Folte chiome di foglie e fronde ibride, sviluppate su tronchi insolitamente nodosi e sollevati a qualche metro dalla terra che dovrebbe accoglierne le radici. Questi alberi sospesi e dalle forme sinuose, sono invisibili a occhio nudo ma basta uno schermo per rivelarne la presenza. Monumenti vegetali ma nascosti, anzi, prosperati nella dimensione della realtà aumentata, fruibile attraverso smartphone e tablet. Si tratta delle Arboree Volanti, il progetto di Simone Berti, con la partecipazione di Genuardi Ruta e Patrick Tuttofuoco e testi critici di Eva Fabbris, Leonardo Caffo e Luca Lo Pinto, che si diffonderà a Milano, tra il Bosco Verticale e Piazza Gae Aulenti, mercoledì, 1 luglio 2020, a partire dalle 18.
L’ispirazione arriva dal 1935: «I Centauriani non “costruivano”, ma “coltivavano”. Non modellavano forme in metallo: invece conoscevano forme di protoplasma di cui avevano imparato a controllare il tasso e il modo d’accrescimento. Edifici, ponti, veicoli, persino le navi impiegate per i voli interspaziali, tutto insomma, era fatto di sostanza vivente, costretta a uno stato di quiescenza quando aveva raggiunto forma e dimensioni volute». Così, nel romanzo Proxima Centauri, pubblicato nel 1935, scriveva Murray Leinster, autore dell’epoca d’oro della fantascienza e ritenuto l’inventore del fortunatissimo concetto degli universi paralleli. Insomma, architetture organiche ante litteram che, nelle Arboree Volanti di Simone Berti, si trasformano in un’esperienza fluttuante a metà tra il reale e il virtuale, volteggiando tra i palazzi reali – a volte troppo reali – e sopra le nostre teste, spesso appesantite da una quotidianità disfunzionale.
Nato ad Adria nel 1966, Simone Berti vive e lavora a Milano e ha esposto in mostre e sedi internazionali, come la 52ma Biennale d’Arte di Venezia, il MOCA Museum of Contemporary Art, la 7ma Biennale di Istanbul, la Whitechapel Art Gallery di Londra, l’UCLA di Los Angeles, Manifesta 3 a Ljubljana, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo a Torino.
Con questo progetto, Simone Berti prosegue nel solco della sua ricerca, incentrata sull’equilibrio tra gli opposti. Bilanciate tra materia e astrazione, le Arboree si muovono, come nell’esperimento del botanico Stefano Mancuso: una pianticella di fagiolo appena germogliata si dirige direttamente verso un palo, unico oggetto presente nella stanza, per aggrapparvisi. Attraverso i loro sensi, le piante percepiscono l’ambiente circostante e, magari, possono anche compiere delle scelte, dettate forse non da canoni estetici ma sicuramente dalla sopravvivenza.
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