Come salvarci dal verme sonoro che entra nei nostri cervelli? Questa l’indagine dietro il progetto Superimposition, il nuovo lavoro di Polisonum, il duo Filippo Lilli e Donato Loforese, che coniuga ricerca sonora, moda, video e performance, a cura di Francesca Ceccherini e Anastasia Chaguidouline. Dopo il debutto al Cercle Cité di Luxembourg, arriva in Italia con due date allo spazio CareOf di Milano e al Politecnico di Torino, prima di ripartire per un tour europeo.
Polisonum, chi siete?
«Abbiamo iniziato a collaborare nel 2013 lavorando nel campo delle arti sonore attraverso le pratiche teatrali, per poi ufficializzare la nostra identità come Polisonum. Un lavoro collettivo che da sempre si avvale di collaborazioni con entità esterne, ibridando arti visive e performance ma che ha come linguaggio cardine il suono e le sue declinazioni nel contemporaneo».
Progetti ibridi in cui il visivo ha un ruolo importante…
«Siamo in un’epoca in cui è impossibile non ibridare i linguaggi. Questo ci consente una maggiore libertà di movimento sia nelle collaborazioni che attiviamo sia nella nostra ricerca artistica. Un ruolo importante è affidato alla parte visuale, ma in alcuni casi siamo arrivati a veri e propri progetti installativi che in qualche modo si materializzano soltanto nell’aria e il movimento è solo quello che nasce dal suono».
Per esempio?
«Come quando abbiamo installato tre grandi speaker e tre lunghe tende nel Castello di Gesualdo per omaggiare il compositore Carlo Gesualdo, Principe di Venosa. Da un lato un’installazione sonora nella torre centrale che ha suonato una volta al giorno per tutta l’estate, all’imbrunire e per pochi minuti, e dall’altro tre lunghi drappi bianchi che fuoriuscivano dalla balconata della torre e mossi dal vento o immobili, agitati, calmi, risultavano imprevedibili come il nostro respiro (ne avevamo parlato qui)».
Come vi avvicinate a un progetto nuovo?
«Può essere una richiesta esterna o una nostra esigenza di indagare un aspetto nascosto di una determinata sonorità . Quello che ci interessa è capire come l’evanescenza del suono si insinui nella quotidianità e come rimanga nella nostra memoria».
In che senso?
«Vivendo nella società dell’immagine spesso il suono si dà per scontato. Ma è uno strumento di conoscenza prezioso per interpretare il mondo che viviamo. Uno degli obiettivi della nostra pratica artistica è porre un accento sull’ascolto, indagando gli aspetti sonori che abitano diversi ambienti, dalle nostre città ai paesaggi fino ad arrivare allo spazio della mente come in Superimposition».
E la moda, come nel caso di Superimposition…
«In Superimposition abbiamo chiesto al brand di moda Marios di interpretare, attraverso abiti-scultura, la nostra necessità di protezione dagli earworms».
Cosa sono gli earworms?
«Letteralmente vermi dell’orecchio. Agenti sonori che si innestano coercitivamente nel nostro cervello, senza la nostra volontà . La superimposizione, ovvero la sovra esposizione spasmodica a una canzone che ti si attacca addosso: una sorta di aggressione sonora perché non siamo padroni di scegliere quello che ascoltiamo, ovunque andiamo – nei negozi, sui mezzi, nelle stazioni – c’è sempre un sottofondo, un motivetto con cui magari ti alzi il mattino chiedendoti il perché. Per Oliver Sacks questa era una aggressione neurologica definibile come brainworms (vermi del cervello), che può inquinare la nostra libertà ».
E come ci proteggiamo?
«Quando c’è troppa luce mettiamo gli occhiali da sole. Quando c’è la pioggia apriamo l’ombrello. Noi abbiamo pensato di creare abiti con materiali fonoassorbenti per proteggere tutto il corpo da attacchi del suono, perché il suono può essere un arma e questo progetto è un tentativo per sottrarci dall’inarrestabile appropriazione commerciale e securitaria della musica. Una delle maggiori cause che provoca quel fastidioso loop musicale nel nostro cervello, è individuato nella ripetitività delle parole nelle canzoni pop. Il nostro progetto infatti è basato sull’analisi dei testi di oltre 10mila brani delle maggiori classifiche musicali internazionali, testi selezionati attraverso una rete neurale, nello specifico un sistema di deep learning progettato da Elisa Bernardoni (data analyst e sviluppatrice)».
Non bastava proteggere solo le orecchie?
«Potevamo lavorare solo su cuffie antirumore o coperte protettive certo. Ma l’idea è provocatoriamente ribaltare la il concetto di sovraesposizione, avvicinandoci al mondo dell’apparenza: chi indossa questi abiti mostra la propria consapevolezza del problema e se ne fa portavoce».
Abiti scultura o abiti per il quotidiano?
«Gli abiti sono stati pensati per essere potenzialmente usati tutti i giorni. Marios inizialmente ha lavorato concentrandosi su abiti iconici come t-shirt, felpe e piumini per poi ampliare simbolicamente la collezione. Lavorando con materiali tecnici alcuni elementi risultano “mostrificati” tanto da ricordare delle armature».
E l’umano come emerge da queste armature?
«Questi abiti oscurano la parte umana, al contempo hanno il compito di proteggerci dall’aggressione sonora consentendo di ridare spazio alla nostra voce. Infatti nella performance esiste un passo drammaturgico in cui i performer, si spogliano per indossare un nuovo abito, nello stesso momento in cui il suono per pochi minuti scompare e lascia spazio alle loro voci».
Performer e non modelli, perché?
«Volevamo che fossero danzatori e danzatrici per creare camminate nello spazio, più vicini a movimenti coreografici. Una sfilata che ha il sapore di una performance. E poi il video, uno degli output visivi del progetto, che sarà presentato a Careof a Milano e poi al Politecnico di
Torino, prima di iniziare un tour europeo, è pensato come un fashion movie».
Un modo per dare corpo all’invisibilità del suono…
«A differenza della scrittura che rimane, il suono scompare, fatto di fughe e sfumature momentanee, come diceva Manganelli. Ma una volta che gli si dà corpo e che si rende visibile nello spazio, è impossibile non notarlo».
Artistis: POLISONUM (Filippo Lilli, Donato Loforese)
Co-curators: Francesca Ceccherini and Anastasia Chaguidouline
Data Curator: Elisa Bernardoni
Fashion Design: MARIOS Collective
Research of material and phono-resistance: Marco Carlo Masoero, Louena Shtrepi, Politecnico di Torino, DENERG
Scientific support: Francesco Nucci, Neuroscientist
Video work in collaboration with: Antonio Antonacci, Cristian D’Alessio
Performers: Arianna Balestrieri, Vera Borghini, Erica Bravini, Luca della Corte, Alex Paniz, Michael Incarbone, Valentina Sansone
Photo documentation: Axel Crettenand
Progetto sostenuto da Italian Council
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