Fedeli alla linea |

di - 5 Maggio 2003

Chi è “Alta Fedeltà” e come è nato l’interesse per l’editoria a fumetti? E perché? È più facile produrre fumetti che disegnarli, scriverli, venderli, barattarli, leggerli o rubarli?
Alta è un bambino, figlio di Bassa e Media Fedeltà. È molto felice di avere raggiunto un anno di vita: era da un po’ che voleva arrivarci. Fin dai primi vagiti ha manifestato un grande interesse per la lettura dei fumetti. Onnivoro, curiosissimo, si trovava a leggere in continuazione senza soluzione di continuità, migliaia e migliaia di pagine. Per colmare questo bisogno, Bassa e Media Fedeltà, non miliardari, si arrangiavano a scrivere e disegnare loro alcuni comics, ma con scarsi risultati, che erano frettolosi e poco creativi. Provarono a intaccare la possente collezione del virgulto, con l’obiettivo di vendere o scambiare qualcosa, ma Alta Fedeltà accortosene li fermò a scapaccioni e papagne. Anche il furto con destrezza non era nel loro repertorio, essendo non agilissimi e fondamentalmente onesti.
Così, non rimase loro che fondare un’etichetta, convincere autori italiani ed internazionali a mandare, ovviamente gratis, copie in visione, e poter tornare a vivere quasi normalmente. Ovviamente, la casa editrice porta il nome del loro amato figliolo.

Chi avete corrotto, oltre voi stessi a carburare strisce di carta?
Corrompiamo di continuo autori che invitiamo a cena e facciamo ubriacare per poi estorcer loro opere d’arte a prezzi modici. Spesso ci proviamo con le loro donne, ma per loro fortuna non abbiam successo: gli autori di fumetti sono la razza meno tradita del mondo! Scrivetelo!

Il fumetto, graphic novel, romanzo a strisce, racconti disegnati, nuvole parlanti… rimane sempre se stesso: una geisha vestita di lattice con la faccia da lolita brasiliana o si è trasformata in una reporter d’assalto con le stimmate e il fondotinta pesante?
È maturata. Ha messo su un po’ di cellulite ai fianchi, ma non se ne preoccupa troppo. Anche perché all’occorrenza può diventare tentatrice come una geisha vinilica o vestire finto-sexy come le moderne giornaliste TV, pur non essendo noiosa come loro. È sempre un piacere uscirci assieme: non sempre si conclude, ma il più delle volte sono serate interessanti. Ovviamente bisogna scegliere il periodo buono e farle le domande giuste, però. E bere tanto.

Prima delle varie scuole del fumetto c’erano gli studi. Intere famiglie che si riunivano, come intorno a una mensa, per finire una singola storia o un’intera testata appaltata. La Famiglia era così composta: sceneggiatore, prima matita, inchiostratore, addetto ai fondini, inchiostratore supervisore. Chi voleva imparare veniva assoldato e lavorava facendo esperienza sul campo. Pensiamo a tutto quell’inchiostro su Cosce, Lando, Tilt, Corna Vissute, e centinaia di testate che affollavano l’edicola. Il chiosco delle meraviglie. Orfano. Inchiostro orfano. A proposito ma l’edicola non è quel posto dove trovo le videocassette?
È rimasto il posto dove compri i fumetti Bonelli o Astorina, disegnati spesso da chi apprendeva la Sacra arte della matita e del pennello (senza doppi sensi) sulle spesso logore pagine dell’amato editore Lo Squalo.

Chi sceglie cosa? Come vi comportate con le nuove leve brufolose con cartelline-appendiciti e la febbre da pubblicazione?
Siamo fautori di un processo democratico sia per le cose che traduciamo dall’estero, sia per gli inediti italiani. Nel primo caso si parte da una lettura di un volume o una serie che ci ha fatto innamorare. A quel punto facciamo girare il fumetto fra di noi e serenamente decidiamo se meriti una pubblicazione o no. Vedere poi se i diritti sono liberi e il loro prezzo accessibile, è tutto un altro paio di maniche.
Per i lavori di autori italiani leggiamo un “proposal” per una storia in cui c’è un abbozzo della sceneggiatura e qualche tavola di prova. Se l’idea ci piace (e qui il dibattito è più lungo che con le serie tradotte) chiediamo di vedere la sceneggiatura completa e le matite di alcune pagine della storia.
Giovani autori che si propongono ce ne sono parecchi: dobbiamo dire che di solito la qualità è piuttosto elevata, e ci dispiace non poterci permettere di investire più sovente in esordienti assoluti. Alta Fedeltà vuol essere anche uno sfogo di lusso con cui autori più mainstream si possono concedere progetti più “difficili” e vicini alle loro corde.

