02 settembre 2013

L’artista e il Grande Fratello

 
Nell’arte riaffiora, periodicamente, l’ossessione da Big Brother. Dove è l’artista che decide di farsi scrutare da un occhio meccanico. E magari mette anche in vendita la sua vita in video, 24 ore su 24. L’ultimo caso è a Berlino, con Wolfgang Ploeger. Perché un anno e mezzo fa ha messo in livestreaming il suo studio? Forse si capirà con l’apertura della sua mostra il prossimo 20 settembre. Nel frattempo tutte le ipotesi sono aperte

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Cosa avrà spinto Wolfgang Ploeger a mettere in video streaming il suo studio di Berlino? Lo avrà fatto per sfatare una volta per tutte il mito dello “studio d’artista”? Per soddisfare il voyeurismo del pubblico? O per analizzare in corso d’opera le connessioni tra i processi in studio e la mostra? 
Forse non lo sapremo mai almeno fino al giorno dell’inaugurazione della sua prossima personale alla galleria Konrad Fischer.
Se si cercano informazioni oppure un comunicato stampa riguardo la sua mostra sul sito della galleria berlinese ci si imbatte in un link (http://studio-livestream.no-ip.org/live.asp?r=20121005), dove viene trasmesso in live streaming ciò che accade nel suo studio. Forse restando sintonizzati potremmo avere informazioni e argomenti utili, ma questo non lo sappiamo con certezza. Un forte mistero, e quindi tanta curiosità, nascono intorno al suo lavoro e indubbiamente intorno alla sua persona. “by any means necessary”  (Con ogni mezzo necessario) è il titolo della mostra che inaugurerà il prossimo 20 Settembre alla galleria Konrad Fischer di Berlino: unica cosa certa che sappiamo per ora.

Non  molto tempo fa, esattamente nel 2009, un collezionista australiano sui generis, David Walsh, comprò un’opera singolare da Christian Boltanski. L’opera non era nient’altro che la possibilità per il collezionista di installare tre videocamere nello studio dell’artista e riprendere tutto ciò che accade all’interno notte e giorno, vita natural durante! Il live video viene trasmesso in una specie di grotta in Tanzania dove Walsh possiede una fondazione e vorrebbe creare un museo d’arte contemporanea. In un’intervista rilasciata a Flash Art l’anno dopo, Boltanski affermava: «Lui conserva tutti i DVD, e presto, se non morirò, ne avrà molti. Li può guardare, ma finché sono vivo non può tornare indietro, mentre quando sarò morto potrà fare ciò che vuole, la mia vita gli apparterrà. Ciò che per me è divertente è che quest’uomo è un giocatore professionista: ha guadagnato un patrimonio esorbitante giocando d’azzardo. Il pagamento è come un vitalizio: lui mi paga tutti i mesi una somma, fino alla mia morte. Tra otto anni deve sborsare la somma che mi deve. Se muoio entro otto anni fa un buon affare, se muoio tra dieci fa un cattivo affare».
Sembra veramente un “patto con il diavolo” una macabra scommessa, ma dietro tutto ciò c’è il genio di Boltanski e la sua capacità di servirsi dei più attuali mezzi per esprimere la personale visione su temi a lui sempre molto vicini come la vita e la morte.
Guardando l’artista tedesco al lavoro nel suo studio, potrebbe venirci in mente anche il romanzo di George Orwell e il suo famosissimo personaggio: “The Big Brother”. Allora lo studio berlinese di Ploeger sarebbe sorvegliato 24 ore su 24, così come la realizzazione del suo lavoro, dal capo assoluto del Partito Socialista che governa Oceania, lo Stato immaginato da Orwell. Nel romanzo la descrizione fisica del dittatore ha delle fortissime assonanze con Stalin e il dubbio che The Big Brother sia immaginario o costruito a tavolino dal Partito rimarrà fino all’ultima pagina senza una risposta.
La mostra potrebbe quindi trattare i temi della paura inflitta da una pesante sorveglianza che ha generato un cambiamento radicale e subdolo nella visione della società per il popolo tedesco.

