Disobbedire è un’arte

di - 3 Giugno 2013
Attraverso i filmati e i materiali d’archivio in mostra, la pratica della disobbedienza si pone come autentica scelta democratica, gesto che permette l’affermazione di una alterità non obbligatoriamente antagonista, ma portatrice di istanze e valori necessari alla pluralità del vivere civile. Disobbedire, afferma Marco Scotini nella sua introduzione alla mostra, è un atto attraverso cui creare e sperimentare nuovi linguaggi, dispositivi, istituzioni e soggettività, che trovano impegnati tanto modelli estetici, quanto forze produttive e movimenti sociali. In questo nesso si definisce anche la relazione tra le forme della creatività artistica e quelle della produzione di nuovi soggetti collettivi, che nelle esperienze documentate in mostra non è mai meramente strumentale. Al contrario, spesso si pone come una relazione generativa, poiché è anche attraverso l’atteggiamento artistico, la sua capacità di procedere attraverso canali informali e produrre esperienze condivise, che le diverse esperienze disobbedienti producono il proprio discorso specifico e la loro individuale modalità di comunicazione.
I media sono una parte determinante nel progetto della mostra. Disobedience è innanzitutto una collezione di materiale filmico e video, ma l’archivio che questi costituiscono è piuttosto un meta-archivio, una raccolta che articola diversi modi d’uso del linguaggio dei media, dall’attivismo politico, alla critica delle narrazioni egemoniche, prodotte nei regimi dittatoriali quanto in quelli parlamentari. Non a caso la mostra si apre con un’anticamera che ha funzione di prologo, un antefatto tutto italiano che copre i dieci anni dal ’69 al ’79. Laboratorio di Comunicazione Militante produce in quell’arco di tempo opere, mostre e laboratori, contro la gestione dell’informazione come strumento di controllo e di integrazione ideologica. Nanni Balestrini fa della grafica strumento rivoluzionario, usando la tecnica del cut-up; Piero Gilardi a partire dalla fine degli anni Sessanta, realizza ritratti allegorici per le manifestazioni di piazza; le radio libere sono la voce dell’antagonismo: Guattari ne avrebbe voluto fare un film, di cui è in mostra la sceneggiatura, scritta nel ’77 dal filosofo francese.
Ma è il Parlamento il luogo in cui l’archivio di Disobedience si presenta nella sua interezza al pubblico. Ideata da Celine Condorelli, la struttura si articola su tre sale, riproponendo idealmente l’emiciclo parlamentare, il luogo per eccellenza del confronto e della discussione. Qui i video sono organizzati per nuclei tematici che scolorano l’uno nell’altro, a dimostrare che le istanze di cui le varie esperienze si fanno portatrici sono in un rapporto di continuità tra di loro. È un parlamento che non ha opposte fazioni, ma raccoglie una pluralità di voci e posizioni “dal basso”, elaborate dalla società civile e che a questa stessa guardano, con un profondo senso della necessità di articolare le diversità che la costituiscono, salvaguardando in questo modo la possibilità democratica di partecipazione concreta alla vita pubblica.
L’Italia del ’77 apre la collezione, con il film di Alberto Grifi sul VI Festival del Proletariato Giovanile al parco Lambro, un anti-documentario per eccellenza, in cui l’autore ha abdicato programmaticamente al proprio ruolo, consegnando la telecamera ai ragazzi in rivolta contro gli organizzatori e lasciando che il film diventasse uno strumento di coinvolgimento diretto. La sovversione dei normali linguaggi filmici caratterizza anche il film Dinni e la “Normalina”, in cui Grifi usa estratti dalla conferenza sull’antipsischiatria di Verdilgione, a cui associa una fiction narrativa di carattere fanta-politico. Nella sezione “Protesta contro la globalizzazione capitalista”, troviamo un pastiche analogo di cronaca e fiction surreale nel documentario del 2004 di Marcelo Esposito sulle attività del gruppo inglese Reclaim the Street, impegnato nel recupero ad un uso libero e creativo dello spazio pubblico.
Lo spirito della democratizzazione dell’informazione che aveva portato Jean Luc Godard, Chris Marker e Alain Resnais a realizzare i ciné-tracts per documentare gli scontri del maggio francese, si ritrova nel video di Terminal Beach, Trans Euro Express (2012). Presentato nella sezione “Pratiche Costituenti”, il video mostra la repressione contro i manifestanti NO-TAV nel gennaio 2012, aggiornando il formato dei ciné-tracts con le possibilità offerte da internet e in particolare da You Tube. Videograms of a Revolution si basa invece sul montaggio di materiale prodotto in presa diretta. Realizzato nel 1992 da Harun Farocki e Andrei Ujica, il video inaugura una nuova forma di storiografia, ricostruendo i giorni concitati della rivoluzione rumena a Bucarest nel 1989, attraverso il montaggio di brani delle trasmissioni effettuate durante l’occupazione degli studi della televisione di stato, realizzate da professionisti, documentaristi indipendenti, e tecnici della tv.
Nella sezione “Politiche di genere” la televisione fornisce il format per una quattro giorni di programmazione sperimentale e attivismo. Pilot TV è un palinsesto trasmesso nel 2004 da un gruppo di produttori media indipendenti queer e femministe, che mette alla prova il linguaggio televisivo per trasformarlo in un canale non convenzionale di rappresentazione e protesta.
Ma è nell’ultima sezione, quella dedicata alla primavera Araba, che la relazione tra disobbedienza, produzione di nuove soggettività e uso dei media si fa più intenso, per la prossimità di quegli eventi e per la diffusione che quelle le immagini, prodotte durante gli scontri grazie soprattutto ai cellulari, hanno avuto – sia attraverso i canali di informazioni classici, che attraverso le reti informatiche.
Disobedience è una mostra che richiede allo spettatore una partecipazione attenta, nella selezione del materiale da consultare, e nel tempo da dedicare alla visita. In cambio, offre molte sollecitazioni e apre degli squarci su situazioni rimosse o troppo in fretta dimenticate. Genera anche domande, o meglio riporta alla mente alcune di quelle che già Henry David Thoreau poneva ai lettori del suo trattato Civil Disobedience, scritto nel 1849 come manifesto contro la schiavitù negli Stati Uniti d’America: «le leggi ingiuste esistono; dovremmo accontentarci di obbedire ad esse, o dovremmo sforzarci di cambiarle, e continuare ad osservarle fin tanto che non le avremo cambiate, o dovremmo trasgredirle immediatamente?».

Storica dell’arte e curatrice indipendente. Tra i suoi interessi, il mercato e l'economia dell'arte, le pratiche artistiche legate alla critica delle istituzioni e l’arte nello spazio pubblico. E' course leader del Master in Contemporary Art Markets di NABA Nuova Accademia di Belle Arti Milano. Insegna inoltre all’Accademia di Belle Arti di Brera e all'Università Leuphana a Luneburg (D). E’ Italian Editor dell’Art Market Dictionary (De Gruyter), collabora con ArtEconomy24 e Exibart.

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