Il sesso nel fumetto va ancora a gonfie vele?
Va a vele spiegate. Il sesso si vende come il pane, non solo nel fumetto. In effetti, ora che mi ci fai pensare, dovremmo aggiungere qualche culo nelle copertine dei nostri prossimi albi…

Quale è il sesso del fumetto?
Masculo, purtroppo, con solo piccole sacche di resistenza femminile. E non parlo solo dei lettori: anche editori, autori, librai… Sarà per quello che si gira tanto a vuoto, senza matriarcale concretezza. Il fumetto rispecchia quella monotematicità che affligge gli uomini: hanno una grande, gigantesca passione – una sola per volta – che li affligge e li fomenta.
Con i volumi di Alta Fedeltà vorremmo cercare di raggiungere anche chi non è “consumatore” abituale di fumetti; per ora ci stiamo riuscendo. Soprattutto Too Much Coffee Man che è molto piaciuto anche al pubblico femminile.

Bisogna mettere solo i muscoletti per gli adolescenti pedicellosi?
No, per soddisfare quell’esigenze ci sono tutte quelle belle pubblicazioni di fitness che altrimenti cancellerebbero i nostri abbonamenti gratuiti. Comprate Fit for Fun! C’è Natalia Estrada in bikini, a volte! E, quasi sempre, le 10 regole per farla godere di più. Praticamente una bibbia…

Esistono ancora delle reali differenze tra essere indipendenti o avere un contratto con una grossa casa editrice? Esistono ancora le grosse case editrici?
Certamente. In Italia esistono due grosse case editrici: Bonelli e Disney. Avere un contratto con loro si traduce nel poter accedere ad un mutuo per comprare casa. Dietro queste, vi sono Panini, Eura, Star e Magic che probabilmente permettono ai loro collaboratori di mettere insieme pranzo e cena. Al fondo della catena evolutiva ci sono le alte fedeltà di turno. Lavorare con o per quelli come noi, si traduce nel dover ipotecare casa tua per darci da mangiare.

Perché il fumetto subisce o gode di complessi d’inferiorità da parte dell’arte contemporanea, (penso agli ultimi prestiti del linguaggio a strisce dagli anni Cinquanta ad oggi) che ruba ai comics e non restituisce mai, anzi nasconde la mano?
Domanda interessante. Il fumetto si esprime come media “alto” perché viene stampato sulla carta, che è il veicolo principe per la cultura. Ma allo stesso tempo, vive di un’incompiutezza e di un invidia del pene verso il libro che e’ scritto, non è “semplicemente” disegnato. Quello che fa crollare il castello di carta è, paradossalmente, la grandissima diffusione di alcuni fumetti. Chi di noi non ha imparato a leggere su Topolino? La colpa di rimanere poi ancorato allo stereotipo “fumetti per ragazzi” è certamente da ripartire fra il pubblico (che non riesce a scindere l’associazione fumetti = Topolino o Geppo) e il fumetto stesso, che a volte è così banale ed inetto che non mi sento di criticare nessuno che ancora lo consideri “per bambini”. Questo succede in Italia, ma lo stesso esempio vale anche per gli Stati Uniti, dove i fumetti sono “i supereroi”. Se i fumetti fossero solo i “supereroi” o i “paperi”, perderei il mio tempo con altre cose.
Anche il riutilizzo da parte dell’arte contemporanea del fumetto, mi sembra che sia fatto più per una valenza pop dei comics, che per far leva sulla cifra artistica del medium fumetto.

Perché un container di comics?
Perché non ce ne sono più e ce ne era bisogno. Perché è divertente. Perché ci da la scusa di interagire con “mostri sacri” e soddisfare la nostra libido editoriale.

Alta Fedeltà (la rivista) è un modo per fare marketing con uno “spot-1-comics” su un treno per una destinazione sconosciuta? O il biglietto non è necessario?
Non sono sicuro di aver capito: abbozzo una risposta.
Diciamo che 1) non è una rivista, ma un’antologia di racconti. Mica un libro con i racconti di Asimov la chiami rivista, no? 2) il prezzo è 9,50 euro. Poco più del Torino-Milano, e con le carrozze decisamente più pulite.

Milano violenta, Napoli spara, Palermo risponde, la polizia arresta, la mafia ringrazia…
Cajelli ha un retaggio pulp, con questo albo (che spero ci manderete), vuole colmare la nostalgia merliana? Nonché resuscitare il già lazzaro Commissario Spada? E quali poliziesche novità-vintage italiche ci aspettano?

Per Milano Criminale dovrete aspettare l’autunno, e nell’attesa spasmodica sento già odore di asfalto umido e di sudore e di cordite e di gretta avidità umana. Di carta appiccicaticcia dei manifesti del cinema anni Settanta. Di chi, se qualcuno fuma in sala, ha troppi segni sulla faccia per dirgli di smettere.

