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07
luglio 2013
Il giro del mondo tra la rete e le cose quotidiane
Progetti e iniziative
Con la mostra attualmente in corso di Qiu Zhijie, artista cinese, curatore e docente, la Fondazione Querini Stampalia di Venezia inaugura un nuovo progetto triennale. “New Roads” prevede residenze d’artista e realizzazioni di progetti site specific nella propria sede e a Shangai, in collaborazione con Arthub. Per una “connessione totale” di un mondo che da Est a Ovest si ibrida sempre di più
È un allestimento rarefatto, che invita alla meditazione e alla concentrazione, quello proposto alla Fondazione Querini Stampalia per la prima mostra in Italia di Qiu Zhijie (Zhangzhou, provincia di Fujian,1969). Le grandi cartografie disegnate sembrano affiorare dal bianco delle pareti e i rari oggetti a pavimento che completano l’esposizione sembrano dei punti-isole di un possibile percorso, culturalmente inteso, fra stanza e stanza. Le opere a parete sono delle mappe e delle specie di tavole enciclopediche, realizzate mediante il frottage, con tamponamenti a inchiostro di china. Una tecnica – utilizzata per riprodurre su carta i motivi ornamentali del vasellame e le iscrizioni che ricorrono su materiali lapidei – che per l’artista ha anche un pregnante carattere concettuale: quello di «trasformare il mondo in testi».
Uno dei lavori in mostra (Map of origins and human processes) è stato eseguito direttamente fra pareti ad angolo. Altri lavori utilizzano modalità di rappresentare un insieme di dati molto complesso mediante macrofigure: l’albero genealogico per Map of mythological animals, il corso di un fiume per The busy Gods. Un video a valore documentativo si basa su materiali d’archivio presenti nelle collezioni della Querini e dell’Aurora Museum di Shangai, partner dell’iniziativa. Una pianta di Venezia di Jacopo de’ Barbari, conservata in collezione alla Querini, ed anch’essa esposta, chiarisce l’intento culturale dell’iniziativa: proseguire il progetto “Conservare il Futuro”, mediante il quale, dal 2000, Chiara Bertola ha proposto a molti artisti di caratura internazionale di confrontarsi con gli spazi e la storia della fondazione veneziana. La mostra di Qiu Zhijie inaugura un progetto triennale, “New Roads”, che prevede residenze d’artista e realizzazioni di progetti site specific sia nella sede di Venezia che in quella di Shangai, in collaborazione con Arthub.
Qiu Zhijie all’attività di artista coniuga quella di teorico (con studi sull’Arte Concettuale, sulla performance e importanti pubblicazioni nell’ambito della video art), quella di curatore (Biennale di Shangai, 2012), quella di docente universitario. Esperienze che confluiscono nel suo lavoro artistico, sintesi individuale di complesse dinamiche socioculturali, generata dall’osservazione della pluralità di aspetti della realtà quotidiana per poterla poi descrivere con un proprio sistema ordinativo. Viene così individuato un modus operandi che permette di connettere dati di provenienza molto diversa con la particolarità del proprio punto di vista e del proprio sentire, senza per questo indulgere in una mera dimensione soggettiva. Le mappe di Qiu Zhijie si generano mettendo in relazione culture apparentemente lontane, con lo scopo di individuare e tracciare gli elementi in grado di descrivere un territorio comune in cui aggirarsi. Questo eventuale territorio comune è fatto dalle stratificazioni che nel tempo si sono venute formando, e che affiorano negli oggetti d’uso quotidiano, così in The domestic Zoomorphology, e nell’esemplare lavoro Tao and objects. La trama stessa degli eventi (story) può essere pensata come un deposito (store) dove sono raccolte le origini delle cose, non meno che le loro trasformazioni dovute ai processi umani. Come nel già menzionato lavoro eseguito a parete, dove lo stile da iconografia paesaggistica tradizionale viene riutilizzato per descrivere, quasi si trattasse di toponimi (Mouth of usage and application; Mountain of shape), le più svariate attività produttive umane (la tessitura, il dipingere, il costruire) non meno che i prodotti di quelle attività (libri, abiti, vino, vetro, architetture) che diventano luoghi di incroci geoculturali.
