Finalmente online l’archivio del collettivo Guerrilla Spam. Saranno disponibili gratuitamente 10 anni di progetti, 188 opere, 1257 disegni e appunti inediti, più di 150 articoli e pubblicazioni. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con loro per saperne di più riguardo a questo ambizioso progetto (per altri articoli sul collettivo clicca qui).
Perché costituire un archivio?
«Creare un archivio online di queste dimensioni, che raccoglie dieci anni di ricerche e progetti, è una presa di posizione. È una dichiarazione d’intenti, un mettersi a nudo e, soprattutto, è una scelta di condivisione. Un salto dal reale al virtuale compiuto insieme a Luca Zoccola, graphic designer torinese e amico, che ha progettato l’Archivio con l’obbiettivo di rendere facilmente accessibile a tutti un contenuto sterminato. In Italia non conosciamo artisti che hanno pubblicato online un archivio del genere, fruibile liberamente; è una prassi più vicina ai musei o alle fondazioni che scelgono di digitalizzare le loro collezioni. Consci della parzialità del nostro gesto siamo anche oggettivi sull’importanza e sulla rarità di tale atto».
Cosa contiene l’archivio?
«L’Archivio raccoglie quella che può essere considerata l’opera completa di Guerrilla Spam. Una retrospettiva su dieci anni di attività, non finalizzata a mostrare un bel portfolio selezionato ma l’intera nostra produzione, fatta di alti e bassi, di lavori eterogenei più o meno riusciti; una visione oggettiva che offriamo all’osservatore in modo sincero. Nell’Archivio online si trovano 188 opere, circa 1300 disegni, appunti e bozzetti, più di 150 articoli e pubblicazioni. I disegni, in particolare, provengono dal nostro archivio privato e sono stati digitalizzati e resi pubblici per la prima volta».
Il fascino dell’arte di strada, espressione di tante opere dei Guerrilla Spam, sta anche nella sua caducità, perché allora creare un archivio?
«L’Archivio serve anche a questo: documentare ciò che il tempo può distruggere. Non tanto per conservare delle opere come monumenti o lapidi morte, piuttosto per poterle conoscere e approfondire. Il nostro lavoro è fatto di stratificazioni di significati, di simboli e allegorie, ha fonti eterogenee: da Pasolini alle culture africane, da Bosch a Grosz, passando per Goya, le incisioni rupestri, le azioni urbane di Ugo La Pietra… Questi rimandi non sono espliciti né indispensabili per poter leggere un disegno, tuttavia, aiutano a comprendere meglio il nostro universo. Recentemente un ragazzo ci ha scritto «grazie al vostro lavoro ho scoperto la pittura di Bruegel». Ecco, questo per noi è un grande risultato: essere da ponte per altre conoscenze. E l’Archivio, in definitiva, serve a questo, ad approfondire Guerrilla Spam per poi scoprire altre cose…».
L’archivio si muove nella ormai nota prassi di condivisione gratuita di disegni e autoproduzioni del vostro collettivo, una scelta di certo controcorrente rispetto al web contemporaneo se si pensa a Nft e contenuti privatizzati. Vi va di parlarcene? Quanto è importante per voi questo aspetto?
«È vero, mettere online tutti questi materiali in modo gratuito è una scelta in controtendenza rispetto alla direzione in cui sta andando il web contemporaneo. Esplosi gli Nft tutti gli artisti sono corsi a mettere le loro opere in vendita con queste nuove monete; scelta comprensibile ma anche banale, che replica nel virtuale le stesse dinamiche di mercificazione che esistono nel reale. Ci interessa usare il web così? No. Ci interessa lo spazio virtuale come un differente spazio pubblico: un luogo collettivo di condivisione (come lo immaginavano i creatori di Internet). Per questo, da tempo, usiamo il web per condividere gratuitamente ogni lavoro, disegno, libro, autoproduzione. E adesso, con l’Archivio online abbiamo compiuto un passo ulteriore che sta nel condividere non solo una creazione ma tutto ciò che abbiamo creato».
L’esistenza “virtuale” dell’Archivio di Guerrilla Spam corrisponde a una presa di posizione nel “reale”; è una dichiarazione d’intenti, un mettersi a nudo, un atto di condivisione che attende altre reazioni.
Per visitare l’archivio clicca qui
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