Her name is revolution, il suo nome (di lei, è importante specificarlo) è Rivoluzione. Questo è il titolo del nuovo intervento ideato e curato da CHEAP, realizzato da Rebecca Momoli. L’iniziativa di arte pubblica su poster più nota d’Italia, che trova spazio per le vie di Bologna, potrà essere ammirata fino alla fine del mese di ottobre.
In queste ultime settimane si è tanto parlato della rappresentazione della donna nello spazio pubblico. La dimenticabile statua della Spigolatrice di Sapri ha rinnovato l’attenzione su una questione non da poco: perché le donne nella dimensione pubblica devono sempre apparire in forme languide e stereotipate? Perché i loro corpi sono plasmati per compiacere il male gaze? All’amarezza della polemica, CHEAP risponde con i fatti, rendendo i corpi delle donne statement politici.
CHEAP è un progetto che promuove l’arte pubblica come strumento per indagare tematiche contemporanee, e stimolare una conversazione nello spazio urbano. Seguiamo con attenzione le loro iniziative, che vantano collaborazioni con Il Campo Innocente, il fotoreporter Michele Lapini, il designer Marco Petrucci aka Testimanifesti. Stavolta il collettivo ha coinvolto una giovane artista, Rebecca Momoli, invitandola ad affrontare il tema della maternità contemporanea a partire dai corpi, dai desideri e dai conflitti.
Momoli è una giovane artista visiva e poetessa che attualmente vive e lavora a Milano. Il suo lavoro abbraccia le pratiche del femminismo, denunciando le disuguaglianze di genere, le violenze verso le soggettività femminili e la necessità di rivendicare e liberare tali corpi soffocati e rimossi. La sua pratica artistica è dunque strettamente interconnessa all’attivismo e il suo immaginario è definito da contrapposizioni potenti che coesistono e rafforzano l’urgenza politica dei suoi messaggi. Potete seguire il suo lavoro sul suo profilo Instagram, qui.
«Abbiamo scelto di lavorare con una giovane artista di 21 anni perché riteniamo necessario confrontarci con la nuova generazione di donne», commentano da CHEAP. «Come curatrici, sentiamo la responsabilità di aprire spazi a soggetti finora estromessi dall’arte pubblica, dando voce a narrazioni contro-egemoniche, cortocircuitando i paradigmi della rappresentazione visiva e culturale, turbando il canone legato ai corpi. Lo stesso canone che proprio in questi giorni ha prodotto la legittimamente criticata statua della Spigolatrice: quel nudo che erotizza il corpo femminile a partire dal male gaze è evidentemente in contrasto col nudo dei poster di HER name is revolution, un nudo che impone un corpo politico».
Ci sono temi che richiedono di essere affrontati con estrema urgenza, per quanto riguarda il corpo delle donne: l’autodeterminazione, la libera scelta, la maternità, la sorellanza, per citarne alcuni. Rebecca Momoli raccoglie queste suggestioni e le trasforma in statement che scrive sul corpo di alcune donne, fotografandole. Gli scatti sono stati realizzati dall’artista durante uno shooting al quale hanno partecipato donne, attiviste, artiste e persone da anni vicine all’esperienza di CHEAP. Il risultato è una suggestiva galleria di corpi che si fanno manifesto di potenti messaggi politici, fondamentali per la dignità e la libertà delle donne.
Cheap ha interpellato l’artista per sviluppare il tema della scelta e dell’autodeterminazione (My Body My Choice, My Gender My Rule, per citare alcuni dei motti). Il tema della maternità torna nell’invito di crescita e formazione di nuove generazioni consapevoli della lotta transfemminista (Raise Rebellious Girls). Vengono anche inquadrate prospettive al di là della maternità, come la sorellanza (Sisterhood is a collective superpower, che ricalca uno slogan della newsletter analogica di inizio Novecento della sex educator Margaret Sanger).
Il corpo non come soggetto assoluto, astratto, ma in rapporto con lo spazio che lo ospita, senza subirlo passivamente (Dove la patria esclude la Matria accoglie; Nessuna Patria Unica Matria; In un mondo che ci vuole piccole rivendicare spazio è un atto rivoluzionario). Anche Barbara Kruger è chiamata in causa, rievocando una delle citazioni più note dell’artista: Our body is still a battleground. Il nostro corpo è – ancora, dopo 32 anni dalla realizzazione del celebre poster di Kruger – un campo di battaglia.
Nella notte tra il 30 settembre e il 1 ottobre, attiviste, operatrici culturali, artiste e la crew di fiancheggiatrici di CHEAP si è adoperata per dare vita all’installazione urbana diffusa, affiggendo i poster per le strade di Bologna. Con loro, c’erano anche alcun dellз protagonistз dello shooting, e Rebecca Momoli in persona.
«L’installazione partecipata in strada è stato un momento centrale del progetto: per noi è molto di più di un’azione funzionale. Venti donne che affiggono manifesti in città, di notte, praticando un conflitto sul piano del simbolico nello spazio pubblico, venti donne che prendendo parola e rivendicano i propri corpi e l’autodeterminazione su di essi: queste venti donne sono già una dichiarazione politica, sono già un gesto performativo in grado di trasformare la città», commentano da CHEAP.
Ogni momento del progetto, anche gli aspetti più pratici come l’affissione dei manifesti, è ricco di significato, traducendo in concreto gli slogan dell’iniziativa. Potete guardare il video dell’affissione qui.
Ironia della sorte: la fruizione più tradizionale dell’iniziativa, passeggiando per Bologna, paradossalmente risulta più semplice di quella digitale, dove spesso e volentieri i social network censurano i poster di CHEAP, per la presenza di nudità femminili. D’altronde abbiamo ricordato che il nostro corpo è un campo di battaglia, e un capezzolo femminile è ancora la pietra dello scandalo per Facebook & co. Noi sfidiamo la sorte, e vi proponiamo una gallery degli scatti dell’installazione urbana diffusa, con le fotografie di Margherita Caprilli.
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