La proiezione de L’infanzia di Ivan, Leone d’oro a Venezia nel 1962, ha inaugurato la rassegna cinematografica dedicata all’opera del regista Andrej Tarkovskij, iniziata lo scorso 7 gennaio e che si protrarrà per tutto il mese presso il cinema Massimo di Torino. Ad incorniciare l’evento, l’incontro con il figlio Andrej Jr. presidente dell’Istituto Internazionale Andrej Tarkovskij fondato a Parigi nel 1988 dalla moglie del regista Larissa, da Robert Bresson e altre personalità del settore, con lo scopo di diffondere l’opera del regista. Assieme ad Andrej jr. era presente lo studioso di estetica Guido Brivio, per tracciare le linee del pensiero e della filosofia che caratterizzano l’opera di Tarkovskij. Una storia particolare la sua, di regista dedito alla ricerca dell’immagine mistica e spirituale che ha potuto realizzare solamente sette lungometraggi in circa venticinque anni di lavoro, poiché furono molti gli ostacoli posti alla sua arte. Il sistema di produzione di film in Urss, sottoposto al volere del ministero del cinema sovietico, non permetteva la realizzazione di opere non conformate ai dettami della propaganda, destinandole a divenire soggette a censura, alla distruzione o all’interruzione forzata. In Russia, i film di Tarkovskij furono distribuiti solamente nel circuito delle città secondarie, non si pubblicavano articoli sul suo cinema e fu l’aver vinto un riconoscimento importante come il Leone d’oro a garantirgli l’interesse da parte dell’Europa e quindi il riconoscimento di un valore, valido come permesso per continuare a lavorare.
Un celebre caso di dissenso politico e di grande amore per la propria terra, espresso compiutamente in un film importante per l’Italia quale Nostalghia, coproduzione tra Urss e Italia ed uscito nel 1983. Girato tra le colline della bassa toscana e nel fascino della luce di Piero della Francesca, il film ha per protagonista un poeta russo in viaggio in Italia e fu ideato e sceneggiato assieme al caro amico Tonino Guerra, come testimonia il documentario intitolato Tempo di Viaggio.
In programmazione tutte le opere di Tarkovskij presentate in pellicola e in lingua originale sottotitolata in italiano; dal mediometraggio Il rullo compressore e il violino, saggio di regia realizzato nel 1960 assieme ad Andrej Končalovskij per il diploma al VGIK di Mosca, all’ultimo lavoro, Sacrificio, girato in Svezia e uscito nel 1986. Un film in gran parte autobiografico perché, come il regista ha più volte dichiarato, i suoi film erano parte della sua vita. Non esisteva per Tarkovskij alcuna differenza tra il suo fare ed il suo essere, e ricercava sempre quell’equilibrio dei due mondi, materiale ed immateriale, anelito che caratterizza tutti i suoi titoli, i suoi scritti e che costella la sua opera di una trama fitta di rimandi biografici e di topoi.
Il suo primo lungometraggio L’infanzia di Ivan s’inserisce nella produzione cinematografica storiografica sovietica post-bellica dedita alla creazione del mito dell’eroe. Eppure le vicende e le paure del protagonista, un orfano di 12 anni, raccontano di un’infanzia dedicata al gioco mortale sul fronte orientale tra 1941 e 1945, attorno alla quale s’incontrano militari di vari gradi e livelli disposti a dimostrare la propria tenerezza nei confronti del ragazzo, nonostante le asprezze della guerra. Una realtà poco eroica in cui il piccolo Ivan, benché tenace e forte, perde la vita per mano dell’esercito nazista di Hitler, lasciandoci un amaro per una morte inutile di un tenore simile a quello provato di fronte al suicidio del giovane Edmund, protagonista di Germania Anno Zero (1948) di Roberto Rossellini.
