Com’è nata e come si è definita la vostra associazione?
La O’ è stata fondata da me e da Angelo Colombo nel 2001. Ci siamo conosciuti nel suo laboratorio di stampa fine art, la LAB, dove mi ero recata per stampare alcuni miei lavori. È stato lui a propormi il progetto di un’artoteca. Le artoteche sono delle strutture pubbliche che acquisiscono opere di artisti più o meno famosi, per poi affittarle a prezzi molto contenuti a singoli, aziende o istituzioni, che in seguito hanno la possibilità di riscattarle. Il progetto originario non si è mai avviato realmente, per la difficoltà di far accettare la possibilità di affittare le opere. Tuttavia, ci siamo accorti che questo spazio, in cui ci eravamo imbattuti casualmente, e le nostre conoscenze, in continua crescita, erano un serbatoio enorme da cui attingere. Così siamo naturalmente scivolati in un tipo di programmazione diversa, molto più espositiva che “commerciale”, iniziando a organizzare mostre di artisti italiani e non. Poi sono cominciate le collaborazioni con strutture straniere. Tra queste Hotel Pupik, il nostro partner principale, con cui abbiamo avviato degli scambi regolari con residenze in Austria per artisti selezionati da noi e mostre in Italia per i loro artisti. E man mano sono cresciute anche le nostre attività, con proiezioni, concerti, laboratori e anche lecture e incontri con gli artisti.
Quando avete iniziato a configurare le vostre attività principalmente come residenza?
L’idea della residenza ha preso forma spontaneamente. Abbiamo sempre lavorato molto con artisti stranieri, per cui ci eravamo già occupati di ospitarli a Milano. Inoltre, ci siamo spesso interessanti anche ad aspetti relativi alla produzione artistica, mettendo a disposizione il laboratorio di Angelo, che contiene non solo le attrezzature per la stampa e la fotografia, ma anche una falegnameria e la possibilità di lavorare il metallo. Via via è stato naturale pensare di poter utilizzare tutte queste risorse in un modo più concentrato e mirato. E così, dal marzo 2006, è iniziato O’ A.I.R.
Come si struttura il vostro programma di residenze?
O’ A.I.R. prevede tre aree di intervento: le arti visive, il suono e la teoria. Gli appuntamenti di residenza annuali sono tre o quattro, e ospitano ciascuno dai due ai quattro artisti, per un minimo di due settimane e un massimo di due mesi. Finora i nostri ospiti sono stati selezionati su invito, ma dal febbraio scorso abbiamo pubblicato un bando di partecipazione senza scadenza, aperto a tutti senza limiti di età e provenienza. Dal 2009 saranno selezionati sulla base del bando, ma ci riserviamo la possibilità di invitarne anche altri di cui troviamo interessante il lavoro. Durante il periodo della residenza, gli artisti sviluppano un lavoro che molto spesso assume la forma di installazioni site specific, perché il loro progetto iniziale viene modificato da una serie di fattori ambientali, che vanno dalla cultura diversa a semplici questioni umane e relazionali, visto che gli artisti vivono insieme in uno stesso appartamento. Noi ci occupiamo di mettere il più possibile in contatto i nostri ospiti con altri artisti, con editori musicali e non, con critici e galleristi. Inoltre segnaliamo degli spazi da visitare nella città, ma soprattutto oltre alla residenza, ossia una situazione di tempo e spazio privilegiati, supportiamo anche la fase produttiva del lavoro, mettendo a disposizione non solo il nostro spazio con l’equipaggiamento tecnico per la sua messa in mostra, ma anche il laboratorio e le attrezzature della LAB.
Mantenete i rapporti con gli artisti che sono stati in residenza da voi?
Sempre. Ci siamo sempre occupati di sviluppare reti e connessioni che vadano al di là del momento specifico della residenza. Con un certo tempo e una lentezza che è comunque necessaria. Se lavoriamo bene con degli artisti, manteniamo il rapporto e li mettiamo in contatto con occasioni in cui il loro lavoro possa rientrare. Molto spesso queste collaborazioni funzionano. Ed è già capitato che artisti che hanno fatto la prima mostra da noi abbiano lavorato a lungo con gallerie a cui li abbiamo presentati.
Oltre all’attività “istituzionale” di residenza per artisti, O’ svolge anche delle attività di tipo “editoriale”…
Da un paio d’anni abbiamo cominciato ad avere anche una programmazione sonora e musicale più definita, collaborando stabilmente con Die Schachtel, un’etichetta indipendente di musica sperimentale che ha sede a Milano. Oltre a concerti e perfomance, abbiamo sviluppato con loro veri e propri progetti editoriali, per esempio durante la residenza di Alessandro Bosetti, realizzando un cd, Exposé, e anche un’edizione d’artista. Abbiamo anche pubblicato un bellissimo lavoro di Phil Niblock, composto da una cartella di fotografie jazz scattate negli anni ’60 e un dvd con la raccolta dei suoi Six Film, sempre di quegli anni. Abbiamo avuto esperienze di tipo editoriale anche con il Laboratorio dell’imperfetto, uno spazio non profit che ha una programmazione molto simile alla nostra e che si trova a Gambettola in provincia di Cesena, con cui abbiamo realizzato un libro d’artista.
Quali rapporti avete con l’estero?
Oltre a Hotel Pupik, dalla fine del 2007 siamo partner della galleria d’arte nazionale di Tirana con il premio d’arte contemporanea Onufri, della cui giuria facciamo parte e dove selezioniamo un artista albanese per una residenza da noi. Stiamo inoltre mettendo a punto una proposta di scambio di un artista all’anno con la LeRoy Neiman Foundation, una fondazione all’interno della Columbia University, che permetta a un artista italiano selezionato da noi di andare a New York e utilizzare tutte le facilitazioni che può offrire un’istituzione del genere, come l’accesso ai laboratori, alle lezioni o ai visiting studio, nello stesso periodo in cui ne ospiteremo uno selezionato da loro. Infine, abbiamo avviato un progetto di scambio con la Galería h-10 di Valparaiso, uno spazio non profit cileno, che avrà luogo nel 2009. Siamo comunque sempre pronti a nuove iniziative e collaborazioni, perché per noi sono un’importante possibilità di esportare quello che facciamo.
E con Milano?
Nonostante ci sia un’atmosfera un po’ implosiva in questo momento, Milano è una città che offre moltissimo. Credo che per gli artisti che lavorano da noi sia sicuramente un luogo interessante, per la sua concentrazione eccezionale di gallerie, molte delle quali lavorano bene, di spazi per l’arte e di appuntamenti che caratterizzano un’offerta molto varia. Il nostro rapporto personale è un po’ ambiguo, perché per il fatto di aver lavorato molto spesso con artisti stranieri abbiamo avuto una ricaduta relativa sulla città. Proprio per questo, il bando del nostro programma di residenza è aperto anche ad artisti che sono già residenti a Milano. Sicuramente per noi è stato importante fare parte dal 2005 di InContemporanea, perché ha creato una rete con altre realtà, che, sia pure non omogenea e fatta di identità molto diverse, ci ha permesso di rendere più riconoscibile il nostro lavoro. Inoltre, il fatto di esserci messi in collaborazione con Die Schachtel, di aver cominciato a collaborare con artisti che provengono da qui e di avere definito in modo preciso anche la nostra collaborazione con la LAB, ha fatto sì che si stabilissero relazioni molto forti, che ci hanno permesso di avere una connotazione abbastanza precisa anche a Milano. Ed è qualcosa di importante per noi, perchè il radicamento nel territorio ci dà la possibilità di espanderci e organizzare progetti più ampi e a lungo raggio.
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