Quell’intreccio indissolubile tra le identità delle persone e quelle dei luoghi, che dà forma ai contesti storici e si solidifica in immagini da interpretare, in idee da esplorare. Intorno a questo nucleo di indagine si ramifica il Festival del Paesaggio di Anacapri, rassegna ideata e curata da Arianna Rosica e Gianluca Riccio, la cui settima edizione sarà visitabile fino al 5 novembre 2023 a Capri, negli spazi di Villa San Michele, sede della Fondazione Axel Munthe, e in diversi luoghi pubblici del centro storico di Anacapri.
Humberto e Fernando Campana, Paolo Canevari, Goldschmied & Chiari, Ibrahim Mahama, Matteo Nasini, Elisa Sighicelli, Alberto Tadiello, sono gli artisti chiamati a realizzare installazioni site-specific, progetti speciali e interventi di arte pubblica, prendendo spunto dalla peculiare condizione di apertura e scambio che, nell’isola, si andò creando tra Ottocento e Novecento, avendo come epicentro proprio la grande villa fatta costruire dal medico svedese nel 1895 e che oggi ospita la manifestazione.
In quel periodo, l’isola fu frequentata da personaggi di primo piano nella cultura internazionale, come la marchesa Casati Stampa e gli scrittori Jacques Fersen e Compton Mackenzie, solo per citarne alcuni, richiamati dalla possibilità di immaginare una nuova speranza di libertà esistenziale, oltre che intellettuale, in contatto con una natura virginale e selvaggia ma anche idealizzata e romantica, come esemplificato dalla stessa architettura di Villa San Michele.
Ed è sul tentativo di costruire una nuova identità – partendo da un episodio storico ma considerandolo nella sua attualità – che è incentrata questa settima edizione del Festival del Paesaggio, dedicata all’artista ucraino scomparso a maggio Ilya Kabakov. La moglie Emilia Kabakov, che insieme a Ilya era stata tra i protagonisti della rassegna nel 2022, gli rende omaggio con il progetto speciale Flying Komarov, un video di animazione inedito realizzato dalla coppia, che fonde sogno virtuale e realtà, immaginario e tangibile.
«In una fase storica come l’attuale, in cui il significato dell’essere umani è messo in discussione dall’azione pervasiva di agenti e intelligenze artificiali, ci interessa riflettere su possibili strategie di resistenza a questo inquadramento tecnico-scientifico, che tende sempre più a ridurre l’identità individuale a un insieme di dati da estrarre a fini commerciali o, peggio, a territorio di controllo e di sorveglianza capillare», hanno spiegato i curatori. «Nella storia culturale di Capri abbiamo rintracciato un insieme di esperienze estetiche e di biografie artistiche che, a cavallo tra ‘800 e ‘900, avevano riconosciuto nell’Isola il perimetro di un’utopia praticabile e in qualche modo replicabile, che si traduceva nella possibilità di sperimentare modelli esistenziali alternativi a quelli dominanti e di realizzare progetti comunitari ispirati a logiche partecipate, nel solco di un contatto diretto con il paesaggio naturale. Abbiamo perciò deciso di riprendere il filo di una storia interrotta e invitare una serie di artisti di diverse generazioni e provenienti da differenti realtà, a dar vita a nuovi modelli culturali, estetici, sociali».
Ad accogliere i visitatori nel percorso espositivo che si snoda attraverso gli spazi della Villa, è l’artista ghanese Ibrahim Mahama, protagonista della prima edizione di The Flag project, progetto d’arte pubblica realizzato in collaborazione con la Fondazione Axel Munthe. Il progetto Untitled attribuisce nuovi valori semantici ai tre maestosi pennoni all’ingresso della Villa, che solitamente accolgono le bandiere svedese, italiana ed europea. Al loro posto, tre maxi stendardi, realizzati assemblando sacchi di juta provenienti dalle multinazionali che abusano delle materie prime africane.
Negli spazi del chiostro al piano terra, l’artista veneto Alberto Tadiello presenta 13, scultura sonora del 2015 ripensata appositamente per il contesto della Villa. Due speaker, disposti uno di fronte all’altro, alludono alla presenza di due bocche che, rinchiuse in un corpo meccanico, propagano il suono di Thirteen, traccia tratta dall’album Hospice della band americana The Antlers, cantata da una voce femminile cristallina.
Nella casa-museo, le opere di Paolo Canevari e del duo Goldschmied & Chiari (Sara Goldschmied ed Eleonora Chiari) dialogano con gli oggetti custodi della memoria dell’antico proprietario della Villa, il medico svedese Axel Munthe. Paolo Canevari ha concepito una serie di interventi scultorei che dalla grande sala da letto al primo piano si spingono fin nel giardino. Goldschmied & Chiari presentano una serie di opere specchianti di differenti forme e misure, disseminate all’interno dell’appartamento al primo piano.
Nell’antico Cubiculum, posizionato all’estremità meridionale del grande giardino di Villa San Michele, si trova la scultura Cativeiro Chandelier di Humberto e Fernando Campana, realizzata con la collaborazione di antichi laboratori artigianali romani specializzati nella lavorazione del marmo e del bronzo, in occasione della mostra allestita negli spazi della Galleria Cortona di Palazzo Pamphilj a Roma. Matteo Nasini è l’autore dell’installazione sonora Welcome Wanderer. Nell’opera, il suono che si diffonde negli spazi ubicati sopra l’antico cubiculum, proviene da uno spazio remoto, collegando la terrazza in prossimità del belvedere della Sfinge con la volta celeste sopra di esso.
Elisa Sighicelli è la protagonista della terza edizione del progetto d’arte pubblica Manifesto che ogni anno prevede la realizzazione di un’opera da esporre in una serie di spazi nel centro storico di Anacapri abitualmente destinati alla comunicazione istituzionale e commerciale. Dopo il progetto di Patrick Tuttofuoco nel 2021 e quello di Anna Franceschini nel 2022, l’artista e fotografa torinese ha presentato Caprimania, al termine di un periodo di residenza artistica sull’isola tra fine marzo e inizio aprile, durante il quale ha lavorato su un repertorio di diapositive degli anni ’50, ’60 e ’70 del secolo scorso, scattate da anonimi turisti nel corso dei propri fugaci soggiorni sull’Isola azzurra. Le opere di Sighicelli, nella forma ingigantita del manifesto, comprendono tanto la riproduzione delle antiche immagini quanto il format delle diapositive, su cui trascritti compaiono i dati tecnici di produzione della pellicola o, talvolta, l’annotazione di dettagli personali degli antichi autori.
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