Ma questa è solo una supposizione, l’artista potrebbe fare perno sul programma televisivo inventato da John de Mol di Hilversum, in Olanda, che prende ispirazione dal romanzo di Orwell ed inventa il format più seguito della storia della TV: il Grande Fratello. Un successo stratosferico, che verrà acquistato e trasmesso da un numero sempre crescente di  Paesi nel mondo. La scelta del nome rispetto al reale significato che ne ha voluto dare invece lo scrittore, è del tutto impropria. Zygmut Bauman nel saggio La società sotto assedio, suggerisce un titolo più appropriato, “il nuovo grande fratello”, sottolineando un nuovo concetto di sguardo e sorveglianza dato dall’avidità e dal bisogno sociale di immedesimazione e informazione. C’è un grande divario che separa l’attuale generazione (con le sue paure) dalle paure che affliggevano la generazione contemporanea di Orwell.
L’individuo teme di non esistere se non è visibile, ma in questo essere costantemente connessi è come se la storia si riducesse ad un presente eterno e tutto ruotasse intorno all’asse del proprio io personale e della propria vita. Quasi sempre il controllo sulla vita però non è altro che il modo in cui la storia della vita viene raccontata, che è ben diverso dal modo in cui la vita viene vissuta.
Bauman dice: «Il modo in cui si vive diventa la soluzione biografica a contraddizioni sistemiche, piuttosto questo è quello che si dice e che si fa credere agli sventurati individui. […] Forse oggi mai come in passato, l’individuo è succube del gioco delle forze di mercato, un gioco di cui non è assolutamente conscio e che tanto meno riesce a capire e prevedere, ma dovrà pagare per le sue decisioni prese (o non prese) individualmente».

Ma se è l’artista stesso, come in questo caso, ad innescare il meccanismo e a volere tutto ciò? Allora forse l’essere continuamente visibile diventa un ulteriore strumento per poter esprimere il proprio lavoro, uno dei tanti mezzi possibili per poterlo fare? (by any means necessary)
D’altronde, non è la prima volta che Wolfgang Ploeger si serve dei mezzi di comunicazione e dell’informazione globalizzata del web per realizzare i suoi lavori. Penso alla raccolta di immagini prese da google dei ritratti di condannati, un momento prima della loro morte, sezionate e ricostruite; oppure alle tracce delle loro ultime volontà pubblicate sul web trascritte poi su pellicole 16mm, o pellicole di film Super8, e successivamente avvolte ai tubi bianchi dei neon sui quali si rendono visibili. 
Ed ora egli stesso, come un carcerato condannato a morte, vive il suo lavoro di artista continuamente sorvegliato dagli occhi della “società dell’arte”. Precisamente ci racconta Ploeger, questa telecamera l’ha installata un anno e mezzo fa, su livestream, e da allora il suo studio e tutto ciò che vi accade all’interno, è visibile online entrando nel suo sito web (www.wolfgang-ploeger.com). In occasione della prossima personale, il livestream è stato inserito direttamente anche nel sito della galleria Konrad Fischer di Berlino.

1 commento

  1. è anche un mostrarsi ed un osservare gli altri,ma è anche un modo consapevole di vendere la propria immagine-vita quotidiana….un mondo dove tutti vogliono sapere tutto di tutti è anche curiosità infantile ma sopratutto è anche un assoggettersi volontariamente alla ideologia paranoica del controllo totale sul mondo,da parte degli stati più potenti (u.s.a.-inghilterra) (c.i.a. servizi segreti in genere,spionaggio industriale ecc.) è come sè (sindrome di stoccolma) il prigioniero mettesse in atto imitando,l’agire del suo carceriere.questa non è arte,ma solo lo svelarsi di una malattia dello spirito-psiche contemporaneo-a dell’essere umano.

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