A vederla così, fresca di restauro, quasi non si riconosce. Non perché ci siano stati cambiamenti radicali, ma perché è mutata l’atmosfera, tutt’intorno. E l’atmosfera, si sa, è cosa parecchio palpabile.
Chi conosce Villa Torlonia e dintorni –ad esempio la dirimpettaia Villa Paganini, lungo Via Nomentana– ricorda bene il degrado e l’abbandono in cui versavano fino a non troppi anni fa: il risultato del recupero condotto nell’ultimo periodo ha donato nuova vita ad entrambi i luoghi.
Verde pubblico, sì, ma non solo, Villa Torlonia rappresenta un caso esemplare: già sede di un museo dedicato alla vetrata artistica, all’interno dell’edificio-scrigno della Casina delle Civette, a lavori conclusi ospiterà –come già annunciato- un altro spazio museale, dedicato ai pittori della Scuola Romana (Mafai, Scipione e compagni), quest’ultimo allestito proprio in quel Casino Nobile che fu residenza di Benito Mussolini, negli anni del Ventennio.
La storia della villa s’intreccia fin dalle origini con quella della Città Eterna: vigna fuori porta acquistata da Giovanni Torlonia quando nel 1797 aveva appena ottenuto il titolo di marchese, la villa rappresenta uno degli ultimi esempi di grande committenza, qualcosa che imita, nella grandezza degli intenti, progetti rinascimentali del calibro della Farnesina di Agostino Chigi.
Il primo incarico per la sistemazione degli edifici e dl giardino è affidato a Giuseppe Valadier, ma i lavori continueranno –con alterne vicende e vari protagonisti- anche dopo la morte di Giovanni Torlonia: la villa rappresenta una sorta di status symbol, come tale necessita di continue migliorie ed ampliamenti.
Ceduta come residenza a Mussolini nel 1925, resterà tale fino al 1943. Poi tra il ’44 e ’47 è occupata dal comando anglo-americano di stanza a Roma. Solo nel 1978 verrà acquistata dal Comune e successivamente aperta al pubblico: ma il declino è evidente, gli edifici sono pericolanti, letteralmente cadono a pezzi, lo stato di abbandono è increscioso, finché negli anni novanta s’avviano le operazioni di restauro, studio e ricostruzione.
Così sono stati recuperati e restituiti al pubblico la Casina delle Civette (semidistrutta da un incendio nel 1991), il Villino Rosso, i manufatti dei Propilei, le Scuderie Nuove e il Casino dei Principi, dove è stata ritrovata una stanza ipogea, decorata –seguendo il gusto eclettico ottocentesco– come fosse una tomba etrusca.
Buon ultimo arriva il restauro del cosiddetto Casino Nobile, destinato a diventare museo della villa e ad ospitare, all’ultimo piano, un allestimento permanente di opere di artisti della Scuola Romana, curato dall’Archivio della Scuola Romana che ha sede storica a via del Babuino; un ricco fondo documentario cartaceo, troverà invece ospitalità nella stanza sotterranea scoperta nel vicino Casino dei Principi. Intanto sono stati ripristinati anche il Villino Medievale e la Limonaia, rispettivamente adibiti a mediateca e a caffetteria ristorante. Come dire che la strada da luogo di delizie principesco a spazio museale, richiede pure qualche compromesso.
Se ne parlava da molto, di fare di Villa Torlonia una sorta di museo diffuso nel verde, ma adesso i tempi sembrano essersi fatti serrati: al piano terreno del Casino Nobile tornerà la collezione dei vecchi padroni di casa, marmi antichi di spoglio, gessi –tra cui alcuni rilievi realizzati da Antonio Canova– e arredi d’epoca; mentre fotografie, piante, documenti e filmati racconteranno la storia della proprietà, da residenza patrizia fino ai giorni nostri.
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