30 settembre 2010

D’ANNUNZIO È VIVO E LOTTA INSIEME A NOI

 
Vigilia dell’inaugurazione del Museo D’Annunzio Segreto, il nuovo spazio espositivo del Vittoriale degli Italiani. Il presidente Giordano Bruno Guerri ci racconta la nuova vocazione della struttura. E anticipa alcuni fra gli oggetti inediti in mostra, destinati ad arricchire la biografia di uno degli uomini più eclettici e vulcanici di tutti i tempi...

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È un Giordano Bruno Guerri molto divertito quello che
abbiamo raggiunto alla vigilia dell’inaugurazione del Museo D’Annunzio Segreto.
È anche soddisfatto del lavoro che, da circa due anni, sta conducendo al
Vittoriale, con lo sforzo e l’intenzione di far rivivere non solo uno spazio
museale, ma anche un personaggio, quello di D’Annunzio, in grado ancora di stupire
con il suo eclettismo sconfinato.

Cerco sempre di immedesimarmi in D’Annunzio – racconta
Giordano Bruno Guerri -, e di partire dal suo modo di pensare: sia da come
avrebbe agito in vita, sia come opererebbe oggi. Per esempio, l’area dedicata
all’esposizione “Omaggio a D’Annunzio” nasce in virtù dell’amore di D’Annunzio
per gli artisti suoi contemporanei. D’Annunzio ha sempre lanciato messaggi
s’amore e di intelligenza agli artisti di tutti i tempi e, se oggi fosse in
vita, farebbe lo stesso con gli artisti contemporanei dei nostri giorni. Il suo
messaggio è ancora vivo, e prova ne è che molti artisti (Mimmo Paladino o Luigi
Ontani, per esempio) hanno subito messo a disposizione le loro opere per
l’esposizione.

E in questa logica come nasce l’idea di D’Annunzio
Segreto
?

Con le sue opere letterarie, con le imprese e anche con il
Vittoriale, Gabriele D’Annunzio intendeva perpetuarsi nella memoria. E ciò
anche attraverso la testimonianza della sua vita quotidiana, quella più intima.
Del resto, D’Annunzio è stato un dissacratore della morale borghese della sua
epoca, un innovatore dei costumi, un maestro di eleganza. Figuriamoci se il
padre di tutti i dandy non avrebbe voluto che i suoi armadi venissero aperti!

Il lavoro mio e dell’architetto Angelo Bucarelli è stato
quello di aprire gli armadi rimasti intatti dalla sua morte, e di scegliere una
prima parte di oggetti per esporre una sintesi di un D’Annunzio quotidiano
ancora sconosciuto. Ecco come nasce il museo “D’Annunzio Segreto”.

Cosa c’è ancora di segreto di Gabriele D’Annunzio?

Di segreto c’è tantissimo, perché Gabriele D’Annunzio ha
avuto una vita talmente lunga, ricca di episodi, di esplorazioni mentali,
estetiche, fisiche, che continueremo a scoprirlo e a studiarlo per chissà
quanto tempo ancora, senza afferrarlo mai del tutto.

Il D’Annunzio Segreto è quello che finora non si è potuto vedere
visitando il Vittoriale. Deve sapere che, in punto di morte, D’Annunzio dispose
che la casa al Vittoriale sarebbe dovuta rimanere intatta. La cosa è stata poi
interpretata in senso pigramente restrittivo: D’Annunzio voleva dire che non si
dovevano svuotare le stanze, non che non si sarebbero dovuti aprire gli armadi!

Nella mostra che inaugurata il 2 ottobre, non solo oggetti
appartenuti al Vate, ma anche un’importante selezione di abiti femminili, come
le vestaglie, gli abiti, gli accappatoi, le scarpe, indossati da alcune delle
donne che hanno frequentato la casa: le cosiddette “badesse di passaggio” che,
una volta entrate al Vittoriale, erano obbligate a spogliarsi dei loro capi per
vestirsi con gli abiti che il Vate, da sublime esteta qual era, aveva scelto e
disegnato per loro.

Tra gli oggetti più curiosi che abbiamo scelto per
l’esposizione c’è anche l’etichetta che D’Annunzio aveva ideato per gli abiti
da lui firmati negli ultimi anni della sua vita, quando, non tutti sanno, aveva
iniziato a disegnare e produrre abiti sartoriali. Oggi lo definiremmo stilista.

Troveremo anche rivelazioni che arricchiscono la
biografia?

Certamente sì, perché il percorso di acquisizione dei
documenti e di oggetti di vita quotidiana che abbiamo intrapreso al Vittoriale
negli ultimi due anni è stato frenetico e intensissimo. Grazie a queste
esposizioni, si è scatenato un fenomeno virtuoso per cui in molti ci offrono
spontaneamente dei documenti, per poi vederli esposti e per arricchire la
collezione. E, grazie a questo, la documentazione inedita sarà sempre
ricchissima e costantemente in divenire.

Qualche esempio?

Una coppia di signori ci ha recentemente donato una
scatola con 22 lastre fotografiche e altrettante lettere inedite che mostrerò
il 2 ottobre.

Ci sarà un campionario delle lettere che D’Annunzio
scriveva alla sua cuoca! Più D’Annunzio segreto di così… Nulla sapevamo del
rapporto di D’Annunzio col cibo, se non che non ne aveva mai avuto alcuna
passione (e nemmeno per l’alcol). In mostra sveleremo la corrispondenza tra
D’Annunzio e la cuoca, che lui chiamava Suor Intingola: sono migliaia fra
lettere, appunti e biglietti in cui sono scritte le richieste per il pranzo o
per la cena. In particolare, esporremo una lettera in cui D’Annunzio canta le
lodi e le meraviglie di una frittata particolarmente buona che valse la sua
gratitudine e un premio di 300 lire a Suor Intingola.

Mi par di capire che il lavoro che avete fatto e che
farete sia nella direzione di svecchiare l’immagine del Vittoriale, considerato
un mausoleo impolverato, e quindi lontanissimo dall’immaginario trasformista
che abbiamo di D’Annunzio…

Il Vittoriale degli Italiani non è un mausoleo, ma – come
voleva Gabriele d’Annunzio – una Casa di pietre vive, nel senso di un luogo che vuole
acquisire nuove bellezze ed evolversi fino a completarsi. Ci sono decine di
nicchie destinate ad accogliere statue e opere che sono ancora vuote. Pian
piano le riempierò. D’Annunzio è vivo e lotta insieme a noi! Mi piace fare
finta di comunicare con lui e immaginare che lui mi chieda di realizzare i suoi
desideri, che poi non sono altro che un arricchimento, non solo del Vittoriale,
ma del patrimonio culturale e museale italiano.

E anche un arricchimento economico dell’area, chiosiamo,
se si considera che – dopo un decennio di crollo verticale di visitatori – dal
2009 la tendenza è decisamente inversa e si registra un +5% di visite.

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a cura di martina liverani

[exibart]

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