L’interesse di Tarkovskij per l’arte quale strumento di innalzamento spirituale è sviluppato in Andrej Rublëv, film fortemente poetico dedicato al pittore d’icone più importante di tutta la storia russa. Un viaggio nelle atrocità delle invasioni tartare e delle lotte intestine tra principi ereditari, una parabola sull’espiazione del peccato di omicidio e il ritorno alla pittura di soggetto sacro. Il film uscì nel 1966, dopo anni di problemi, interruzioni e ritardi nella realizzazione per essere infine distribuito in patria solamente nel 1972, dopo aver vinto il Premio della critica internazionale al Festival di Cannes nel 1969. Nel 1972 era uscito anche Solaris, un film tratto dal romanzo di fantascienza dello scrittore polacco Stanislav Lem, e che poteva prestarsi ad una lettura interessante per un regime che faceva della conquista dello spazio la propria forza. Il film fu presentato come la risposta russa a 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrik, e in Italia, per renderlo adatto alla commercializzazione, fu presentato a Venezia in una versione tagliata in maniera imbarazzante. Nonostante questo, vinse ancora il Premio della giura internazionale di Cannes. Anche in questo caso, Tarkovskij disattese gli immaginari del realismo socialista, volgendo l’occasione avuta secondo le proprie esigenze poetiche.
La ricerca nello spazio e la conoscenza di altri mondi sono ribaltati per prendersi la libertà di parlare di una dimensione dell’essere al di là di quella contingente, e per riportare l’attenzione sulla necessità di riflettere in primis sul senso dell’esistenza umana. L’oceano di Solaris genera una serie di incomprensibili fantasmi, pseudo-umani composti da neutrini che tornano dal passato per disturbare emotivamente le vite degli astronauti; così lo psicologo Kris incontra l’ex moglie Hari, morta suicida dopo essere stata abbandonata. L’idea dell’oceano Solaris si riverbera in ciò che in Stalker, del 1979, viene chiamato la Zona, il luogo dove i desideri più reconditi trovano realizzazione. La fonte, un romanzo di fantascienza, intitolato Picnic sul ciglio della strada dei fratelli Arkadij e Boris Strugackij, fornisce uno spunto per affrontare nuovamente il rapporto tra mistero e scienza, indagati nella tensione umana alla realizzazione di un ideale.
D’intonazione introspettiva è Lo specchio del 1974, opera fortemente biografica, in cui un uomo di quarant’anni ripensa, dal letto della malattia, alla sua vita rimescolando i ricordi nello spazio assurdo della memoria; le persone si sdoppiano e le parole cambiano in un percorso fatto di sbalzi continui dall’infanzia all’età adulta intervallati dai suoi pensieri. Perché come ci ha detto Tarkovskij, “il tempo, inteso in senso etico, torna sempre”.
Nel programma è compresa una serie di documentari utili per ripensare all’arte del regista da altri punti di vista; oltre al già citato Tempo di Viaggio, il commovente ed estremamente interessante Directed by Andrej Tarkovskij di Michal Leszczylowski, co-montatore di Sacrificio, caratterizzato dalle riprese effettuate duranti i lavori per la realizzazione del film, che ci testimoniano la grande cura che dedicava al dettaglio e alla dimensione poetica nel proprio lavoro. Infine l’opera Elegia moscovita che Alexander Sokurov ha voluto dedicare al regista dopo la sua morte, in una composizione di scene estratte da suoi film ed interviste per ricordarne l’importanza e la grandezza.
Infine, per conoscere e approfondire la vita e l’estetica di Tarkovskij si segnalano due volumi curati dall’Istituto internazionale Andrej Tarkovskij, ovvero Martirologio. Diari 1970-1986 uscito nel 2014 e, finalmente, una nuova edizione di Scolpire il tempo, volume fuori stampa da decenni ed in uscita per l’estate 2015. Perché la conoscenza dell’arte e della poesia di Tarkovskij è infinita, come la sua profondità.
Alessandra Franetovich