Se c’è una logica, celata oltre il velo della casualità e dell’indeterminatezza, allora la si deve cercare nella natura, intesa tanto come spazio di disposizione armonica di elementi, che come atteggiamento aperto a una conoscenza sfuggente, tra sensazioni, intuizioni, suggestioni. “L’ordine nascosto” si può trovare anche in un giardino privato di Roma, situato all’interno del Parco Archeologico di Veio. Qui, all’ombra delle vestigia dell’antica città etrusca, sono tutte da scoprire le opere di undici artisti, invitati dalla curatrice Francesca Romana de Paolis a misurarsi con il topos del luogo ameno per eccellenza, il giardino appunto, quello che in greco si chiamava “paradeisos”, a sua volta voce di origine iranica. Così, in occasione della mostra “L’ordine nascosto”, si intersecano le sculture e le installazioni di Yo Akao, Sergio Baldassini, Antonio Barbieri, Alberto Emiliano Durante, Emanuele Giannetti, Chiara Lecca, Giulia Manfredi, Alice Padovani, Fausto Roma, Silvia Scaringella e Ludovico Tersigni.
«Quando in arte ci si misura con macro-tematiche eterne come la natura, il paesaggio, l’umano il rischio è sempre quello di cadere nel banale o peggio nella più stucchevole e infruttuosa distopia», ci ha raccontato Francesca Romana de Paolis. «Un pittore amico, con anni di esperienza alle spalle, mi ha detto di recente che rispetto ad alcuni decenni fa oggi, in ambito artistico, è tutto più amaro, si cura la catastrofe. Di certo i segnali che arrivano non sembrano incoraggianti. Penso ai cambiamenti climatici, alla nostra Romagna, agli attacchi degli ambientalisti. Eppure gli artisti coinvolti in questa mostra danno della natura una chiave ancora sorprendente, per nulla acre: si va dal concettuale all’ancestrale, dal fortemente simbolico e spirituale al lunare e al futuribile, senza mai toccare il disfacimento», ha continuato la curatrice della mostra, ricordando come «L’anno scorso al MAXXI BVLGARI PRIZE Bartolomeo Pietromarchi ha detto che gli artisti sono sismografi, ci offrono la giusta prospettiva per guardare la realtà. Se consideriamo questo direi che, a fronte delle minacce dell’intelligenza artificiale fuori controllo e del post-umano ormai sulla bocca di tutti, c’è un messaggio di speranza che l’arte ci offre quanto alla natura che ci accoglie, ed è un messaggio che occorre far risuonare, al quale tutti potentemente dobbiamo dare spazio».
Il giardino del Consorzio La Giacinta, di proprietà degli artisti Alberto Emiliano Durante e Giulia Manfredi, diventa così luogo di analisi dei sottolivelli della coscienza, tensione ontica verso le radici. Perché, come scriveva lo psicanalista e filosofo Jacques Lacan, se «L’inconscio è strutturato come un linguaggio», allora la sfida è captarne la logica latente rispetto a quell’altra regola che emerge sulla superficie della coscienza.
Il pubblico viene dunque guidato attraverso un itinerario di scoperta in cui ogni lavoro è situato in un punto preciso, secondo il disegno della Spirale Aurea, rappresentazione eterna di perfezione ed equilibrio tra le parti. L’invito è quello di varcare la soglia del “giardino dell’inconscio” per cercare dove si nascondono, tra prospettive inedite e richiami al mito, alle filosofie orientali, al mondo animale e vegetale, i molteplici aspetti dell’interiorità.
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