Il cinema recente, specialmente quello italiano, ha prodotto trentenni introspettivi sui lacci delle scarpe con ricordi da superdiscount: è una garanzia per il futuro delle reincarnazioni storiche e di chi soffre d’amnesia? “Una cosa che si aggrappa ai coglioni dei tuoi sensi di colpa rispetto alle avanguardie e a quello che quelli della tua generazione devono comunque prendere in considerazione per non sentirsi fregati” (Stefano Tamburini da “Una matita a serramanico”, Stampa Alternativa). Succederà, è successo, sta succedendo anche nel fumetto?
Sembrerà strano, ma all’ultima Comicon di Napoli uno dei dibattiti serali (quelli davanti a una pizza) più interessanti è stato sulla validità di Muccino (vedasi trentenni profondi come pozzanghere) e del suo cinema. Alcuni lo hanno difeso come regista, ma la condanna come sceneggiatore è stata pressoché unanime. Ci sono un sacco di fumetti che si dedicano all’introspezione, e sebbene molti vengano da fuori Italia, altri sono molto interessanti (alcune cose prodotte dalla Kappa, per esempio). Certo nessuno ha raccontato una “generazione” come Pazienza e soci hanno fatto con gli anni Ottanta, ma forse non c’è più una generazione da raccontare, o peggio ancora gli spot televisivi la stanno già raccontando meglio di quanto possa fare chiunque altro.

Fiere delle banalità: questi lunapark, dove essere presenti conta molto sul mercato (?) e dire “io c’ero!” e vendere le copiette e… a Napoli (Comicon, svoltosi di recente) il copione è stato rispettato o Angouleme è irraggiungibile per deficienza stivaliera?
Non sono d’accordo. Angouleme è nata ispirandosi al modello di Lucca, che negli anni Settanta era LA fiera del fumetto mondiale. Oggi Napoli raccoglie questa eredità: c’è confronto, passione e dedizione. Che poi noi la si usi come una scusa per vedere amici e fare tardi la sera è un altro fatto. Poi è chiaro che vi sono tutta una serie di mostre mercato che soddisfano esigenze di cassetta, ma non ci vedo nulla di male. Sono anzi l’occasione per incontrarsi con altri editori, distributori ed autori, e magari fare progetti assieme.

Parliamo di musica. A parte il Festival di Sanremo (altra fiera, altre banalità), quale sono le vostre preferenze sonore prima e dopo l’andare al letto col canoro carrozzone?
Non capisco cosa c’entri il Festival di Sanremo con la musica.
Quest’anno sembra che anche il pubblico abbia cominciato a rendersene conto.
In merito alla tua domanda posso dirvi che io [MarcoR], sono principalmente appassionato di musica elettronica e quindi sono molto hip e young, mentre lui [MarcoS] ascolta rock, soprattutto di gente morta, e quindi non è degno di nota alcuna. L’altro [Pietro] poi, ascolta persino la colonna sonora di Jesus Christ Superstar e, quindi, viene deriso e sbeffeggiato.

Ultimo disco comprato/scaricato/masterizzato? Libro? Anche fumetto?
Per dimostrare il processo democratico di cui sopra, io vi do una dritta per un buon CD, mentre MarcoS vi suggerirà un libro. Insieme sceglieremo un fumetto da avere (e avremo la decenza di non consigliarvene uno nostro…). Per quanto riguarda il CD (che non è stato né comprato, né scaricato: semplicemente mi è arrivato a casa per farne la recensione) non posso che consigliarvi A Special Album di Ralph Mayerz and the Jack Herren Band. Sono un trio e vengono da Bergen (come i Royksopp). Come i Royksopp condividono l’amore per un elettronica gentile e pacata, ma hanno delle influenze più 70s e ovviamente un aspetto molto cinematico (basta guardare il nome della band). Segnatevi il nome, saranno grandi fra poco. Per il libro direi senza dubbio Romanzo Criminale di De Cataldo, grande affresco storico dell’Italia anni Settanta, le cui scorie sono diventate oggi il materiale di prima scelta. Per il fumetto, Americana di James Sturm, pubblicato per i tipi della ottima Coconino: tre racconti degli Stati Uniti che furono, per capire le radici dell’intolleranza, ignoranza e supponenza che il mondo torna a pagare oggi.

Cosa vole(va)te fare da grandi?
Fino ad ora, io [MarcoR], non mi lamento. Faccio diverse cose: l’editor per Alta Fedeltà (appunto), ho un programma in radio, mi occupo di giornalismo musicale e faccio il DJ. Il segreto sarà riuscire a tramutare tutte queste cose in una pagnotta a fine mese. Questo è quello che mi preoccuperò di fare nel prossimo futuro. MarcoS invece ha un impegno precisissimo: deve fare evolvere Alta Fedeltà in una multinazionale senza rispetto per gli autori in modo che io e Pietro possiamo dedicarci all’ozio più completo e totale.

zoo e cucicatrami

[exibart]

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