Ă lassĂš, sui tetti dello storico lanificio, che sventolano centotrentacinque drappi di tessuto velico realizzati da
Daniel Buren nel corso del 2007. La tavolozza abbraccia sette tonalitĂ , dal verde allâazzurro, che con il movimento assumono un colore unico, variabile in base alle condizioni climatiche.
Entra in punta di piedi nel panorama della cittadina piemontese questo nuovo progetto voluto dallâistituzione non profit della famiglia Zegna, finalizzato al coinvolgimento dellâintera popolazione di Trivero in un incontro ravvicinato con lâarte contemporanea.
AllâAperto avrĂ cadenza annuale: il prossimo artista invitato è
Alberto Garutti.
Del resto, a partire dagli anni â30, lo stesso Ermenegildo Zegna -è lui che fondava la ditta nel 1910- dava vita a una serie di iniziative per migliorare la qualitĂ della vita dei concittadini, in gran parte dipendenti dellâazienda. â
A disegnare la Conca dei Rododendri è stato chiamato uno dei massimi architetti italiani del paesaggio, Piero Porcinaiâ, spiegano allâunisono i curatori Andrea Zegna e Barbara Casavecchia.
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Oggi da Trivero parte unâoasi protetta che si estende per cento chilometri. Il risultato di questi interventi è un modo diverso di fruire lâambiente, per tutti. Noi vorremmo proseguire sugli stessi binari, dischiudendo nuovi modi di vedere e, quindi, di vivere questâarea, senza creare lâennesimo parco della scultura, ma piuttosto sviluppando degli interventi dallâimpatto ridotto, focalizzati sul concetto di visibilitĂ e percezione, che spingano gli spettatori a intraprendere delle âesplorazioniâ individualiâ.
La scelta dello stabilimento per questa prima installazione permanente risveglia la memoria storica: â
Ă da qui che il nonno iniziò lâattivitĂ con i suoi otto telaiâ, ricorda Andrea Zegna. Pur non essendo accessibile, la copertura dĂ visibilitĂ anche in lontananza allâopera che, grazie alle componente cromatica e alla specifica tecnica (ogni bandiera è realizzata in resistente fibra sintetica e svetta su unâasta dâacciaio alta sei metri, zavorrata da un cassone metallico riempito di sabbia), si manifesta come â
nota di colore in movimentoâ.
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Chi meglio di Buren, che ha fatto del site specific la chiave di tutto il proprio lavoro, per iniziare?â, si domanda Barbara Casavecchia. â
Lâartista utilizza le bandiere da sempre, perchĂŠ sono un supporto duttile per il suo âoutil visuelâ -a bande bianche da 8,7 cm- fatto per stare sotto gli occhi di tutti, fin da quando nel â73 fece proseguire la sua mostra alla John Weber Gallery di New York fuori dalla finestra, stendendo un âponteâ di 19 tele sopra alla stradaâ.
Se in altri contesti lâintervento del francese può assumere specifiche valenze simboliche -al Cassero di Poggibonsi, ad esempio, le bandiere neutralizzano la carica bellica propria dellâarchitettura militare, trasformandola in un saluto di pace- a Trivero, lo scopo è puramente artistico.
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Penso che le bandiere siano un buon modo per utilizzare un materiale molto interessante, trasparente, mobile, come la telaâ, afferma lo stesso Buren, â
che gioca col colore. E visto che sono collocate allâesterno, perchĂŠ la bandiera è pensata per stare allâaperto, giocano anche con la luce del sole, il cielo, la pioggia, le nubi⌠Contrariamente a un quadro appeso al muro di un museo, sempre uguale, questi lavori continuano a cambiare, da un giorno allâaltro e da una stagione allâaltraâ.