Qiu Zhijie sembra alla ricerca di un punto di equilibrio fra dimensione individuale e relazionale, fra immagine e testo (con il primato, sottolineato dall’artista, del pittografico sul fonetico che contraddistingue la scrittura cinese), fra aspetti di specificità culturale e ibridazioni da tempo in atto proprio per la natura profondamente relazionale, e fluida, dell’esperienza umana. Soprattutto se la si considera sulla base del significato di Guantong, termine sulla cui difficoltà di poterlo pienamente restituire in inglese si sofferma Qiu Zhijie in una bella intervista con Chiara Bertola e Davide Quadrio (Arthub). Approssimativamente il termine cinese potrebbe essere tradotto con “connessione totale”, purché non lo si intenda come un sinonimo di ‘arte totale’. Piuttosto un concetto in grado di esprimere questo nostro tempo, ridefinito dalla rete delle reti, e da processi di globalizzazione, ritrovando le matrici di tali processi, seguendone gli sviluppi, le migrazioni, le trasformazioni come avviene nella mappa di The traveling Tang-Grass, dedicata ad un noto motivo ornamentale. Il titolo stesso della mostra, che si richiama ad una fantastica zoomorfia, ci ricorda come unicorni e dragoni siano in fondo i rappresentanti di esseri mitologici la cui generazione si pone all’incrocio fra la natura e l’interpretazione di essa, in uno sforzo immaginativo, sia orientale che occidentale, che tenta di comprendere anche ciò che si situa ai limiti della conoscenza e della percezione sensibile. Una cartografia fatta a mano, quella di Qui Zhijie, che si colloca fra l’iperesplorabilità del mondo di google maps e l’inesplorato dell’ hic sunt leones che compariva nelle aree vuote delle antiche descrizioni geografiche.
>>>la pessima direzione artistica di Riccardo Caldura al “Contemporaneo” di Mestre ha permesso che in tale istituzione (finanziata con i soldi di noi cittadini) avvenisse la presentazione di una lista politica. Il “Contemporaneo” ha ospitato (ed in qualche modo ne è stato l’incubatore, considerando la loro scarsa attività precedente) i Sottobosco, organizzazione vicina a mostre effettuate nelle sedi dei partiti. A Venezia c’è il SALE (tutti sanno qui a che area tale realtà è vicina) e c’è l’assessore alla cultura Angela Vettese che boicotta OPEN, manifestazione artistica rea di esprimere cultura in autonomia. Insomma, il festival dell’appartenenza: nella città lagunare si respira un clima pesantissimo di neo-zdanovismo.
Mi sembra inutile ed anche ipocrita lamentarsi del caso MAXXI-Melandri se poi nella prassi informativa viene dato spazio e quindi autorevolezza a tali figure senza far luce sugli episodi di malcostume in cui sono stati coinvolti.
Puntuale come la grandine sull’uva a fine agosto da qualche parte sul web ti arriva il commento livoroso e inutilmente polemico di un personaggio che a Venezia ha assai dubbia credibilità: tale Kos, fratello in ombra di un ben più noto protagonista della vita culturale veneziana. Che dire? Guardare il cielo, sopportare con pazienza e tirare innanzi…pensando a Francesco e alla pace nel mondo, sperando che anche Kos riesca a trovare un giorno una qualche serenità (e di meglio da fare che inventarsi blog miserelli grazie ai quali provar a supportare i suoi lavori).
>>>Caldura invece di rispondere lei cerca di delegittimare l’interlocutore, cioè me in quanto artista. Niente di più facile. Ormai a Venezia nel settore dell’arte la situazione risulta talmente manipolata che è difficilissimo attribuire credibilità ed autorevolezza a chicchessia. Per me la sua visone della critica d’arte è troppo preoccupata di dimostrarsi organica al potere, condizionata da schematismi ed etichette.
I blog sono oggi strumento di partecipazione. I miei blog non costano nulla alla collettività.
Mi sento lontanissimo dalla serenità apparente di chi abbassa la testa e si adegua, la lascio a chi usa le istituzioni d’arte pubbliche per fare propaganda e le riduce a gallerie del proprio gusto personale, il che forse è anche peggio. Intanto, però, non ci ha nemmeno spiegato se l’idea di presentare una lista politica in una istituzione pubblica d’arte è nata su suggerimento esterno o su vostra diretta iniziativa…
>>>Caldura nel suo precedente intervento qui lei commentava i miei blog con i quali a suo avviso io “supporterei” la mia opera. Da docente di “fenomenologia delle arti contemporanee” quale lei è, dovrebbe sapere che per un artista che abbia qualche carta da giocarsi nel sistema dell’arte contemporanea del Veneziano, attivare dei blog in cui si teorizza e ragiona sulle tante questioni aperte e sui problemi del settore (e della mia categoria) non giova certo in termini di carriera e promozione del proprio lavoro, anzi si potrebbe dire l’opposto. Il silenzio di un artista e la totale delega della “parola” a certi funzionari dei musei (non vorrei chiamarli critici) vicini alla politica e a blindati circuiti sono per alcuni requisiti fondamentali nella selezione di un artista.
Lo scopo e il senso di quei “fenomeni” lontani dalla sua visione dell’arte organica al potere, istituzionalizzata, gerarchica, freddamente programmatica, didascalica, restano lontanissimi dal poter essere compresi da lei.