E la Germania guarda all’Italia

di - 24 Maggio 2016
Nata nel 2000 grazie all’iniziativa dell’imprenditore Volker W. Feierabend e con sede presso Frankfurt am Main, la Fondazione VAF – acronimo che paradossalmente in italiano potrebbe ricordare piuttosto il diminutivo di un’imprecazione nota e che, invece, sta per Volker e Aurora Feierabend – è una bella storia di amore per il collezionismo e amore per un Paese – l’Italia – che un professionista tedesco sembra dimostrare con maggiori entusiasmi di molti degli attori italiani coinvolti in cultura.
Addentro al mondo dello Stivale, non solo per ragioni di carattere professionale ma anche per quella passione che lo ha portato negli anni ad acquistare diversi pezzi di grandi artisti storici del Belpaese, Herr Feierabend ha sentito il bisogno di creare un Fondazione che non solo tutelasse le opere fino a quel momento acquisite in collezione, ma che potesse anche sviluppare un interesse nell’arte italiana contemporanea – dunque nei nostri giovani artisti, spesso sconosciuti o non debitamente promossi – e una volontà ad impegnarsi per conoscerla e salvaguardarla, creando una sorta di linee guida di carattere concettuale, personale, legale e amministrativo che potessero garantire una continuità nell’impegno anche futuro. L’impegno profuso dalla Fondazione è quanto mai sorprendente, visto e considerato il così forte interesse di quello che potremmo considerare un moderno mecenate: abituati si era ai grandi amanti dell’arte italiana antica, dalle vestigia classiche sino alle grandezze del Rinascimento, disposti ad elargire denaro per difendere e tutelare la Bellezza; ma che ci sia qualcuno disposto a farlo con i giovani artisti, troppo spesso penalizzati dal cosiddetto ‘circuito dell’arte contemporanea’, è certamente degno di nota.

Giunto alla sua settima edizione, il premio indetto dalla Fondazione anche quest’anno assegnerà il primo premio al vincitore (comprensivo dell’acquisizione dell’opera nella collezione) e due premi di riconoscimento speciale ad altri due fra i finalisti. A giudicare i candidati, tutti italiani e under 40 scremati al numero di quindici giunti alla finale, è chiamata una giuria composta da Martin Engler, Volker W. Feierabend, Lorand Hegyi, Sivila Höller, Norbert Nobis, Klaus Wolbert.
In gara quindici nomi tra i giovani artisti che cavalcano la scena contemporanea, alcuni dei quali già noti anche a livello internazionale, molto diversi l’uno dall’altro, ben definiti nelle loro specificità: dall’ensemble sonoro di Roberto Pugliese, che conserva il suo retaggio artistico di musicista di formazione, alle maschere umane e le maschere dietro le maschere di Michael Fliri; dai personaggi rubati ad una processione di Luigi Presicce all’immaginario in ceramica di Davide Monaldi; dalle ricette di Ottavia Castellina alle tele di Gianni Politi; dalle immagini-su-tavolo di Andrea Mastrovito alle ombre di Hilario Isola; dalle linee svettanti di Alice Cattaneo al dinosauro di Alice Ronchi; dal ritorno alla pittura con Michele Bubacco alle note di Valerio Rocco Orlando; dagli ambienti di Paolo Chiasera ai resti delle performance di Mona Lisa Tina e Chiara Fumai.

Al di là del descrivere i singoli lavori, quello che colpisce è il lavoro di selezione e di intenzioni messo a punto da una personalità non appartenente al panorama artistico romano, né italiano nella sua complessità. Pur trattandosi, in moltissimi casi, di nomi già noti ai più, colpisce il fatto che una Fondazione tedesca metta a punto una lista, come a comunicare a un pubblico forse poco attento quelle che sono le quindici eccellenze che bisognerebbe portare sul piatto d’argento – o semplicemente sulle quali bisognerebbe puntare ancora di più se necessario. È realmente necessario che un deus ex machina debba sindacare sul tema? A quanto pare sì, o perlomeno ottiene dei risultati nel tentativo di aprire un po’ gli occhi ad un uditorio che, troppo spesso, non vuol sentire.
L’investimento in questa scommessa è d’obbligo, verrebbe da dire, e l’augurio quanto mai attuale è quello che mostre come questa possano innescare un nuovo circolo virtuoso anche in questo Paese, per fuggire la continua necessità per un giovane – che sia quest’ultimo artista o meno – di doversi allontanare dall’Italia perché privo di alternative.

Ed ecco i vincitori Valerio Rocco Orlando si aggiudica il primo posto «per il suo livello particolarmente elevato e non comune di invenzione sul piano concettuale ed estetico», seguito da ben tre riconoscimenti speciali assegnati a Chiara Fumai, Roberto Pugliese e Michael Fliri. La mostra-concorso che presenta i quindici finalisti, come per tutte le precedenti edizioni, incontrerà altre due tappe dopo la prima nella Capitale al MACRO Testaccio: dal 10 giugno al 28 agosto 2016, infatti, sarà ospitata presso la Stadtgalerie di Kiel e dal 10 novembre 2016 al 12 febbraio 2017 presso il Kunstsammlungen di Chemnitz. Quasi dodici mesi consecutivi, dunque, per poter godere delle nuove proposte italiane, che nei tre appuntamenti avranno modo di entrare in contatto con un pubblico ancora più vasto e – si auspica – altrettanto curioso di scoprire nuovi talenti.
Oggi 24 maggio alle ore 19.00, in un talk aperto al pubblico, Costantino D’Orazio (Curatore del MACRO), Klaus Wolbert (Presidente della Fondazione VAF e Curatore della mostra) Martin Engler (Responsabile per l’arte contemporanea dello Städel Museum di Francoforte) e Valerio Rocco Orlando, artista vincitore del VII Premio Fondazione VAF, dialogheranno intorno all’opera Niendorf (The Damaged Piano), una videoinstallazione a due canali incentrata sulla relazione tra arte, creazione e memoria.

Alessandra Caldarelli

Nata a Roma nel 1988, consegue la laurea magistrale in Storia dell'Arte nel 2012 presso Università degli Studi di Roma La Sapienza. Dopo aver fatto diverse esperienze nel campo, dalla didattica e mediazione presso il MAXXI all'esperienza in galleria tra Roma (1/9unosunove) e Parigi (Galerie Antoine Levi), nel 2014 è assistente al coordinamento delle gallerie partecipanti ad Artissima a Torino. Oggi si sta formando per diventare Registrar. Collabora con Exibart dal 2012 e da un anno anche con INSIDE ART. Scrivere è da sempre la sua passione.

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