Quale occasione migliore per un viaggio se non
l’inaugurazione d’un nuovo museo? La struttura in questione, chiamata con
estrema semplicità M, si trova nelle Fiandre, a Lovanio. È l’erede naturale del
locale Stedelijk ed è opera dell’architetto
Stéphane Beel. Il quale ha progettato due nuovi edifici e
ristrutturato i due preesistenti (per un totale di 13.500 mq), lavorandovi per
poco più di due anni e spendendo una cifra piuttosto contenuta, 20 milioni di
euro.
Il risultato è gradevole e in particolare è apprezzabile l’osmosi fra città e
museo: in un senso, grazie alle ampie vetrate che permettono di sbirciare le
opere dall’esterno; nell’altro, per le stesse vetrate e soprattutto per un
ampio terrazzo dal quale osservare i tetti della città. Facendo di necessità
virtù, M intesse uno stretto dialogo fra antico e contemporaneo, non solo a
livello architettonico.
La collezione “semi-permanente” – inevitabile la rotazione delle opere visibili
– si concentra infatti su arte e artigianato locale. A spadroneggiare sono
Rogier
van der Weyden e la sua scuola. Ma non
mancano altri pezzi notevoli, come il cinquecentesco orologio-calendario
dipinto a olio, vera e propria illustrazione della vita quotidiana del tempo, o
la boschiana
Tentazione di Sant’Antonio, sino ad arrivare a un
bel carboncino di
James Ensor.
L’apertura è stata dunque dedicata a Rogier van der Weyden, pioniere
nell’espressione dei sentimenti in pittura (non a caso il titolo della mostra
lo qualifica come “maestro di passioni”, e le lacrime abbondano sulle gote dei
suoi personaggi). La qualità della mostra s’è notata, paradossalmente, a
partire da un’assenza.
Senza sottacere l’impossibilità di trasportare un
capolavoro come la
Deposizione conservata al Prado dopo la
donazione di Maria d’Ungheria a Filippo II, i curatori han deciso di affidarne
la fruizione a
Sliding Time, ottima
videoinstallazione di
Walter Verdin. A voluminoso complemento
dell’esposizione, poi, un monumentale tomo che unisce la funzione classica di
catalogo a quella di monografia ricca di approfondimenti.
Dicevamo che antico e contemporaneo si costeggiano e corteggiano. Così, accanto
a van der Weyden, per l’apertura di M è stata allestita un’ampia retrospettiva
di
Jan Vercruysse (anche in questo caso
il catalogo è una
pierre de touche nella bibliografia
dell’artista). Distribuita in tre differenti spazi del museo, sin sulla torre
che s’innalza – ma con giudizio! – sulla città, la mostra ha così pure la
funzione di stimolare il visitatore a percorrere le sale nella sua totalità.
Il particolare codice utilizzato da Vercruysse in alcuni suoi lavori, basato
sulla traslitterazione di lettere, numeri e punteggiatura in cluster di “semi”
delle carte da gioco, trova un’eco curiosa in una locale usanza studentesca,
che resiste a scapito della diffusione dei cellulari. Gli appartamenti
sovraffollati sono spesso dotati d’un unico campanello senza funzioni vocali.
Come sapere dunque chi è il destinatario della visita? Semplice, decriptando il
codice Morse utilizzato dal medesimo visitatore, che trova l’apposita legenda
accanto al campanello stesso.
In tutta la cittadina s’incontrano dunque non soltanto dipartimenti e aule
studio afferenti in particolare alla celeberrima università cattolica, ma pure
una ridda di locali e birrerie (la Stella Artois qui è letteralmente di casa).
A qualunque uso sia adibito l’edificio, è comunque usuale che sia ospitato in
un ex beghinaggio, che a Lovanio abbondano come forse in nessun altro centro
europeo.
Anche in questo caso, gli accostamenti fra antico e contemporaneo non si
lesinano. Si può dunque passare dalla modernissima piazza della stazione e dal
suo azzeccato arredo urbano alla splendida abbazia norbertiana, che dista a
poche centinaia di metri da un edificio in cui ben si vede l’intervento di
Aldo
Rossi.
Prima di lasciare Lovanio, almeno un passaggio merita il centro delle arti
Stuk. Una di quelle realtà autenticamente multidisciplinari e aggregative, così
diffuse in Europa e così latitanti in Italia. E dove, in contemporanea con
l’apertura di M, si poteva osservare una notevole collettiva curata proprio da
Vercruysse, che vantava nomi e soprattutto opere di tutto rilievo, da
Robert
Gober a
Gert Verhoeven.
A questo punto, per una gita d’un weekend o poco più, vanno operate scelte
dolorose. Innanzitutto, evitare le Fiandre
par excellence, ossia
Bruges. Idem per quanto riguarda il capitolo shopping, la cui meta dovrebbe
essere senza dubbio Anversa, che da qualche lustro è fabbrica copiosa di
stilisti e creativi.
Ma così facendo ci si può godere una giornata piena in quel di Gent, dove
ancora una volta antichità non significa museificazione. Una tappa che può far
quasi dimenticare le rinunce suddette, poiché anche qui si respira a fondo
l’atmosfera fiamminga e non mancano neppure piccoli atelier di giovani fashion
designer.
E, come a Leuven, ci si può dividere fra antico e moderno. Dapprima per
l’immancabile visita all’
Agnello mistico,
polittico dei fratelli
van Eyck conservato nella cattedrale di
San Bavone, dove ci si potrà divertire a scovare l’intruso (un personaggio che,
con la sua sola presenza, indica il “restauro” d’un pannello). Poi dirigendosi
verso il Citadelpark, ove si trova lo Smak, che nel 2009 ha festeggiato il suo
decennale. Mentre si parla di un possibile ampliamento del museo, le attività
fervono sotto la direzione artistica di Philippe Van Cauteren.
Tappa obbligata del viaggio, non foss’altro per necessità aeree, è la neutrale
Bruxelles (nel senso che non è fiamminga né vallona).
Tanto per iniziare, si può godere la nuova e centralissima piazza inaugurata il
venti settembre scorso. Poi si risale in direzione del quartiere dei musei.
Obbligo nell’obbligo, la visita del recente Museo Magritte. Uno stimolo per
molteplici riflessioni, ossia: come realizzare un luogo espositivo monotematico
e rivolto al turismo di massa senza scadere nel triviale, adottando buone
soluzioni allestitive e realizzando una meritevole struttura eco-sostenibile.
Prima di dirigersi in aeroporto, con un occhio al celeberrimo Atomium, un
ultimo
détour non va risparmiato. Perché
siamo o non siamo in una delle patrie del fumetto? Dunque, almeno al bookshop –
ovviamente fornitissimo – del Centre Belge de la Bande Dessinée bisogna
andarci. Con un occhio al portafogli e un altro alla bilancia, ché le compagnie
aeree son sempre più pignole sul peso del bagaglio.
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Bel pezzo dal taglio inedito
Piacevolissima carrellata nell'arte e nelle sue meravigliose diversità...
L'articolo è nella shortlist di 5 pezzi candidati al Premio di giornalismo indetto dall'ente del turismo delle Fiandre. Le motivazioni della giuria:
Marco Enrico Giacomelli per Fiamminghi al luppolo, pubblicato su Exibart : “Un affresco delle Fiandre sospeso tra nuove architetture e capolavori senza tempo. Stimolante”
wow! Complimenti e in bocca al lupo allora!