Abbandonata la mappa, ho provato a perdermi tra le strade di Little Cairo, per conoscerla meglio. Niente vicoli intricati: quella che percorro è una via ampia, con caffé, tavolini all’aperto per fumare narghilè, ristoranti, negozi di abbigliamento ed elettronica, take away e piccoli empori traboccanti di merce. Le insegne in arabo scandiscono una monotona teoria di edifici anni Sessanta dove il traffico scorre incessante, ritmato da autobus rossi a due piani.
Tranquilli! Se questa ultima immagine vi sembra straniante, non siete i soli ad esser colti di sorpresa. La stessa reazione l’hanno avuta i passanti che a Il Cairo si sono fermati davanti alle vetrine di Townhouse Gallery ad osservare i video di Susan Hefuna, convinti che quella fosse la loro città: Edgware Road @ Il Cairo 2010/1431 riflette sull’immagine stereotipata di Edgware Road, nota anche come Little Cairo o Little Beirut, una delle più antiche aree di insediamento delle comunità arabe e nord-africane a Londra.
A due passi da Marble Arch, sembra di muoversi in una cartografia parallela, la cui complessità eccede il confronto nord/sud che per primo salta agli occhi. Per esplorare questo territorio è attivo dal 2009 il Centre for Possible Studies, un progetto della Serpentine Gallery curato da Janna Graham, che ha base temporanea in edifici sfitti, concessi in comodato di volta in volta, prima della loro ristrutturazione. Il Centro ha così cambiato sede già tre volte, entrando in contatto con diversi gruppi di residenti, negozianti e associazioni. Il progetto è nato lontano dai riflettori, per costruire senza pressioni rapporti di fiducia e complicità: anche per questo agli artisti in residenza non è richiesto di produrre necessariamente un’opera, ma di privilegiare la formula del workshop, del seminario, o qualunque altro formato idoneo a condurre il loro “studio possibile”.
Con questo spirito è nata la Free Cinema School di n.o.where, gruppo di filmmaker londinesi che, recuperando le tecniche del Free Cinema anni Cinquanta e il suo interesse per la vita dei cittadini comuni, ha riattivato un modello democratico di produzione culturale. Durante otto mesi il collettivo ha lavorato nel quartiere con abitanti, studenti e visitatori per produrre un film collaborativo, in cui sperimentalismi visivi si alternano a riflessioni sul lungo processo di gentrificazione della zona. Dopo la proiezione nell’autunno 2009, il laboratorio è evoluto in una serie permanente di conversazioni sul cinema indipendente, organizzate in un ristorante locale.
I bar di Edgware Road hanno ospitato nel 2010 l’artista iracheno Hiwa K che, insieme al pubblico, ha rilocalizzato il dibattito sul neoliberismo nel contesto dell’Iraq attuale. Parallelamente, ha proposto un revival della produzione musicale mediorientale degli anni Settanta, caratterizzata da testi che affrontano apertamente temi di libertà e giustizia. Da questa esperienza è nato un gruppo di studio che è anche una band musicale: Chicago Boys: while we were singing, they were dreaming…, che riunisce ricercatori, musicisti e appassionati. Partita dai caffé di Edgware Road, si è esibita ad Amsterdam, Utrecht, Monaco, integrando ogni volta nuovi elementi nella formazione ed adattando la riflessione sul neoliberismo alla situazione locale, includendo temi come migrazione, educazione e privatizzazione dello spazio pubblico.
In collaborazione con Townhouse a Il Cairo e Ashkal Alwan a Beirut, il Centre for Possible Studies ha dato vita anche a residenze parallele, che hanno portato a Londra progetti nati lontano. Rania Stephan ha potuto terminare ad Edgware Road The Three Disappearances of Soad Hosni (2011), una ricerca sulla figura dell’attrice simbolo del cinema egiziano degli anni Sessanta, che proprio a Little Cairo ha trascorso gli ultimi anni della sua vita, dedicandosi a un’intensa attività politica, troncata da una morte violenta che ancora fa discutere il quartiere.
Riflessioni su urbanismo, geopolitica e storia locale si intrecciano rapidamente in una realtà come questa, ma Edgware Road nasconde altri indizi per possibili ricognizioni. Il designer Bahbak Hashemi-Nezhad collabora da due anni con gli studenti della Westminster Academy. Nei Public Space Seminar hanno analizzato diversi metodi per interpretare lo spazio in cui vivono. Così è emerso come il sistema dei codici postali utilizzato dalle gang per la spartizione del territorio influenzi i percorsi quotidiani degli adolescenti che, per evitare attacchi o ritorsioni, hanno elaborato un complesso sistema di orientamento del tutto ignoto agli adulti.
Gli studenti della St. Marylebone School sono stati invece coinvolti nel progetto RE:ASSEMBLY da Ultra-red. Ispirato alla filosofia educativa del brasiliano Paulo Freire, il workshop riflette sulle forme della cittadinanza nella vita quotidiana e indaga le relazioni tra le regole stabilite dal potere costituito e le identità dei singoli. Le canzoni che condensano le conversazioni dei gruppi definiscono nuove entità collettive, ed esprimono le ragioni della convivenza e la passione per la complessità, necessarie per potersi orientare nella vita adulta, non solo ad Edgware Road.
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