180kg è il peso medio del cuore del più grande animale conosciuto vissuto sulla Terra, la balenottera azzurra. Era il 2021 quando nel golfo di Napoli è stato avvistato Wally, una balena grigia, che solitamente popola l’Oceano Pacifico orientale. Forse proprio per questo motivo il gigante del mare è apparso stressato e smarrito. A leggere la notizia, in pieno lockdown, c’era anche Ilaria Abbiento, artista napoletana che ha fatto del mare la sua poetica artistica. Risale proprio a questo evento l’inizio del progetto Incanto, mostra a cura di Carmelo Cipriani, inaugurata durante gli Art Days Napoli Campania, in uno dei posti più affascinanti del sottosuolo partenopeo, l’Acquedotto Augusteo del Serino, nei meandri di Palazzo Peschici-Maresca.
Nel cuore del quartiere di Totò, l’Associazione Verginisanità, da anni, porta avanti un ricco programma di iniziative culturali e artistiche con il progetto AquaAugusta che unisce l’archeologia e l’iconica architettura del celebre Acquedotto, parte di una delle più grande opere architettoniche dell’Impero Romano, all’arte contemporanea.
«Il titolo – scrive nel testo critico il curatore – è di per sé esplicativo, foriero di un triplice significato. La parola nella sua totalità allude alla condizione estatica che si prova nell’osservare le balene, ma anche al senso di sublime che, più in generale, determina la contemplazione del mare. Diviso invece in una parte, rinvia specificatamente ai cetacei, alla loro capacità comunicativa (e incantatrice), nell’altra il prefisso “in” è rievocativo dell’interiorità, dell’introspezione».
Appena ci addentriamo negli spazi bui e umidi dell’Acquedotto, si avverte questa interiorità, un po’ come il profeta Giona, quando nel libro a lui dedicato nella Bibbia, viene inghiottito da una balena e resta tre giorni e tre notti nel suo ventre. Le luci blu illuminano gli spazi in maniera scenica, facendo intravedere sui resti di tufo dei pigmenti di colore che brillano, proprio come se fossimo dei palombari che procedono a passi lenti sul fondo del mare.
Ilaria Abbiento ci invita a entrare nel suo microuniverso e a farlo nostro risvegliando, attraverso il suono, un primordiale stato di pace che ci proietta al primo periodo della gestazione. Arrivati al piano sotterraneo, infatti, ad attirarci è il richiamo di suoni lunghi a bassa frequenza, quello che chiamano il “canto delle balene”. Si tratta di un fenomeno ancora oggetto di studio, in quanto la laringe delle balene non ha le corde vocali, e perciò il suo meccanismo è fonte di mistero. Quello che invece è emerso sui probabili motivi di emissione di certi suoni, riguarda la fase delicata dell’incontro, del corteggiamento tra questi maestosi giganti che usano i suoni anche come strumento per orientarsi nelle profondità, in vista di possibili pericoli e ostacoli.
L’artista, nel periodo pandemico, sente una vicinanza con la sofferenza in acque strette del cetaceo, che la porta a fare diverse ricerche, tra cui la lettura di The Delicate Art of Whale Watching un libro del 1980 scritto da Joan McIntyre, mai tradotto in italiano, che fa luce su questa connessione. Non è un caso che nel percorso incontriamo la scritta a neon il mare è sacro, una dichiarazione d’amore scritta a quattro mani nei confronti del mare nostrum che unisce la calligrafia dell’artista con quella di una persona a lei cara. Il legame che si viene a creare tra le parole è emesso dal condotto luminoso che le fa pulsare, un effetto visivo e prospettico che cambia allontanandoci e avvicinandoci nel mettere a fuoco le parole.
Percorrere gli archi che sorreggono l’imponente struttura architettonica dell’Acquedotto, ascoltando il canto delle balene è come un viaggio a ritroso nella storia, che ciclicamente ci accompagna con la memoria fino al nostro tempo. Quello che Ilaria Abbiento ci svela girando l’angolo, è un’installazione video a metà strada tra ciò che ha provato lei durante il periodo della pandemia e ciò che può aver provato Wally, trovandosi in un posto che non era il suo. Il suo sguardo diventa il nostro, fisso, spaesato, sotto diversi litri di acqua salata sconosciuta.
Durante tutta la visita, quello che si percepisce è ciò che non si vede ma si sente sempre più forte: il battito di Wally, una serie di contrazioni muscolari del grade cuore che, se in media può arrivare a pompare fino a 220 litri di sangue a ogni battito, finiamo per sentire nella nostra cassa toracica, come se, in qualche modo, potesse essere lo stesso.
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