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30
settembre 2012
La storia salvata dall’arte
Progetti e iniziative
L’operazione che Anselm Kiefer fa con la sua ultima mostra alla galleria Lia Rumma di Milano è, come sempre, una sontuosa e immaginifica narrazione metastorica. Che parte dalla celebrazione della Mezzaluna fertile, l’attuale Iraq, e pesca dalla mitologia fino ad arrivare alla Genesi. Una potente reinvenzione del passato, perché - sostiene Kiefer - «la storia è in mano agli artisti. E quando tutto sarà finito, l’arte continuerà»
Anselm Kiefer, epico, apocalittico, scultore della Genesi della civiltà, esponente del Neo espressionismo tedesco che supera il duchampismo contemporaneo, a Milano si presenta nella galleria –museo di Lia Rumma con la mostra che dialoga con la storia e la memoria “Der fruchtbare Halbmond/ La Mezzaluna fertile”, distribuita su tre piani ed emozionante da togliere il fiato. Arrivati sulla terrazza e quindi più vicini al cielo, si ha l’impressione di aver viaggiato a ritroso nel tempo e nella storia in una terra fertilissima nominata Mesopotamia che, in greco antico, significa “tra due fiumi”: il Tigri e l’Eufrate. In questo altopiano che attualmente comprende l’Iraq e parte della Siria orientale, la Turchia sudorientale e l’Iran sudoccidentale, fiorirono i regni dei Sumeri, Babilonesi, Assiri e Persiani. La Mesopotamia, lo dimentichiamo spesso, è la culla della cultura occidentale prima della Grecia e di Roma.
A Milano l’artista è venerato per l’opera Sette Palazzi Celesti, dal 2004 ospitata all’Hangar Bicocca, che trasuda pathos drammatico nelle sue torri icone della catastrofe, della fine dell’umanità con rovine di città grandiose ridotte a macerie. Kiefer ha dichiarato: «Che cos’è la storia? La storia non esiste in modo obiettivo. È puramente soggettiva. È nelle mani degli artisti, come lo era nelle mani di Dio nella Genesi. È ciò cui, innanzitutto, si deve dare forma. Che cosa fa l’artista? Disegna connessioni. Tesse l’invisibile trama tra le cose. Si tuffa nella storia, sia essa la storia del genere umano, la storia geologica del pianeta o l’inizio e la fine dell’universo conosciuto. Per la scienza o la politica l’arte non ha un uso tangibile; eppure, senza l’arte non c’è nulla. Che siamo indifferenti al lavoro degli artisti, o che le parole del poeta rimangono non lette, sappiamo che quando tutto sarà finito, l’arte continuerà». Attenzione a queste parole, perché sono la chiave di lettura della mostra.
Il sodalizio tra Lia Rumma e Kiefer (1945) dura da vent’anni e per festeggiare la felice collaborazione, nella galleria – tempio dell’arte internazionale, dove espongono solo artisti “vip” – non poteva non esserci una mostra maestosa di grande impatto scenografico.
Al piano terra dà il benvenuto l’installazione Bavel Balal Mabul, composta da una mastodontica macchina tipografica che erutta lingue-rotoli di piombo che si espandono nello spazio in ogni direzione, simili a rullini fotografici con fotogrammi in bianco e nero. Intorno, sulle pareti bianco-cangiante pendono monumentali lastre-velari sottili in piombo, su cui sono impresse immagini di templi ossidate con un trattamento elettrolitico che nel tempo assumono nuovi toni e sfumature, che evocano alcuni degli episodi chiave della Genesi come la Torre di Babele, simbolo della confusione delle lingue, il diluvio, diverse associazioni storiche sintetizzate nel titolo della scultura. Giunti al primo piano, già travolti dall’epica della storia e totalmente immersi in questo immaginifico dialogo con la memoria, vi accoglie un solo grande quadro-scultura lungo sei metri, composto da diversi pigmenti, che evoca un paesaggio argilloso, com’è la terra della Mesopotamia fertile. Come l’Egitto sorto lungo il Nilo.
Al secondo piano fanno capolino i lavori della nuova serie The shape of ancient thought che tessono relazioni, associazioni, affinità tra la filosofia greca presocratica e la sapienza indù, che materializzano l’utopia dell’artista tedesco di “disegnare connessioni” e di tessere “l’invisibile trama delle cose”. Salite al terzo piano e lo stesso lessico alchemico carico di simboli e intriso di filosofia e mitologia lo ritroverete nel dipinto Il mistero delle cattedrali, con cui l’artista rende omaggio alla figura di Fulcanelli, autore nel 1926 di un testo chiave della Grande Opera. Kiefer con questa mostra, rifugge dalla quotidianità, travalica il presente, si interroga sulle origini della civiltà, sfida la memoria, travalica la storia e si rifugia nel mito.
Dichiara l’artista: «Diversamente dalla scienza, la mitologia ci dà una visione del reale onnicomprensivo, che abbraccia tutto, pur se in modo cifrato. La sua lingua deve essere sempre di nuovo interpretata». Questa mostra epica attinge da figure e leggende della Bibbia e si mescola con altri alfabeti di diverse culture per mettere in scena un’archeologia immaginifica sublimata, in cui passato e presente si annullano in un paesaggio solenne. Dentro a scorci di un’apocalisse astorica si fondono scenari fangosi, tra reliquie e vestigia. L’artista da sempre accentua il valore scultoreo della pittura ed è contemporaneo perché è artefice di opere che vivono incessantemente i ritmi sche reggono la storia. È un esposizione imperdibile: qui si celebra la memoria dell’umanità, così straripante di simboli, icone che comprende la nascita e la morte di grandi imperi edificati da uomini che costruiscono templi e città destinati a trasformarsi in rovine polverizzate dal Tempo. «Quando tutto sarà finito, l’arte continuerà», dice Kiefer. E la memoria, ha scritto Walter Benijamin, «è la facoltà epica per eccellenza».