«“Doppio Senso. Percorsi tattili alla Collezione Peggy Guggenheim” è nato nel 2015 dall’esigenza di rendere sempre più accessibili a tutti, e in modo particolare alle persone cieche e ipovedenti, le opere collezionate dalla grande mecenate americana. Un’esigenza, questa, che si inserisce a pieno titolo nella mission del museo». Abbattere le barriere. Quelle fisiche, sensoriali, culturali, economiche, linguistiche. È il primo obiettivo dell’ente museale, «Ogni individuo ha diritto ad accedere al bene nelle migliori condizioni. Ogni fruitore porta con sé bisogni e aspettative diverse, per rispondere alle quali è necessario progettare azioni e strumenti di accesso agli spazi e alle informazioni adeguate». Ed è anche la premessa da cui è nato il progetto “Doppio senso”, un «Processo di sensibilizzazione alla conoscenza attraverso il tatto», come lo descrive Valeria Bottalico, ideatrice e curatrice del progetto.
A chi è rivolto “Doppio Senso”? A tutti, senza distinzioni, a ciechi, ipovedenti e vedenti. L’obiettivo è creare una comunità attiva, un museo vivo che diffonda l’arte moderna e contemporanea in modo sempre più efficace. «Due voci, due sguardi, uno di chi vede, uno di chi non vede, in dialogo con l’opera d’arte e con i suoi fruitori. Le modalità di percezione e narrazione sono differenti poiché i canali sensoriali sono diversi, vista e tatto, ma il fine ultimo, il piacere estetico, l’incontro conoscitivo e quanto comporta, sono i medesimi».
Un percorso museale integrato con cadenza mensile, il sabato per gli adulti e la domenica per i bambini. Per prima cosa viene proposta una guida all’esplorazione tattile individuale condotta da Valeria Bottalico, formatrice, progettista ed esperta di accessibilità museale e in seguito un laboratorio di Felice Tagliaferri, scultore cieco, per aiutare i partecipanti a consolidare l’immagine mentale formata dell’opera d’arte. L’approccio utilizzato segue lo slogan “Niente (o Nulla) su di Noi, senza di Noi”, sia nella formazione del personale, dove la duplice presenza di persone vedenti e non testimonia con forza i concetti intorno alla disabilità, abbattendo tabù e barriere linguistiche, sia nella fase di visita.
Alle spalle ci sono anni di lavoro, un’interruzione forzata causata dal Covid e una costante partecipazione viva e attiva del pubblico. «Nella fase iniziale, per la realizzazione del progetto sono stati predisposti: una sezione del sito del museo dedicata, riproduzioni tattili in resina e termoform, realizzate presso il Centro del Materiale Didattico della Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano, di alcune opere della collezione permanente. Inoltre, nel percorso di visita sono state inserite alcune sculture in originale, previa valutazione dello stato di conservazione e leggibilità al tatto»
“Doppio Senso” è il frutto di un lavoro che si è consolidato nel tempo, nato come progetto sperimentale, è ora un programma permanente a tutti gli effetti, anche tramite il sostegno di Florim, celebre azienda ceramica italiana che ha fatto della sostenibilità la sua chiave di sviluppo, dal 2015 parte di Guggenheim Intrapresæ. Grazie anche a questo supporto, “Doppio Senso” ha potuto riprendere dopo la battuta d’arresto causata dal Covid.
Tra le tante novità presentate quest’anno spicca il catalogo tattile. In cosa consiste? «Un kit con 11 riproduzioni in rilievo delle più importanti opere degli artisti della Collezione, da Picasso a Kandinsky, da Mondrian a de Chirico, fino a Klee e Magritte, complete di didascalie e rispettive schede tecniche descrittive, in italiano e inglese, redatte in Braille e in caratteri ad alta leggibilità e in formato audio è sempre disponibile gratuitamente presso la biglietteria del museo, fruibile dal pubblico che ne faccia richiesta, e di supporto a una visita condotta così in totale autonomia. Inoltre, dal 15 settembre, Superficie 236 (1957) di Giuseppe Capogrossi, La nostalgia del poeta (1914) di Giorgio de Chirico, Verso l’alto (1929) di Vasily Kandinsky, Uomini in città (1919) di Fernand Léger, e La voce dell’aria (1931) di René Magritte, saranno esposte all’interno delle sale della collezione permanente con le rispettive riproduzioni tattili».
La nuova fase del progetto che riprende questo autunno punta a ritessere quella relazione tra opere e pubblico che si era instaurata prima della pandemia attraverso il tatto. «Un’esplorazione tattile richiede tempo e concentrazione. Il visitatore può concedersi il diritto alla lentezza e il piacere dell’ascolto. Trasmettere un’opera e in particolare un dipinto è un esercizio complesso. Ogni oggetto d’arte possiede la sua identità, la propria carica poetica ed estetica». È un lavoro complesso, sia per chi racconta l’opera che per chi la recepisce, ma il risultato arricchisce il bagaglio cognitivo ed estetico di tutti i visitatori, arrivando ad ottenere una conoscenza dell’opera come immagine mentale ma non solo.
Ognuno dei tre incontri in programma propone l’esplorazione di una nuova opera d’arte in originale o in rilievo, privilegiando i lavori che indagano la relazione tra la rappresentazione della figura umana e la sua astrazione. «La ricerca e le diverse progettualità condotte fino a oggi vanno nella direzione di accogliere un altro modo di concepire la fruibilità dell’arte e andare sempre più verso il superamento di percorsi “speciali” destinati alle persone con disabilità, ma aprirsi e far conoscere i diversi patrimoni culturali attraverso altri linguaggi, in primis quello tattile. Per dirla con Helen Keller, “Noi tutti, vedenti e non vedenti, ci differenziamo gli uni dagli altri non per i nostri sensi, ma nell’uso che ne facciamo, nell’immaginazione e nel coraggio con cui cerchiamo la conoscenza al di là dei sensi” (The Five-sensed World, 1910)».
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