L’avevamo intitolata
Riso Amaro quella prima affilata inchiesta. Era l’estate del 2006 e la vicenda di Palazzo Belmonte Riso ne aveva seminata parecchia di amarezza.
È durata a lungo la strana
impasse del Museo dei siciliani, aperto con le migliori intenzioni, gestito senza alcuna coerenza progettuale e con ingiustificata leggerezza, arenatosi infine in una ambigua zona d’ombra: la più grande istituzione siciliana per l’arte contemporanea, voluta e promossa dal Governo locale in sinergia con la Darc e Sensi Contemporanei, dopo diverse false partenze approdava a una misteriosa condizione d’immobilismo, di cui sfuggivano cause, meccanismi e possibili sviluppi.
Così, tra l’indignazione e la dimenticanza, mentre si avvicendavano governi, assessorati e direzioni, il museo si trasformava progressivamente in un “dead man walking”, struttura moribonda e zoppicante votata a un inglorioso smacco. Il vero decollo? Nessuno, ormai, ci credeva più.
Qualcuno però, da dietro le quinte, continuava a lavorare nella giusta direzione, spingendo affinché Riso trovasse quanto prima la dignità istituzionale e la forza progettuale necessarie. Non poche le cose da fare: risanare i protocolli d’intesa con la Darc, ristabilire l’autonomia immotivatamente sottratta, mettere in piedi una collezione, creare uno staff efficiente, dare vita a una programmazione continuativa e di alto livello.
Ne è passata di acqua sotto i ponti da quel rumoroso 2006, apice delle polemiche mediatiche e politiche che colpirono duramente l’istituzione. Fu allora che l’Assessore ai beni culturali Alessandro Pagano passò il testimone all’onorevole Lino Leanza: nei due anni a seguire, a fronte del silenzio imbarazzante che si continuava a registrare, qualcosa prese a muoversi gradatamente. In sordina, la complessa macchina museale cominciava a prendere forma.
Solo nel corso del 2008 la prima fase del progetto Riso, denominata
5eventi, è stata ufficialmente presentata. Nel frattempo, anno dopo anno, diversi giri di poltrone avevano rimescolato le carte: non più la dottoressa Giovanna Cassata alla direzione, ma l’ingegnere Sergio Alessandro; non più Leanza ai Beni Culturali, ma Antonello Antinoro; non più Paolo Falcone e Valentina Bruschi a occuparsi della collezione e delle prime mostre (incarichi sospesi nel 2005), ma una nuova figura – quella di curatore del progetto culturale – affidata un anno e mezzo fa a Renato Quaglia, ex direttore organizzativo della Biennale di Venezia.
È proprio Renato Quaglia, intervistato da Exibart, a chiarire il senso e la direzione di questo “nuovo corso”: “
Tra i nostri principali obbiettivi ci sono la definizione di una rete di partnership regionali e la tessitura di collaborazioni e partecipazioni da parte dei principali attori del sistema dell’arte siciliana. È inoltre necessario strutturare un sistema amministrativo e gestionale adeguato agli obbiettivi del Museo, che preveda anche il completamento dei lavori necessari alla riapertura dell’edificio nel prossimo inverno”.
I cinque progettiVenti nuovi, dunque, per il primo Museo d’arte contemporanea dell’isola, pensato e strutturato come un “museo diffuso”. Eccola, dunque, la prima grande novità del neonato Riso, che abbandona la tradizionale formula museale in favore di un’identità allargata, policentrica. Così, mentre ancora resta chiusa per lavori in corso la sede centrale palermitana – provvisoriamente rimpiazzata dalla vicina Cappella dell’Incoronazione -, altre sedi diventano strategici avamposti del Museo. “
Non è solo aumentando la quantità degli attori che offrono progettualità su un territorio che si migliora la qualità dell’offerta”, spiega Quaglia. “
Anche il mettere in rete l’esistente, cercare di valorizzarlo e rafforzarlo nelle fasi di processo in cui appare debole, sollecitarne la produzione comune e l’intrecciarsi di esperienze e potenzialità, può rappresentare un modo per modificare l’esistente”. Il Museo, a partire da un epicentro simbolico, si sfalda e si irradia in una rete di luoghi, di professionalità, di idee, di specificità geografiche e culturali. Tre i curatori
outdoor per il 2008, designati a partire da alcune importanti esperienze che hanno contribuito a promuovere la cultura del contemporaneo in Sicilia: Salvatore Lacagnina, ex direttore del Museo Civico Montevergini di Siracusa, Ludovico Corrao, presidente della Fondazione Orestiadi di Gibellina, Antonio Presti, ideatore di Fiumara d’arte e dell’Atelier sul Mare di Castel di Tusa. Promossi ed orchestrati dalla grande struttura dinamica di Riso, i tre progetti curatoriali hanno coinvolto energie molteplici, aprendo anche un canale con l’estero. Lacagnina, grazie a un accordo tra Palazzo Riso e la Biennale di Berlino, ha curato le mostre personali della francese
Lili Renaud-Dewar (a Siracusa) e della napoletana
Giulia Piscitelli (a Palermo), entrambe protagoniste di uno scambio di residenze e poi presenti all’importante kermesse tedesca.
