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03
febbraio 2010
FAENZA, L’AVVICINAMENTO
Progetti e iniziative
Ci si avvicina al trotto alla nuova edizione del Festival dell’Arte Contemporanea di Faenza. Il tema di quest’anno? Nientemeno che le Opere. E quale scenario migliore per presentare il programma, se non Arte Fiera? Dopo le news pubblicate in real time, Exibart fa il punto della situazione...
Un
audiolibro per ipovedenti dell’arte. O ancora: il paziente esercizio di aste e
cerchi sul quaderno dell’estetica. Punta all’essenza la terza edizione del
Festival dell’Arte Contemporanea di Faenza, presentata in dettaglio nel corso
di Arte Fiera. Tema della sessione di incontri, lezioni e dibattiti in
programma nel fine settimana del 21-23 maggio sarà l’opera, intesa nel senso più
ricco e completo del termine. Ma questo si sapeva già: sono mesi che ci si
prepara all’evento, seguendo il filo delle diverse tappe di avvicinamento alla
kermesse, fatte di conferenze, concerti, mostre e discussioni.
Non
si sapeva, prima della vernice bolognese, come i padrini del festival – Angela
Vettese, Carlos Basualdo e Pier Luigi Sacco – intendessero declinare un
argomento tanto capitale da risultare profondamente insidioso.
Ora
sappiamo. Raccontare le opere d’arte senza affidarsi alla loro esclusiva
potenza comunicativa, fuggire lo scarica-barile che rappresenta il ricorso
all’immagine significa, implicitamente, accettare il rischio di disorientare.
Un rischio accettabile, se consideriamo che l’intento della manifestazione è di
ripensare il rapporto pubblico-artista, ribadendo proprio la centralità
dell’oggetto artistico.
Da
qui nasce quella che appare come un’indagine degna della Gabanelli, un
sondaggio sull’idea platonica di opera a seconda delle più diverse percezioni. Quelle
dei curatori, chiamati a dare ordine e omogeneità allo svolgersi disarmonico
del fare arte; ma anche quelle dei conservatori, come Carol Mancusi-Hungaro del
Whitney Museum, fino ad arrivare al punto di vista di storici dell’arte del
peso di Hal Foster e al contributo di quanti – è il caso di Sarah Thornton –
hanno guardato all’apparentemente imponderabile tema del mercato.
Non
potevano mancare riferimenti a quegli eventi dove le opere finiscono per
caricarsi di valori potenzialmente privi di limiti. Ecco allora un filo rosso
congiungere l’edizione 2010 del festival a quella dell’anno precedente,
dedicata al sistema delle biennali: partendo da Tobias Rehberger per arrivare a Michael
Elmgreen & Ingar
Dragset,
protagonisti dell’ultimo rendez-vous lagunare, si rifletterà a livello diffuso alla ricerca dell’anima più
autentica di questa espressione artistica.
Microfoni
aperti ai critici – fra gli altri, è confermata la presenza di Germano Celant –
ma anche e soprattutto agli artisti. Ai quali (parliamo di gente come Daniel
Buren) viene richiesto di interagire con
il pubblico, condividendo la propria esperienza e orientando i riflettori verso
quanto si snoda dentro la cornice. O magari fuori, o chissà dove altro: si
preannuncia di estrema profondità la disanima sull’idea odierna di arte
concettuale, trattata dal “padrone di casa” Carlos Basualdo insieme a Seth Siegelaub
e Alexander Alberro.
audiolibro per ipovedenti dell’arte. O ancora: il paziente esercizio di aste e
cerchi sul quaderno dell’estetica. Punta all’essenza la terza edizione del
Festival dell’Arte Contemporanea di Faenza, presentata in dettaglio nel corso
di Arte Fiera. Tema della sessione di incontri, lezioni e dibattiti in
programma nel fine settimana del 21-23 maggio sarà l’opera, intesa nel senso più
ricco e completo del termine. Ma questo si sapeva già: sono mesi che ci si
prepara all’evento, seguendo il filo delle diverse tappe di avvicinamento alla
kermesse, fatte di conferenze, concerti, mostre e discussioni.
Non
si sapeva, prima della vernice bolognese, come i padrini del festival – Angela
Vettese, Carlos Basualdo e Pier Luigi Sacco – intendessero declinare un
argomento tanto capitale da risultare profondamente insidioso.
Ora
sappiamo. Raccontare le opere d’arte senza affidarsi alla loro esclusiva
potenza comunicativa, fuggire lo scarica-barile che rappresenta il ricorso
all’immagine significa, implicitamente, accettare il rischio di disorientare.
Un rischio accettabile, se consideriamo che l’intento della manifestazione è di
ripensare il rapporto pubblico-artista, ribadendo proprio la centralità
dell’oggetto artistico.
Da
qui nasce quella che appare come un’indagine degna della Gabanelli, un
sondaggio sull’idea platonica di opera a seconda delle più diverse percezioni. Quelle
dei curatori, chiamati a dare ordine e omogeneità allo svolgersi disarmonico
del fare arte; ma anche quelle dei conservatori, come Carol Mancusi-Hungaro del
Whitney Museum, fino ad arrivare al punto di vista di storici dell’arte del
peso di Hal Foster e al contributo di quanti – è il caso di Sarah Thornton –
hanno guardato all’apparentemente imponderabile tema del mercato.
Non
potevano mancare riferimenti a quegli eventi dove le opere finiscono per
caricarsi di valori potenzialmente privi di limiti. Ecco allora un filo rosso
congiungere l’edizione 2010 del festival a quella dell’anno precedente,
dedicata al sistema delle biennali: partendo da Tobias Rehberger per arrivare a Michael
Elmgreen & Ingar
Dragset,
protagonisti dell’ultimo rendez-vous lagunare, si rifletterà a livello diffuso alla ricerca dell’anima più
autentica di questa espressione artistica.
Microfoni
aperti ai critici – fra gli altri, è confermata la presenza di Germano Celant –
ma anche e soprattutto agli artisti. Ai quali (parliamo di gente come Daniel
Buren) viene richiesto di interagire con
il pubblico, condividendo la propria esperienza e orientando i riflettori verso
quanto si snoda dentro la cornice. O magari fuori, o chissà dove altro: si
preannuncia di estrema profondità la disanima sull’idea odierna di arte
concettuale, trattata dal “padrone di casa” Carlos Basualdo insieme a Seth Siegelaub
e Alexander Alberro.
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L’edizione 2009 del festival
francesco
sala
[exibart]
Che schifo!!!
continuiamo con questa farsa di dar più importanza ad una fiera di curatori che alle opere degli artisti?
Un blaterare, tutti solo alla ricerca di finanziamenti pubblici.
e l’arte è messa da parte!
schifo!!!!
Se vuoi vedere le opere degli artisti sei stata/o ad arte fiera a Bologna?Un tripudio di opere,quasi sempre le stesse per una netta mercificazione a cura delle gallerie. In più sia che sei un’artista o un insegnante d’arte devi pagar i fatidici 18 euro!!! Secondo me è molto meglio sentir un bel “blaterare” di artisti e critici, per di più gratis…
Mica ti costringono ad andare!!