un progetto imprenditoriale per entrambi. La scelta di concentrarci su artisti della nostra generazione è arrivata in maniera quasi inaspettata e rivelatoria. Agli esordi volevamo concentrarci sull’aspetto giovane e “fresco” della comunicazione dell’arte che potesse interessare anche i nostri coetanei, focalizzandoci però sempre su contenuti riguardanti importanti mostre in gallerie o nei musei, quasi come per un magazine tradizionale. Per caso ci siamo ritrovati a condividere i lavori di artisti meno conosciuti, incontrati durante le fiere e ad intervistarli. Ci siamo accorti dell’enorme crescita di numeri ed interazioni sulla pagina e della volontà della community di scoprire nuovi nomi, talenti e storie. Da quel momento è cambiato tutto e abbiamo deciso di perseguire una nuova strada, quella che tutt’oggi stiamo seguendo.
A.R.: Raccontare la storia dell’arte e la nostra contemporaneità attraverso la voce e il lavoro degli artisti che condividono il nostro tempo. Questo è quello che poi è diventato il vero punto di interesse. Un intenso dialogo che si sviluppa online e offline, grazie anche all’attività che svolgiamo in maniera costante negli studi degli artisti, e che esamina la quotidianità, le bellezze e le problematicità che viviamo, e che solo tramite il confronto diretto possono essere affrontate, e in qualche modo risolte. Di giorno in giorno conosciamo persone diverse, professionalità differenti che in qualche modo collaborano con noi e sostengono il nostro lavoro perché credono nella nostra visione, ovvero quella di creare una realtà che riesca a prendersi cura degli artisti, nella maniera più completa possibile.
La peculiarità che ha contraddistinto Artoday dagli esordi riguarda gli studio visits che sviluppate di persona. Voi fate vivere ai vostri followers quel momento “fisico”. È un format che funziona?
A.R.: Se prima era una cosa intima, che facevamo per ricerca personale, da un anno abbiamo iniziato a svolgere l’attività di studio visits con un ritmo molto più elevato perché è diventata indispensabile. Così come l’opera d’arte, per tutte le sue caratteristiche e peculiarità, necessita di essere vista dal vivo, anche l’artista, per comprendere al meglio il suo lavoro, merita di essere conosciuto. Lo studio visit è quel momento di confronto e di incontro che va poi oltre il “semplice” approfondimento del lavoro, permettendo di pensare a progetti e collaborazioni e di conoscere la persona che “sta dietro” all’artista. La cosa particolare è che poi, tra cene, caffè e aperitivi, si instaurano rapporti veri, sorprendenti e imprevedibili a volte, e questo è anche il bello! Abbiamo deciso di raccontare questi incontri, per far provare alla nostra community quello che abbiamo provato noi. Avviene poi anche un bellissimo scambio tra colleghi e altri addetti ai lavori, come collezionisti e galleristi. Sia io che Federico, tra l’altro, abbiamo lavorato in gallerie – Lia Rumma e Francesca Minini – dove abbiamo appreso moltissimo. Ora non saprei come potremmo fare il nostro lavoro se non svolgessimo questa ricerca, diventata un’esigenza.
Da inizio 2021 avete lanciato un nuovo progetto di art advisory. Cosa vi ha spinto a intraprendere questa coraggiosa scelta?
F.M.: La sezione Advisory nasce dalla necessità e il desiderio di evolvere ulteriormente le relazioni con gli artisti. Abbiamo iniziato come una semplice pagina Instagram, un editoriale in cui raccontare le loro storie; siamo poi andati a conoscerli personalmente in studio, instaurando delle relazioni vere che ci hanno permesso di collaborare con loro per mostre, progetti, collaborazioni come curatori. Tutti questi step ci hanno portato a fare un altro passo in avanti insieme: presentare e vendere lavori selezionati come Advisor. In realtà è un lavoro che inconsapevolmente abbiamo sempre fatto ricercando, selezionando e promuovendo artisti da tutto il mondo. Si trattava di concretizzarla in maniera più chiara per il nostro pubblico (fatto anche da collezionisti e persone interessate ad investire).
In cosa consiste il progetto di Advisory?
A.R.: Il nostro approccio all’Advisory si presenta in maniera differente da quello a cui siamo abituati: invece di affiancare il collezionista nella ricerca, ogni tre mesi, attraverso una scelta curatoriale, selezioniamo quattro artisti e un lavoro per ciascuno – che non superi i 3.000 euro – da promuovere e comunicare, facendo di volta in volta un approfondimento sul lavoro. Se solitamente ci concentriamo sul racconto della persona, qui l’opera ha il ruolo centrale. Partendo dal nostro mezzo principale, l’online, è stata sviluppata una strategia di comunicazione, che inizia dal video presentato realizzato in collaborazione con una nuova realtà che si chiama OUTOFCONTEXT di Giovanni Bettinelli e Simone Salcuni, che ci affianca anche nella produzione dei contenuti per il social. Il digitale rimane il canale di promozione, per spingere però l’utente ad agire insieme a noi al di fuori della rete. Per questo motivo la vendita non avviene online attraverso un e-commerce ma, attraverso la creazione di esperienze e opportunità reali, invitiamo gli interessati a contattarci e ad entrare in diretto contatto con gli artisti attraverso studio visits programmati o zoom visits, di cui abbiamo capito la reale forza solo nell’ultimo anno visto ciò che è successo a causa della pandemia. Questo permette di “conoscersi in maniera reale” anche a chilometri di distanza e di entrare nei luoghi di lavoro in una maniera alternativa.
Dagli esordi di Artoday avete realizzato eventi “fisici” in luoghi diversi. Penso, per esempio, al progetto The Wall in Isola a Milano, che ha avuto molto riscontro e ottime critiche.
A.R.: The Wall Project, progetto espositivo nato nel 2018 in collaborazione con la galleria di design Angelo della Pergola 1 della designer Myriam Kuehne Rauner, fino ad ora è stato l’unico vero progetto-mostra avvenuto all’interno delle dinamiche dell’arte ed è stato anche il primo momento di messa alla prova dove siamo usciti dalla rete, agendo offline e, ammettiamo, anche con un po’ di timore. Non eravamo sicuri che il riscontro sui social si sarebbe verificato anche durante una mostra curata da noi. Ma, dopo aver visto la partecipazione di tutte quelle persone, in primis degli artisti, poi di amici e colleghi, il rischio è valso il risultato. Ad oggi l’idea è di portarlo avanti, appena ce ne sarà l’occasione, e di rivoluzionarlo anche. Potreste vedere prestissimo un “wall” da qualche altra parte in Italia. Contemporaneamente abbiamo realizzato collaborazioni ed eventi di “brandArt”, legati al mondo delle aziende, che hanno visto la partecipazione di artisti sia da un punto di vista espositivo che di workshop. Questo 2021 appena iniziato potrebbe avere in serbo qualche sorpresa.
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