Black Friday indica un giorno particolare della storia reale o immaginaria che è diventato prima locuzione generica e polisemica, poi addirittura ha assunto un significato del tutto lontano se non inverso dall’originario. Il Venerdì nero aveva storicamente un’accezione nefasta per gli americani, indicava infatti il crollo del prezzo dell’oro avvenuto nel 1869, in pratica un disastro finanziario. Oggi, forse per un riscatto scaramantico da quel brutto ricordo, il venerdì nero ha esorcizzato ogni incubo per indicare la giornata dei ribassi prima di Natale. Come la festa di Halloween è approdata in Italia e accolta con plauso, ha risuonato più volte sui media fino a diventare un tormentone.
Black Friday, però è anche il titolo di un quadro di Willem de Kooning conservato presso la collezione d’arte moderna dell’Università di Princeton. Si tratta di un quadro ad olio dipinto su una tavola di legno della misura di circa un metro di lato e che appartiene a quel ciclo in bianco e nero di De Kooning tipico della fine degli anni ’40. L’opera, infatti, è del 1948. Willem de Koonnig morì vent’anni fa a New York, la città del famoso gruppo degli Espressionisti Astratti. De Kooning, che è stato uno dei maggiori esponenti di questo gruppo di “irascibili” insieme ad artisti come Pollock, Kline o Motherwell, ebbe con la parola “astratto” sempre un rapporto ambiguo. Elementi di realtà, infatti, emergono spesso nel suo lavoro. Black Friday fu un’opera esposta alla sua prima personale del ‘48 presso la Egan Gallery di New York insieme ad altri della serie Black and White. Nel 1948 sembrò esserci una specie di moda del bianco e nero, un po’ come successe in Italia negli anni Ottanta con l’Astrazione Povera.
Willem de Kooning, Black Friday – 1948
De Kooning, che utilizzava l’astrazione brutale del segno per stravolgere il soggetto con la forza emotiva del gesto, cercò questa volta di accelerare questo processo con la riduzione cromatica. In Black Friday, pertanto, de Kooning sfrutta in particolare le linee bianche per profilare la figura umana mentre la rigidità della struttura nera suggerisce l’opacità di massicce forme architettoniche. Il titolo rimanda a brutti ricordi della storia americana, ma anche a una personalissima rivisitazione dell’angoscia che attanagliava il presente, un tempo vulnerato dalla guerra e minacciato dall’incubo atomico. La particolarità di questa tavola si può vedere in basso a destra. Una pennellata di rosso screzia la bicromia dominate, è come una ferita. Ci ricorda il nostro Burri, il suo informale suturato, chirurgico e rimanda ancora più lontano nel tempo, all’inizio del Secolo Ventesimo, ai drammatici ritratti del Rouault del Gioco al massacro. Insomma il dramma della macchia ematica annulla ogni “comfort” di una figurazione rassicurante, anzi, trasforma la linea in una frustrata, il colore in carne. L’anelito soggettivo, che imprime all’umanissimo percorso di de Kooning una carattere tragico, nel suo periodo “nero” ha gettato le fondamenta per un riduzionismo sentimentale fatto di confusioni di piani che mutuava a suo dire dal cubismo, l’unica avanguardia storica che fondamentalmente apprezzava. De Kooning scorgeva nella precarietà del movimento di Braque e Picasso un oscuro diluirsi in diverse declinazioni che travalicava lo scientismo che in origine sembrava legittimare la ricerca cubista.
Robert Rauschenberg, Erased de Kooning drawing, sfmoma
De Kooning, insomma, rilevava la “meraviglia atmosferica” che ai suoi tempi si doveva essere ammantata dal bagliore della bomba atomica. L’arte per de Kooning, la pittura in particolare, si poteva liberare dal rovello autoriflessivo per via d’astrazione, anche se si trattava di una particolare astrazione. Il termine astratto, attribuito alla contraddittoria pittura di de Kooning, sebbene fosse imprescindibile per definire ciò che stava accadendo in quella nuova Parigi che era New York, a lui non risultò mai soddisfacente dal momento che si riteneva sempre e comunque vincolato a un soggetto. Il soggetto cui Black Friday allude, per esempio, è caratterizzato da una figura, individuabile nel cerchio, mentre il segno acuto sull’angolo in alto a sinistra può essere codificato come dei tetti di case. Eppure, seppur evidente, questo è il dato meno importante nella pittura di de Kooning. Il vero senso di questa parvenza figurativa, che potrebbe dirsi “figurale” secondo la logica della sensazione, sta naturalmente nella stesura dei colori che segue un andamento sinuoso e ampio aggredito dal graffio verticale e orizzontale. È frutto di un gesto che copre un fondo verde marcio e rosso, visibile ancora in quell’angolino in basso cui prima s’è fatto cenno. Paradossalmente cinque anni dopo de Kooning resterà vittima della copertura di un suo disegno da parte di Robert Rauschenberg. de Kooning, quindi, cancella e ri-impasta il suo venerdì nero manipolando la vicenda personale per evocare una sensazione (la pittura) sfruttando il rimando generico alla memoria comune (il titolo). È il debito di De Kooning con la storia, che la pittura riattualizza facendola emergere anche dalla più violenta e torbida mareggiata dell’esistenza.
Marcello Carriero