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Deflection: arte contemporanea nell’ex Chiesa di San Francesco, a Lecce
Progetti e iniziative
di redazione
Provenienti da contesti eterogenei, cinque artisti “deviano” le loro traiettorie per incontrarsi nell’ex chiesa di San Francesco della Scarpa, a Lecce, spazi stratificati di storie e suggestioni, rilette dai codici polisemici dei linguaggi contemporanei. Curata da Giacomo Zaza, visitabile fino al 24 giugno, realizzata in collaborazione con la galleria napoletana di Tiziana Di Caro, “Deflection” è una mostra che tiene conto della molteplicità, sia degli sguardi che delle pratiche, ma con una attitudine condivisa, orientata all’esercizio di un’immaginazione coerente con il contesto dell’attualità più urgente. In esposizione, dunque, le opere di Paola Mancinelli (Taranto, 1974), Antonio Della Guardia (Salerno, 1990), Lina Selander (Stockholm, 1973), Shadi Harouni (Hamedan, 1985), Glenda León (La Habana, 1976), in un calembour di tecniche e materiali, dal disegno al video, dalla scrittura poetica all’oggettuale, sovrascritto dalla struttura architettonica e dagli apparati decorativi della chiesa che, risalente al XII secolo ed eretta nel centro di Lecce, rappresenta un unicum nel tipico habitus barocco della città, privata del prospetto da una serie di interventi ottocenteschi. In questo contesto ambiguo, statico eppure instabile, percettivamente caratterizzante ma sospeso nelle sue funzioni originarie, gli artisti diffondono gli esiti delle proprie ricerche, scandendo lo spazio, tra scalinate e archi, attraverso innesti di realtà altre.
«I cinque artisti restituiscono a modo loro gli ambiti multiformi e impregiudicati della realtà. A ogni artista corrisponde una “deviazione” cognitiva e visiva», spiega Zaza. «Ciascuna deviazione ci allontana dai campi abituali – che oggigiorno possiedono un elevato tasso di mediatizzazione schematizzante – e ci avvicinano a immagini nate dall’esplorazione, dal racconto, dalla negoziazione. Immagini che possiedono nuove implicazioni culturali».
Deflection: il percorso espositivo
Il percorso espositivo si apre con le opere di Shadi Harouni, i cui temi sono immersi nella storia dell’Iran. Harouni agisce all’interno di determinati contesti per rivelarne alcuni inaggirabili (la perdita, la repressione, la guarigione, l’identità). «Racconti intrisi di sarcasmo e di riflessioni sulle frustrazioni degli scenari globali di un dissidente curdo fanno da sottofondo sonoro alle riprese video di una mucca che si muove liberamente nella vecchia casa del dissidente in Kurdistan (in The Owl’s Made a Nest in the Ruins of the Heart, 2021).
Oppure l’arazzo con la scritta Xanî – “casa” – (ricamata in caratteri curdi) nell’opera Xanî Xanî Xanî come vessillo di un concetto fondamentale (la casa ma anche il luogo in cui si nasce e si vive, la comunità), implicitamente politico e sociale, all’interno del fasto barocco e decorativo della chiesa di Lecce», continua Zaza.
The Weight of Images è il titolo dell’installazione di Lina Selander costituita da un tavolo poggiato su uno specchio che diventa una sorta di schermo, a restituire le immagini di un video sottostante il piano: il video mostra immagini lentissime, alcune delle quali tratte da album fotografici, ma con riferimenti frammentati e altalenanti all’olocausto degli ebrei.
«Per Antonio Della Guardia questo contributo all’osservare il mondo corrisponde a un vedere più lontano, un prospettare secondo direttrici che abilitino “mediazioni” per vedere diversamente», precisa Zaza Per un Prossimo Reale è il titolo della serie di opere che prendono spunto dagli studi del medico William Horatio Bates (1860-1931), autore di un metodo di rieducazione della vista senza l’uso di occhiali.
Questo metodo ispira l’artista a un largo ventaglio di esperimenti performativi che coinvolgono lo spettatore. Si tratta di presenze scultoree e installative che possono essere agite: dispositivi che sollecitano l’esercizio di uno sguardo immaginifico.
Un altro esempio di attraversamento tra input visivi e mentali è l’opera di Paola Mancinelli La nostalgia del nome, nata dall’interesse umano di misurare il mondo. «E, dato che l’attraversamento comporta sempre il confronto con l’ignoto, “l’incommensurabile”, Mancinelli propone un lungo listello dorato (una cornice) su cui è posata una lunga fila di ditali colmi di argilla, tranne l’ultimo, vuoto, segno dell’incertezza e dell’inconoscibile».
In Glenda León, invece, l’incertezza si nasconde dietro immagini che possono sembrare consuete, invero sono allusive e portatrici di nuovi significati. «Nel video Dirigir las nubes una mappa evanescente è la metafora di un discorso poetico per il corpo e la mente. La mappa del mondo sembra definirsi nella lenta conformazione delle nuvole per poi restare in movimento. Un ulteriore esercizio di contemplazione è il video Hablando con Dios che affronta la tecnologia come fenomeno contemporaneo e la desacralizzazione di ciò che è canone».