Cercare e ottenere da grandi musei e collezioni private i pezzi più belli e significativi, per raggiungere l’obbiettivo di comunicazione che il concept si era posto.
Come si snoderà il percorso?
Il percorso inizia col Manierismo e finisce col Tardo Impero. A questo itinerario classico viene contrapposto – come ho già detto – un viaggio che presenta invece mobili e progetti del grande design contemporaneo.
Si parla di allestimento “visionario e minimalista”. Perché?
La bellezza, la preziosità, lo scintillio dei mobili e degli oggetti in mostra ha suggerito un allestimento che proprio per non diminuire questo impatto doveva cercare di “sparire”, che navigasse il più lontano possibile dall’arredamento e dalla scenografia. Più facile da dire che da fare. Devo dare atto a Mario Bellini di essere riuscito nell’impresa. L’idea che Bellini ha avuto per contrapporre il contemporaneo al classico è – la vedrete – a un tempo minimalista, perché non disturba il confronto tra epoche e oggetti, ma al tempo stesso visionaria, perché i momenti contemporanei sono messi in scena attraverso delle ”apparizioni”. Non voglio aggiungere altro per non sciupare la sorpresa…
Qual è il pezzo più antico?
Uno stipo di ebano e palissandro con placche e rifiniture di avorio di Jacobo Fiamengo Giovanni Battista De Curtis, che è della fine del XVI secolo e che viene dal Victoria and Albert Museum di Londra, e un cabinet milanese in ferro, bronzo, in parte dipinto, del 1567, che viene dal Kunsthistorisches Museum di Vienna. C’è poi uno splendido treppiede di bronzo con incisioni d’argento nei particolari degli occhi delle sfingi proveniente dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli che, frutto di un abile montaggio eseguito nel XVIII secolo, presenta però elementi antichi che si possono datare addirittura tra il I secolo avanti Cristo e il I secolo dopo Cristo.
Gli eventi di questo tipo in Italia non sono frequenti, tant’è vero che una mostra del genere non era mai stata presentata. Difficile, se manca completamente l’offerta, prevedere la risposta. È vero in ogni modo che in Italia la cultura delle arti applicate e decorative è di gran lunga inferiore a quella che esiste in Francia. Così come la cultura dell’arte contemporanea è infinitamente meno presente che in Inghilterra, Germania, Spagna, per parlare solo dell’Europa. Bisognerebbe fare molto di più, ma in Italia la politica non si occupa d’arte. Tanto quella di destra che quella di sinistra non ha ancora capito il formidabile indotto e ritorno di comunicazione di alto profilo che un progetto culturale forte garantisce.
Quanto deve il design italiano contemporaneo ai modelli classici, ammesso che esista questa “eredità”?
L’eredità secondo me esiste e spero che la mostra ne dimostri pienamente la grande importanza.
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a cura di anita pepe
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