Quante storie hanno attraversato gli spazi di Palazzo Grassi. Alcune, probabilmente, non si conosceranno mai, a partire dalle circostanze precise della sua costruzione, avvenuta su di un appezzamento di terra di forma trapezoidale, acquistato dal 1732 e in momenti diversi dalla famiglia Grassi. A quanto emerso da alcuni documenti, le prime fondamenta risalgono al 1748 ma già a metà del ‘800, a causa dell’estinzione della famiglia, il Palazzo iniziò una lunga sequenza di cambi di proprietà. Fu venduto prima a un ricco finanziere greco, il barone Simone de Sina, quindi all’industriale svizzero Giovanni Stucky, all’imprenditore veneto Vittorio Cini, agli industriali Franco e Paolo Marinotti – che vi fondarono e diressero il CIAC – Centro Internazionale dell’Arte e del Costume e invitarono a esporre artisti di fama internazionale – e alla FIAT, che decise di affidarne i lavori di ristrutturazione a Gae Aulenti. Nel 2005 la svolta, con l’acquisizione da parte del magnate francese François Pinault, che chiamò l’archistar Tadao Andō per trasformarlo definitivamente nella sede espositiva che oggi tutti possiamo ammirare. A tessere un filo tra i secoli scorsi a Palazzo Grassi e la contemporaneità, attraverso episodi più o meno noti da rievocare, due appuntamenti in programma al Teatrino.
Mercoledì, 23 novembre, alle 18:30, il ricercatore Stefano Colombo e i restauratori racconteranno le fasi del cantiere di restauro aperto al pubblico e dedicato a due dipinti murali di grandi dimensioni realizzati da Carlo Innocenzo Carloni, pittore italiano vissuto tra ‘600 e ‘700.
La ricerca – condotta su commissione di Palazzo Grassi – Punta della Dogana con la partecipazione della Fondazione Giorgio Cini – ha ricostruito le vicende di questo gruppo di affreschi realizzati tra il 1740 e il 1745 per la Villa Colleoni Capigliata di Calusco d’Adda. Strappati negli anni Cinquanta del ‘900 dal loro contesto originale e riportati su supporti rigidi per ragioni conservative legate allo stato di abbandono della dimora, successivamente sono stati acquistati sul mercato antiquario dalla Snia Viscosa, precedente proprietario di Palazzo Grassi, entrando nella collezione come elementi di arredo. Recuperati per volontà di Palazzo Grassi dal deposito dove erano stati tenuti per molti anni, in accordo con la Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna, si è deciso di restaurarli per riportarli al loro stato originale. Al termine del racconto sarà proiettato il film che documenta l’evoluzione del cantiere di restauro e le sue varie fasi, realizzato dal team di Maco Film.
Si prosegue quindi mercoledì, 30 novembre, con “Chi è di Scena”, appuntamento durante il quale lo scrittore, critico e performer Luca Scarlini parlerà del periodo storico tra gli anni Sessanta e Ottanta del secolo scorso, quando il Teatrino di Palazzo Grassi ospitava spettacoli all’aperto, sotto la direzione del CIAC. In quegli anni, Palazzo Grassi ospitava un teatro di verdura che presentava spettacoli all’aperto con numerosi protagonisti della scena mondiale e importanti momenti di spettacolo di ricerca, tra cui il Kabuki, il No e il teatro per bambini.
Inizialmente, l’area occupata dal Teatrino era stata concepita come un giardino. Quando nel 1857 Palazzo Grassi fu acquistato dal Barone Simeone De Sina, erano state infatti progettate serre, fontane, scenografie, colonne e pergolati. Nel 1951, con la costituzione del CIAC, il giardino viene sostituito con un teatro all’aperto, coperto poi negli anni Sessanta per ospitare ricevimenti, sfilate di moda e rappresentazioni teatrali. Ed è proprio questa finestra temporale che rivivrà nelle immagini costruite da Luca Scarlini attraverso la sua performance.
Tra le importanti proposte di scena, si ricordano, nel 1968, “Enrico IV” di Luigi Pirandello, regia di Maurizio Scaparro, nel 1970 “Il gabbiano” di Anton Čechov, con la regia di Otomar Krejca e “Il sogno” di August Strindberg, regia di Ingmar Bergman. L’anno successivo, 1971, va in scena il capolavoro di James Joyce, “Ulisse”, con adattamento di Maciej Slomczynski e regia di Zygmunt Hubner.
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