Ricomincio con
Duchamp. È al padre del Dadaismo che la Fondazione Proa ha affidato il compito di inaugurare la sua nuova sede nel cuore di La Boca, l’alternativo quartiere affacciato sul porto di Buenos Aires, che in pochi anni è diventato la vetrina dell’arte contemporanea nella capitale argentina. Una città in piena ascesa, inserita dal “Times” fra le dieci capitali più cool da visitare quest’anno, che si prepara a celebrare il bicentenario della nascita della nazione nel 2010.
E non è un caso che nel 1996 Proa sia nata proprio a La Boca, un barrio caratterizzato da una vita sociale intensa ma piena di contraddizioni, dove le proposte di arte contemporanea attirano un pubblico giovane e variegato. “
La Boca appartiene ai suoi abitanti, tra i quali ci sono anche diversi giovani artisti”, spiega Adriana Rosenberg, la dinamica direttrice della fondazione, che viene interamente finanziata dal gruppo italo-argentino Techint. Dopo dodici anni, lo scorso novembre Proa ha riaperto i battenti a seguito di un lungo lavoro di ampliamento, curato dallo studio milanese
Caruso-Torricella, che ha trasformato l’antico edificio dei primi del secolo in uno spazio espositivo polivalente, adeguato ai più avanzati standard internazionali. Sale espositive ampie e spaziose, un nuovo auditorium per conferenze, seminari e convegni, un bookshop specializzato nell’arte contemporanea e, dulcis in fundo, una caffetteria con una terrazza dalla quale si gode una splendida vista sul porto.
Per festeggiare la riapertura, a cinquant’anni dalla morte dell’artista, la giovane studiosa Elena Filipovic ha curato la mostra
Marcel Duchamp: un’opera che non è un’opera d’arte. Ma perché proprio Duchamp? “
Per la riapertura di Proa ho voluto organizzare una retrospettiva di un grande maestro di fama internazionale che fosse però legato a Buenos Aires, dove Duchamp ha vissuto per un anno, dal 1918 al 1919, forse per scappare dalla guerra”, spiega la direttrice. “
Così ho chiesto a Elena Filipovic di riunire le principali opere di Duchamp per ricostruire il suo percorso creativo”.
Grazie all’aiuto di prestigiosi musei come il Moderna Museet di Stoccolma e il Centre Pompidou, oltre a collezionisti privati americani, europei e argentini, Proa ha potuto presentare al pubblico argentino opere fondamentali come
Fontana,
Il Grande Vetro,
Trois stoppages étalon fino a
Etant donné. “
Abbiamo escluso i dipinti proprio per sottolineare l’aspetto concettuale della sua ricerca”, aggiunge la curatrice, “
e abbiamo ricostruito il soggiorno di Duchamp a Buenos Aires, dove l’artista passava giornate intere a giocare a scacchi: un’attività documentata in mostra con la scacchiera che utilizzava per le sue interminabili partite in Argentina”.
Il futuro? Dopo l’antologica di Duchamp (la prima mai realizzata in Sudamerica), Proa ha programmi ambiziosi: una mostra dedicata alla scuola di Düsseldorf, con opere di artisti come
Andreas Gursky,
Thomas Struth,
Thomas Ruff e
Candida Höfer, una collettiva giocata sul confronto tra arte antica e artisti contemporanei che arriva dalla Gamec di Bergamo (TenarisDalmine, società del gruppo Techint, è uno dei principali soci della galleria diretta da Giacinto di Pietrantonio), e infine un’antologica dedicata al futurista
Fortunato Depero, organizzata in collaborazione con il Mart di Rovereto, per celebrare il centenario del Futurismo.
Un’annata quasi tutta italiana, come vuole la tradizione di Proa, che nel passato ha ospitato opere di maestri come
Enzo Cucchi,
Mimmo Paladino,
Sandro Chia,
Mario Merz,
Alighiero Boetti, e che attualmente ospita una selezione di
Books by artist provenienti dalla collezione del Pecci di Prato. N
on c’è da stupirsi, visto che il principale sostenitore della fondazione è la Techint, uno dei maggiori gruppi dell’industria siderurgica a livello mondiale, fondato nel 1945 a Milano da Agostino Rocca e ora diretto da suo nipote Paolo. “
Il nostro gruppo ha interessi sia in Argentina che in Italia con la Dalmine, che sostiene l’attività della Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bergamo”, spiega Paolo Rocca. “
Personalmente amo l’arte ma a differenza dei miei genitori non sono un collezionista. Credo però che un buon imprenditore debba saper guardare al futuro, e sostenere l’innovazione e la sperimentazione portata avanti dagli artisti di oggi. La missione di Proa è contribuire alla crescita culturale dell’Argentina, attraverso un luogo dove presentare le opere degli artisti internazionali più interessanti, da Duchamp ai giovani. Per questo abbiamo voluto che l’ampliamento di Proa mantenesse comunque la memoria del passato, inglobando la facciata del vecchio edificio in una struttura più moderna ed adatta alle esigenze degli artisti e del pubblico”.