L’ANTIRESIDENZA CHE FA L’ARTE

di - 15 Settembre 2015
Guilmi è un paese di circa 400 abitanti arroccato su una collina della provincia abruzzese: qui da otto anni Federico Bacci e Lucia Giardino ospitano nella loro casa un progetto di residenze per artisti che prende il nome di Guilmi Art Project (GAP). In un momento in cui ci si interroga sulla proliferazione delle residenze, sull’effettiva ricaduta di una pratica di fatto abusata, GAP sembra costituire un esempio “eretico” e vitale, che pur nel respiro ridotto del contesto paesano, riesce a attribuire un senso nuovo all’idea di valore sociale attribuibile all’arte.
Il progetto è “diviso” in due livelli, uno prettamente socio-politico e l’altro artistico-esperienziale: si lavora infatti su un territorio e con una popolazione non solo completamente avulsa dal panorama artistico contemporaneo, ma anche afflitta da una serie di problemi endemici che riguardano la provincia italiana, soprattutto centro-meridionale: spopolamento, migrazione, assenza di lavoro. GAP si compone di varie fasi di sopralluoghi e ricognizioni sul territorio da parte dell’artista ospite, ma è con la residenza estiva, la produzione dell’opera e la sua presentazione, che si ha l’acme del progetto. L’innesto delle energie artistiche, pur circoscritto ad un solo momento dell’anno, permette di ampliare lo sguardo verso potenzialità e conoscenze inedite e di investire la realtà del paese con stimoli e suggestioni plurali. A questo fine partecipa il progetto di Nuova Didattica Popolare tenuto, a partire dal 2013, dal critico e curatore Pietro Gaglianò: una serie di lezioni sull’arte contemporanea condotte in piazza, a cui la cittadinanza è chiamata a prendere parte in una modalità aperta al dialogo e all’interazione. La Nuova Didattica Popolare si propone di avvicinare i partecipanti ad un lessico artistico trasversale, composto da lavori più o meno noti e appartenenti discipline artistiche eterogenee, ma capace sempre di costituire un ulteriore strumento di lettura del reale per tutti i guilmesi che vi prendono parte.

Pur arricchito negli anni da workshop e ulteriori eventi paralleli, il lavoro dell’artista in residenza rimane tuttavia il perno centrale del progetto GAP: questo è teso ad un coinvolgimento consapevole dei cittadini che prescinde il lato, pur funzionale e attrattivo per una cittadina di pochi abitanti, della convivialità. La scelta diretta degli artisti in residenza dimostra un lavoro curatoriale non neutro, svolto in base a scelte dettate dall’empatia, dalla pregnanza del lavoro, ma anche e soprattutto da una scommessa sulla capacità di interazione dell’artista col contesto in cui si troverà ad operare.
Negli anni si sono succedute operazioni profondamente eterogenee, riletture della storia del paese ma anche interventi in locu apparentemente disgiunti dalla specificità del contesto abruzzese: dall’indagine formale di Fabrizio Prevedello, che ha coinvolto la torre dell’acqua di Guilmi in un’installazione che riflette sulla mutazione degli elementi e sulla temporalità come agente attivo di cambiamento (Solido alle intemperie, 2013) a quella sui sistemi naturali di Nicola Toffolini, che per GAP 2011 ha rovesciato la sua usuale relazione con la natura, entrando in una connessione più esplicita con l’ambiente (Offesa della natura, 2011). In Guilmi Art Project lo scambio è di fatto biunivoco: non solo si vuole che una comunità totalmente estranea all’arte entri in relazione con essa, ma è anche l’artista a ripensare le proprie modalità lavorative, i propri schemi di riflessione, attraverso una pratica profondamente relazionale e cooperativa.

Il progetto di Elena Mazzi (Reggio Emilia, 1984) proposto per GAP 2015, Avanzi, ha visto l’artista emiliana procedere con la sua consueta modalità di pensiero ed elaborazione – il territorio inteso come oggetto specifico di intervento, l’idea di crisi come elemento di trasformazione fattiva –  arricchita mediante un’inedita riflessione antropologica, che ha preso avvio da narrazioni di guilmesi e storie abruzzesi di folclore. Questi racconti, miti, leggende, credenze popolari, sono reinterpretati da Mazzi a livello linguistico prima e successivamente fotografico, con l’intento di connettere la storia passata ad una sua possibile visione attuale, grazie a una mediazione che solo apparentemente costituisce una manipolazione. I tableaux fotografici – articolate messe in scena o semplici dettagli architettonici –  realizzati con la collaborazione del fotografo Andras Calamandrei ed esposti all’interno di un furgone in processione per il paese, rappresentano quegli “avanzi” di tradizione che Mazzi offre e mette in relazione con una storia presente e in divenire, che del passato si nutre e da questo è definita. La particolarità del lavoro dell’artista emiliana è quella coniugare elementi apparentemente dissonanti, arricchendoli di un senso nuovo: dalla Biennale di Istanbul a cui Mazzi sta prendendo parte in questi giorni con il sostegno della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, al piccolo borgo abruzzese di Guilmi, l’artista opera con i luoghi e il loro vissuto, attraversandoli con attenzione e cura, rielaborando tradizione e contemporaneità in un modo mai ovvio o scontato.
Elena Magini

Curatrice e coordinatrice del dipartimento di ricerca e public program del Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci. Ha lavorato per numerose realtà pubbliche e private dedicate al contemporaneo, tra cui EX3 Centro per l’Arte Contemporanea, CCC Strozzina - Palazzo Strozzi, Galleria dell’Accademia, MAN Museo e collabora regolarmente con riviste di settore.

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