A Gibellina si concentrano due grandi progetti, intimamente legati alla storia del luogo. Lo scorso giugno si è aperto il “cantiere della conoscenza”, monitoraggio del
Grande Cretto di
Alberto Burri, realizzato tra il 1985 e il 1989 sulle rovine della cittadina distrutta dal sisma del ’68; l’operazione – curata dal Museo con l’ausilio tecnico della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Palermo – è finalizzata alla sperimentazione di tecniche di intervento sull’opera e all’avvio dei lavori di restauro. Il programma si concluderà con la stesura di un protocollo per la manutenzione programmata dell’opera. L’11 ottobre, intanto, è avvenuto l’atteso taglio del nastro per l’opera
Circle of life (1997) di
Richard Long, realizzata con materiali lapidei provenienti dal territorio e pensata come ideale proseguimento del dialogo tra il
Cretto e la contemporaneità. Ancora in corso invece i lavori all’Hotel Atelier sul Mare di Castel di Tusa, dove Presti presenterà a breve la sala “Doppio Sogno” progettata da
Tobia Ercolino.
E Palermo? A inaugurare la sede istituzionale di Palazzo Riso sarà, il prossimo febbraio, l’esposizione
Sicilia 1968/2008 le opere, i giorni, a cura di Salvatore Lupo, Valentina Bruschi e Sergio Troisi, progetto dedicato alla storia del collezionismo siciliano pubblico e privato. “
Non si tratta di una ricognizione sul collezionismo”, puntualizza Quaglia, “
ma di un percorso che invita a riflettere sulle ragioni del collezionare, sui motivi profondi che ci spingono a cercare un rapporto con l’arte contemporanea”. Un impianto originale, dunque, che non si limita a elencare collezionisti e collezionati, ma che prova a raccontare quarant’anni di storia italiana e siciliana mettendola in relazione con la storia parallela del collezionismo locale: “
La mostra passerà in rassegna, anno dopo anno, alcuni dei fatti più eclatanti che hanno influito sull’emotività del Paese”, ci anticipa Quaglia, “
dall’ingresso del’Italia nello Sme ai grandi omicidi di mafia, dai fatti economici che hanno condizionato ansie e speranze del Paese, a fenomeni di costume che hanno cambiato il nostro gusto e modo di essere. Per ogni evento sarà mostrata un’opera acquistata da un collezionista siciliano”. I nomi? Tra le collezioni private vedremo quelle di Giuseppina Grasso Cannizzo, di Antonio Ardizzone e di Flavio Albanese, tra quelle pubbliche la Galleria Arte Contemporanea di Erice, l’Università di Palermo, la Fondazione Orestiadi e il Comune di Gibellina; ampio il range degli artisti che includerà diversi big, da
Kounellis a
Tadini, da
Boetti a
Calzolari e
Turcato.
Lo sportello per l’arte contemporaneaIl quinto protagonista del 2008, infine, non è propriamente un “evento” ma una struttura, una realtà
in progress interamente dedicata alla giovane arte siciliana. Curato nella sua prima fase da Cristiana Perrella, Sacs – ovvero Sportello per l’Arte Contemporanea in Sicilia – è un archivio, cartaceo e digitale, che raccoglie i materiali di artisti locali selezionati e invitati dal Museo. Consultabile online, l’archivio trova un suo sbocco in attività parallele, che includono visite di curatori internazionali, conferenze, attività di informazione su residenze e concorsi in Italia e all’estero. Il primo team di
guest curator – giunto a Palermo in luglio per incontrare gli artisti e alcuni operatori del settore – era composto da Marina Fokidis, Chus Martinez, Ricardo Nicolau, Ute Meta Bauer. A chiudere il ciclo di visite del 2008 saranno i direttori di tre Biennali, Bige Orer (Istanbul), Xenia Kalpaktsoglou (Atene) e Thierry Raspail (Lione).
E il futuro di Sacs? “
Abbiamo fin qui costruito la struttura di base per promuovere la giovane arte siciliana, sperimentando alcune modalità possibili. Nel 2009 il progetto dovrebbe iniziare a rendere ordinario e continuativo il proprio impegno: sarà questo il vero risultato”. Anticipazioni? “
Speriamo di poter offrire delle Borse di studio”, ci dice Quaglia. “
Per quanto riguarda invece lo staff, non è detto che la Perrella, come tutti i curatori del 2008, venga confermata. Il progetto Riso tende programmaticamente a un’ampissima circolazione di figure ed esperienze”.
