Prima edizione di una rassegna recepita con entusiasmo dagli operatori di settore, pensata per celebrare degnamente un’eccellenza storica che rende la città di Venezia e l’isola di Murano celebri in tutto il mondo: il vetro. Ecco la “Glass Week” che fino al 17 settembre accompagnerà il passo della laguna, che tra gli eventi proposti non manca di una certa tendenza a ri-pensare il materiale vetro in chiave contemporanea. Significativa la presenza di alcuni artisti che hanno scelto di proporre dei lavori in cui declinare la tecnica remota della lavorazione di questo affascinante materiale secondo la propria personale ricerca, per dimostrare come sia possibile preservare la storia e le radici di un luogo anche attraverso nuovi linguaggi.
E, probabilmente grazie a una sorte fortunata, quello che lega alcuni di loro è anche un tema comune: indagare la relazione tra natura, arte e pasta vitrea.
Il tour non può che iniziare nell’isola di Murano, dove al Museo Del Vetro – istituzione fiore all’occhiello della piccola ma orgogliosa isola – Rosslynd Piggott, artista australiana, espone dei giardini evanescenti composti da lenti di vetro tondeggianti sovrapposte, in cui sono incise forme floreali e arboree. Le opere di “Garden Fracture / Mirror in Vapour” invitano l’occhio dello spettatore a scrutare tra gli strati, immergendosi in un ambiente intimo e fatato, che sfiora l’inconscio dell’artista stessa.
Rosslynd Piggott, Garden Fracture
A Fondamenta San Mattia Penzo+Fiore aprono le porte del loro studio presentando due opere nuove, entrambe nate dalla semi-perduta tecnica dell’insetato. Gli artisti intrecciano foglie sagomate a lume, fili di rame e lacci di seta che in un caso si accostano al lavoro di Patrizia Polese, dando vita alle tramature di Interference Pattern, mentre d’altra parte generano ramificazioni che emergono inaspettatamente da oggetti ready made diventando cariche di suggestioni spirituali, al confine tra incanto e inquietudine, in quella che definiscono una Botanica Alchemica.
Un autentico surrealista del vetro è il milanese Leonardo Nava, che propone alla Chiesa delle Zitelle in Giudecca il lavoro Natura e Artificio, una serie di sculture oniriche ai limiti del fantastico. L’artista gioca con la duplice essenza del materiale vitreo, ora molle in fase di lavorazione in fornace, ora impenetrabile una volta solidificato: su forti radici in bronzo si adagiano infatti placide bolle informi e colorate che incuriosiscono e ingannano l’occhio dello spettatore.
Romantici e decadenti i vasi di Lilla Tabasso, esposti all’Hotel Bauer, nel cuore di Venezia, e proposti da Caterina Tognon, dove la vera opera è il loro contenuto: i mazzi di fiori appassiti immersi in acqua stagnante sono infatti tutti lavorati in vetro. Esempio di virtuosismo iperrealistico votato all’imperfezione, qui l’elemento naturale invita a riflettere sulla Vanitas delle cose materiali in un lavoro dal titolo tautologico.
Maria Grazia Rosin, Trifori e Bifori, 2015
Ma il tema della natura possiede molteplici sfaccettature, come ben ci ricordano alcuni degli ospiti del centro storico. Nel cuore di Venezia, Judi Harvest espone a Palazzo Tiepolo Passi gli alveari di resina vitrea di Propagation: Bees+Seeds affollati da miriadi di piccole api e semi, non solo in senso metaforico: la mostra è infatti il risultato di un più ampio progetto avviato dall’artista nel 2013 che ha portato alla creazione, nel cuore di Murano, di una piccola oasi naturale di alberi da frutto per permettere alle colonie di riprodursi, salvandosi dalla minaccia dell’estinzione.
Tutto fuorché estinti sono invece i batteri di Maria Grazia Rosin che, all’Hotel Metropole, propone con ICE-viruX un’insolita installazione a base di microrganismi vitrei deformati, come resuscitati dalla preistoria: cosa succederebbe infatti se, dal ritrovamento di antichi fossili con tracce di DNA ancora intatte, si cercasse di riportare in vita un virus sconosciuto? La stessa Rosin ci suggerisce forse la risposta a Ca’ Pesaro con Trifori e Bifori, un secondo lavoro sempre in occasione della “Glass Week”, dove giganti ibridi dalle sembianze di insetti inquietano lo spettatore, senza dimenticare di richiamare la città che li ospita imitando con i loro artigli allungati la forma gotica delle finestre veneziane.
Coriacee creature tornano infine cristallizzate nelle Metamorphosis di Camilla Brunelli e Simone Crestani al Fondaco dei Tedeschi. Una serie di canopi dall’insolito design, dove gli innocui esoscheletri delle creature vengono riproposti in chiave decorativa, in una collezione dall’edizione limitata che omaggia l’innata predisposizione umana all’entomologia. Una settimana suggestiva quante sono le trasparenze e i riflessi del materiale più magico dell’uomo, e della natura.
Alice Bortolazzo