Il territorio di preoccupazione di Antoni Muntadas |

di - 26 Novembre 2012

Da oltre 40 anni, Antoni Muntadas, nato a Barcellona nel 1942, esplora gli spazi interstiziali collocati tra tre sfere: arte, scienze sociali e sistemi di comunicazioni. La condizione di trovarsi “tra” è il punto di partenza del suo lavoro.

La mostra Entre/Between, a cura di Daina Augaitis, si sposta dal Reina Sofia di Madrid al parigino Jeu de Paume (fino al 20 gennaio) e la prossima tappa è Vancouver. L’esposizione presenta un’ampia panoramica di progetti realizzati dagli anni Settanta a oggi. Informazione, interpretazione, rappresentazione, soggettività, traduzione, editing, potere, controllo, spazio, pubblico, spettacolo e paura sono oggetto del suo lavoro multidisciplinare. Dalla sua ricerca emergono riflessioni su temi cruciali del nostro tempo: il controllo e la manipolazione sociale, l’architettura e la sua relazione con il potere, il ruolo dell’individuo all’interno della società contemporanea, la paura come fenomeno sociale. Muntadas opera in quelli che lui stesso definisce «territori di preoccupazione».

La mostra non si presenta come una retrospettiva antologica, ma è organizzata in nove cosmologie tematiche: Zone di traduzione, Spazi dello spettacolo, Micro spazi, Spazi pubblici, Costruzione della paura, Sfere del potere, L’archivio, Sistema dell’arte e Paesaggi mediatici. I confini cosmologici sono volutamente non definiti; ogni universo, cartografia, archivio, diagramma, itinerario, conduce a un altro territorio: «c’è contaminazione tra le preoccupazioni». Muntadas fa uso di una vasta gamma di mezzi espressivi per documentare i progetti concepiti e realizzati in tutto il mondo: azioni, video, fotografia, installazioni multimediali e pubblicazioni, Public Art, internet, radio. In Experiencias subsensoriales, acciones y actividades (1971-1973), opera presente nella mostra parigina nella sezione Micro spazi, lo spettatore è invitato a sfogliare, leggere, osservare, ascoltare.

Per Muntadas la conoscenza del contesto in cui lavora è un elemento fondamentale. I progetti pubblici sono fortemente connessi al luogo e al tempo in cui sono nati, sono site e time specific. Ogni progetto è un’esperienza di vita vissuta: «I work where I live and I live where I work», afferma. La relazione tra arte e vita è indifferenziata; “Arte<->Vida”, riporta uno dei suoi primi manifesti del 1974. Muntadas è un viaggiatore, tra partenze e arrivi, esplora nuove culture, lingue, ideologie, e trova collegamenti; essere “tra” non è una condizione di separazione, ma di connessione. In ogni nuovo Paese, contesto e momento, per ogni nuovo lavoro, Muntadas si cala nel ruolo di osservatore a distanza, collocato in uno stato di “non-appartenenza”; affronta con spirito critico la complessità di questioni storiche, sociali e strutturali di quel territorio, e ne evidenzia le criticità.

In Proyecte/Proyecto/Project del 2007, la serie di domande su poster “Who?”, “What?”, “Why?”, “How?”, “Where?”, “When?”, “For Who?”, “How Much?”, illustra questo metodo di approccio. La sua ricerca è volta a smascherare i meccanismi di potere, gli effetti dominanti del sistema economico, del sistema di comunicazione e di quello artistico.

Fin dagli anni Settanta, in una cornice concettuale, Muntadas pone l’attenzione su ciò che definisce the “media landscape”: i mass media e la comunicazione di massa, dai simboli alle immagini, dai credits agli slogan. Negli anni Ottanta lo sguardo si allarga al linguaggio, alla sintassi, all’architettura del mondo dei media e a tutto ciò che è nascosto: un dualismo teso tra pubblico e privato, tra soggettivo e oggettivo. Nel light box Diálogo del 1980, in un ambiente buio una lampadina pende sopra la fiamma di una candela dando vita ad un dialogo, tra vecchio e nuovo: lo spazio tra fonti di luce si illumina, si rende visibile l’invisibile, lasciando il passo alla conoscenza. Dall’osservazione del sistema dell’arte, del ruolo delle gallerie, dei musei, dei collezionisti e degli intermediari fra artista e pubblico, nasce Between the Frames, in mostra ora al Jeu de Paume nella cosmologia dedicata all’art system. Il progetto, realizzato fra il 1982 e il 1993, analizza la forma delle esposizioni, le gerarchie professionali, le scelte istituzionali del mondo dell’arte. Negli anni Novanta, recupera i temi affrontati all’inizio della sua ricerca artistica, in particolare i processi di traduzione, interpretazione, e le loro implicazioni politiche e antropologiche: On Translation, iniziato nel 1995 e tuttora in corso, è uno dei progetti più corposi e rappresentativi della sua attività. La mostra al Jeu de Paume si apre con On Translation: The Audicence, realizzato a Rotterdam tra il 1998 e il 2000, e si chiude con un altro lavoro di questa serie, On Translation: El aplauso, del 1999. Sfilano immagini di estrema violenza di atrocità commesse in tutto il mondo – tradotte e accettate dai media colombiani – accompagnate da due proiezioni laterali dove una folla alienata applaude con passiva indifferenza. II grande trittico è affiancato da un incessante scroscio di applausi che congeda lo spettatore dal percorso espositivo.

I lavori di Muntadas prendono le distanze dall’estetica, dall’idea d’oggetto e dall’idea d’opera d’arte in senso tradizionale. Sono, come lui stesso li definisce in senso antropologico, “artefatti”: sistemi e dispositivi che incoraggiano il pubblico a essere spettatore attivo nei confronti di cosa si guarda, sono carichi di funzione sociale. L’artista mette in guardia lo spettatore: “Warning: Perception requires involvement” (On Translation: Warning, 1999) e mette a disposizione strumenti di accesso al mondo in cui viviamo. Nel manifesto del 1981 chiede “What are you looking at?”. Muntadas non dà soluzioni, ma, come un traduttore davanti al testo, si colloca immediatamente tra la domanda e la sua possibile soluzione; il territorio in cui l’artista si muove, è quello della critica soggettiva. Al pubblico rimane il senso di responsabilità individuale e la consapevolezza delle possibilità. Che si collocano proprio in quello spazio indefinito del Entre/Between/Tra.

Dalla mostra emerge uniformità e coerenza, ma anche vitalità, abilità di rinnovarsi e di aggiornarsi, caratteristiche proprie di questo artista, che ha ancora molto da dire.

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