La collezioneE se sul fronte giovani il Museo prova a dare una sferzata all’annoso torpore in cui versa l’
art system siciliano, il tasto “collezione” è piuttosto incerto. Un primo nucleo di opere era stato acquistato nel 2006 dietro indicazione degli allora consulenti/curatori Paolo Falcone e Valentina Bruschi; nel pacchetto ci sono maestri internazionali, italiani
mid career ed esponenti delle ultime generazioni: da
Carla Accardi a Richard Long, da
Emilio Isgrò a
Paola Pivi, da
Christian Boltanski a
Luca Vitone, da
Francesco De Grandi a
Domenico Mangano, da
Alessandro Bazan al
Laboratorio Saccardi, da
Croce Taravella a
Francesco Simeti. Della mini-collezione sfuggono un po’ i criteri, mentre chiaramente si coglie l’attenzione per gli artisti locali: museificati, purché siculi. Provincialismo o protezionismo? A oggi le quaranta opere sono ancora stipate nei magazzini, in attesa di essere allestite in uno spazio apposito della nuova sede. Ma chi si occuperà da ora in avanti della politica degli acquisti? “
Stiamo lavorando a una nuova organizzazione del comitato scientifico. Anche in questo caso ci interessa ottenere un coinvolgimento ampio di professionalità che conoscano bene il territorio”. E subito il curatore puntualizza: “
Il comitato scientifico è necessario, certo. Ma potrà essere istituito solo quando il Museo tornerà a essere autonomo”.
La governanceL’autonomia. Questione scottante, di decisiva importanza. Tolta dall’assessore Pagano durante la direzione della dottoressa Cassata, l’autonomia scientifica e gestionale doveva essere reintrodotta dall’assessore Leanza, come da lui stesso più volte promesso. E invece, allo stato attuale, il museo è ancora tecnicamente un ufficio della Regione. Il risultato? Rallentamento nel lavoro di gestione, una burocrazia più macchinosa e una inadeguata condizione di subordinazione sul piano decisionale. Abbiamo chiesto al neo assessore, Antonello Antinoro, una presa di posizione in merito alla fondamentale urgenza: “
Si tratta di una evidente anomalia”, ci risponde lui, “
alla quale si vuole porre rimedio: il Governo sta definendo il piano di riordino di tutta l’Amministrazione regionale, e, in quel disegno di legge, inseriremo anche le misure per allineare l’assetto organizzativo del Museo di Arte Contemporanea alla sua piena funzionalità”. La speranza è che almeno stavolta non siano solo parole.
Le risorseMa quanti soldi ha investito la Regione nel progetto Riso, e quanto ha intenzione di investire ancora? Possiamo credere che le amministrazioni siciliane stiano cominciando a comprendere il valore di una politica culturale incentrata sulla ricerca? L’assessore continua a rassicurarci: “
Nel 2008 per il funzionamento del Museo sono stati stanziati oltre cinquecentomila euro, interamente impegnati. Nella definizione della legge finanziaria 2009 ci impegneremo per mantenere questa somma in bilancio. Altre risorse arriveranno comunque dal POR 2007-2013 e da Sensi Contemporanei”. E non è solo una questione di cifre. I propositi, finalmente, sono giusti: “
La conservazione del patrimonio culturale rimane la priorità della nostra azione. Da molto tempo però in Sicilia, come nel resto d’Italia, a questo obiettivo si affianca la valorizzazione, attraverso attività che mettono i cittadini in condizione di usare le risorse culturali. Da questo punto di vista proprio l’arte contemporanea ha una forte capacità attrattiva per i più giovani e per il pubblico di settore, che è in crescita: ciò porta a costruire percorsi turistico-culturali dedicati, colmando quel vuoto che si è registrato finora da Napoli in giù”. Discorsi scontati? Può essere, ma non per questa terra. Che per molti versi, in fatto di cultura (del contemporaneo e non), è ancora all’anno zero.
Le risorse e le energie, però, sono moltissime. E chi ha raccolto la sfida, scegliendo di fare proprie le emergenze del luogo, ha capito che l’unica strada è quella d’inventarsi formule e modelli nuovi per fronteggiare i vuoti strutturali; un’alfabetizzazione creativa, insomma, è ciò che serve all’isola: “
In un sistema bloccato come quello italiano”, ci dice Quaglia, “
stiamo cercando di immaginare ruoli e responsabilità che si avvicendino e permettano una pluralità di punti di vista. Riso non vuole essere l’ennesimo museo di ‘quel curatore’, ma un fulcro che armonizza, coordina, raccoglie, esprime la ricchezza di un territorio”. Un Museo che inneschi energie, dunque, ma che possa anche riceverne, puntando sulla partecipazione sociale e la risposta del sistema.
In quest’avventura Renato Quaglia s’è buttato a capofitto, spinto anche da una prepotente fascinazione: “
In Sicilia il contemporaneo (non solo nell’arte) assume un valore e un senso più marcati che altrove. Qui il tempo e il sincretismo paiono seguire ritmi diversi che nel resto del Paese, sia rispetto alla memoria sia rispetto al presente e al futuro, che sembrano seguire strade non lineari. Parlando di contemporaneità in Sicilia viene in mente il pensiero laterale di Edward De Bono”. Un pensiero del cambiamento: la base su cui fondare il futuro di Riso, da troppo tempo fermo nel limbo di una prolungata gestazione. Nei miracoli non ci crede nessuno, ma la sfida stavolta riguarda un po’ tutti. Una sfida “diffusa”, proprio come il Museo.