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Il Quadrante sdrucciolevole: 60 opere per raccontare notti e giorni del lockdown
Progetti e iniziative
di redazione
Come raccontare quella strana sensazione che un po’ tutti abbiamo provato durante i mesi di isolamento per l’emergenza Covid-19? A proposito, sono stati lunghi o brevi, operosi o inattivi? Difficile dirlo, complesso capirlo, forse servirebbe una nuova parola, un’altra definizione. E allora, è da un neologismo che parte “Il Quadrante sdrucciolevole”, progetto espositivo in online viewing di Mauro De Iorio e a cura di Denis Isaia, presentato dall’associazione di collezionisti Collective, che prova a dar corpo a ciò che abbiamo vissuto in questo periodo attraverso 60 opere d’arte, divise in giorno e notte.
«Invitato dal Club Collective a curare una gallery tematica con le opere dei Soci ho proposto ad ognuno di loro di inviare un limitato numero di opere o riflessioni che potessero raccontare la propria quarantena. Lo spunto che ho fornito è un neologismo, nattività, una condizione a metà tra lo stato attivo e quello inattivo», ha spiegato Isaia. «La nattività è una condizione vicina a quella che viviamo in questi giorni. Triste e coatta, eppur, bisogna ammetterlo, prolifica forse perché più stretta alla vita e alla morte. In quarantena abbiamo fatto pensieri inaspettati. Abbiamo forse sognato di più», ha continuato il curatore.
“Il quadrante sdrucciolevole” aprirà oggi e sarà visitabile online in due cicli, dalle 8 alle 20 e dalle 20 alle 8. «Il susseguirsi del giorno e della notte è un dato di fatto, eppure in epoca di Covid-19 i confini si fanno ancora più sfumati, la notte bussa alle porte del giorno e viceversa», ha detto Isaia. Tra le opere in esposizione, quelle di Olafur Eliasson, Elmgren & Dragset, Jonathan Monk, Maya Deren, Tobias Zielony, Miriam Cahn, Pamela Diamante, Meiro Koizumi, KIM 1995. Le opere provengono dalle collezioni riunite nell’associazione Collective, nata a novembre 2019, da un’idea del collezionista Andrea Fustinoni, delle giornaliste Maria Adelaide Marchesoni e Silvia Anna Barillà e del manager culturale Nicola Zanella.