La mostra Malevič nasce in collaborazione con il Museo Russo di Stato di San Pietroburgo e s’inserisce nelle celebrazioni del centenario del suprematismo avviatesi in territorio europeo a partire dal 2013, e che hanno portato l’icona del nuovo modo pittorico in alcuni dei principali musei europei. A cent’anni dall’esposizione The last exhibition of Futurist painting 0.10, tenutasi all’allora Pietrogrado dal dicembre 1915 al gennaio 1916, anche in Italia si celebra il “mito” in una mostra che, non casualmente, è accostata da un progetto educativo dall’eloquente titolo “Tutti pazzi per Malevič”.
A cura di Evgenija Petrova e Giacinto di Pietrantonio, la mostra guida il visitatore lungo le tappe fondamentali della storia artistica di Malevič, includendo opere che (datazioni, retrodatazioni e relativo caos permettendo) dal 1906 arrivano agli anni Trenta staliniani. La grande qualità pittorica si fonde alle esigenze innovative della ricerca suprematista esprimendo l’originalità di un percorso divenuto modello capace di travalicare confini linguistici e stilistici, influenzando le successive generazioni di artisti a livello internazionale.
Strutturata come retrospettiva e organizzata secondo una suddivisione per logica cronologica e tematica, la mostra presenta alcune delle più importanti opere di Malevič, offrendo interessanti confronti con dipinti coevi, esaltando la singolarità della sua arte geometrica. L’allestimento della mostra però rilegge le forme geometriche come moduli, cornici che duplicano e raddoppiano il quadrato nero, simbolo di Malevič per eccellenza, rendendo evidente una determinata scelta curatoriale.
Benché le prime due sale tradiscono le aspettative di un percorso storico, presentando solo due bozzetti originali dei costumi per Vittoria sul sole, accostandoli al video e alle riproduzioni dei costumi realizzati nel 2013 cui seguono altre riproduzioni fotografiche di disegni (!!), la mostra prosegue tra dipinti di grande importanza che esplicitano l’influenza del cubismo, come Mucca e Violino e Composizione con la Gioconda, in confronto con opere di Natalija Gončarova, e antiche icone dalla tradizione russo ortodossa, a ricordare quanto importante sia stato il dialogo e il recupero della cultura per gli artisti dell’avanguardia russa. Segue una breve incursione nel capitolo delle arti decorative, di cui sono presenti bozzetti e tazzine dalle fantasie suprematiste, nella scultura con Arkitekton Gota, e nel progetto espositivo per la Biennale di Venezia del 1924, con Quadrato nero, Croce nera e Cerchio nero.
Di fronte al repertorio artistico del realismo socialista, rappresentato dagli immaginari racchiusi in Corsa di Aleksandr Deineka ed Esercitazioni del Komsomol di Aleksandr Samochvalov, s’impongono invece Cavalleria rossa, Sportivi e Tre figure femminili di Malevič, in cui il recupero della figurazione esula completamente da qualsiasi interesse di tipo politico e propagandistico. Una scelta che influenzò molto la sua vita: accusato di formalismo e costretto a subire la confisca di opere, l’allontanamento dell’ambiente artistico e persino l’arresto, Malevič fu riscoperto solamente nel corso degli anni Sessanta, assieme agli altri artisti “dimenticati” delle avanguardie, per interesse di artisti non conformisti e di collezionisti e studiosi stranieri. Negli ultimi anni della sua vita, Malevič realizzava figure immerse in un clima irreale e in un mondo scandito solo da orizzonti, colori netti e forme geometriche, come in Casa rossa, opere successivamente rilette quali silenti gridi di accusa alla politica sovietica che non permetteva alcuna libertà all’arte.
Alessandra Franetovich
Nella foto in alto: Kazimir MaleviÄŤ Testa di contadino, 1928 ca. Olio su tavola di compensato 71,7 x 53,8 cm Museo di Stato Russo, San Pietroburgo (particolare)
In home page: Kazimir MaleviÄŤ Sportivi, 1930-1931 Olio su tela 142 x 164 cm Museo di Stato Russo, San Pietroburgo (particolare)