Un polo culturale multidisciplinare stabile, dedicato alal contemporaneità e situato in un’antico complessop architettonico risalente al XIV secolo: si tratta di Le Fabbriche, la nuova sede della Fondazione Orestiadi nel centro storico di Agrigento. Il programma di Le Fabbriche sarà animato da mostre e proiezioni, reading teatrali e azioni sceniche, letture ed eventi, presentazioni e conferenze, dibattiti e concerti, e più in generale attività di sperimentazione creativa e di elaborazione condivisa di progetti culturali, come spiegato da Beniamino Biondi, neo direttore del nuovo polo.
«Le Fabbriche – seguendo una precisa direzione culturale che non ripiega su se stessa ma piuttosto avanza proposte e pone nuove forme di dialogo – ha il proposito di non porsi come un luogo di mera fruizione culturale ma come vero e proprio centro di produzione artistica e di elaborazione di idee, formando una comunità che da tempo merita la restituzione di buone pratiche e di una cultura che da Agrigento guarda al mondo con l’orgoglio della propria storia e il coraggio possibile dell’utopia», così Biondi introduce le attività future del nuovo polo.
Le Fabbriche è ospitato nel complesso monumentale della chiesa e del convento di san Francesco d’Assisi, voluti da Federico Chiaramonte II, terzogenito di Marchisia Prefoglio e Signore di Racalmuto, Siculiana e Favara. La forma attuale della chisa risale al 1788, con facciata che segue la tradizione barocca e interno a unica navata con sei altari laterali di uguale grandezza. Il Convento aveva invece 36 camere, infermeria e professato, quindi ospitò le scuole tecniche, il ginnasio, il liceo, il gabinetto di fisica e, infine, il Museo di Storia Naturale.
Pesantemente danneggiato dai bombardamenti del 1943, il complesso venne restaurato alla fine degli anni ’90, per poi essere trasformato in spazio espositivo. Anche il giardino antistante è stato uniformato e attrezzato per ospitare attività culturali.
«La Fondazione Orestiadi rappresenta una delle istituzioni culturali di maggiore rilievo della Sicilia e del Paese ed opera da mezzo secolo nel settore delle arti visive, del teatro, della poesia e più in generale delle espressioni dell’arte contemporanea», ha dichiarato Francesco Micciché, primo cittadino di Agrigento. «La sua presenza nel centro di Agrigento, in uno spazio di grande prestigio integra ed arricchisce il richiamo che la città manifesta da sempre per il suo patrimonio inestimabile sedimentatosi nei millenni, testimonianza delle civiltà diverse che qui si sono succedute e del ruolo che essa ha avuto nel tempo anche per la sua collocazione al centro del Mediterraneo», ha continuato il sindaco della città, che nel 2025 sarà Capitale della cultura.
Istituita nel 1992 dal politico, avvocato e sindaco di Gibellina Ludovico Corrao – che nel 1981 aveva già dato vita al Festival di teatro e musica delle Orestiadi – la Fondazione ha oggi sede nel complesso del Baglio di Stefano, ricostruito a seguito del sisma che nel 1968 colpì la Valle del Belìce, esempio delle tipiche masserie che punteggiano le campagne trapanesi. Il Granaio accoglie la collezione d’arte contemporanea della Fondazione Orestiadi: le opere documentano la permanenza degli artisti a Gibellina e il loro contributo per il progetto di ricostruzione della città, la cui parte vecchia fu ricoperta dal Grande Cretto di Alberto Burri, in una prima fase tra il 1984 e il 1989 e quindi completata nel 2015. Nel cortile antistante il Granaio di trova la Montagna di sale di Mimmo Paladino realizzata per le Orestiadi del 1990.
Realizzato in collaborazione con il Parco archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi con l’amministrazione comunale, il nuovo spazio della Fondazione ad Agrigento, Le Fabbriche, aprirà al pubblico dal 7 dicembre 2023, con Trame Mediterranee, mostra curata da Enzo Fiammetta, Direttore del Museo delle Trame Mediterranee della Fondazione Orestiadi. In esposizione un gruppo di opere che provengono dalla collezione della Fondazione Orestiadi di Gibellina e che approfondiscono il tema del Mediterraneo, presentandone la complessità e le sfaccettature.
Attorno alla Biblioteca Arabo Sicula, l’installazione di Stalker e Antonio De Luca realizzata per la mostra del 2012 L’Islam in Sicilia, che presenta alcuni testi arabi medievali tratti dalla omonima raccolta di Michele Amari, ruotano le opere di altri autori, di diversa provenienza e differenti generazioni. Come le ceramiche di Carla Accardi, Arnaldo Pomodoro e Pietro Consagra e del tunisino Khaled Ben Slimane, le opere di Lisa Seror, Meyra Yedidsion, degli algerini Hakim Abbaci, Amar Briki e Khoraichi, le geometrie della svizzera Rita Ernst e le video installazioni http 502: bad gateway di Mustafa Sabbagh e poi Tierra sin Males dell’americana Susan Kleinberg, che riflettono sul fenomeno epocale delle migrazioni. In esposizione anche i lavori di Alfonso Leto, Vito Bongiorno, Francesco Impellizzeri, Innocente, Alfredo Romano, Giusto Sucato, a mostrare gli elementi di continuità e contiguità che caratterizzano la produzione artistica dei popoli rivieraschi.
Se tutte le opere in mostra testimoniano delle relazioni che la Fondazione Orestiadi ha intessuto nel tempo con i paesi mediterranei, il bozzetto del manifesto di Mimmo Paladino per La sposa di Messina, spettacolo presentato al Cretto di Burri nel 1990, ci parla delle Orestiadi di Gibellina e del teatro come strumento per tenere unita la comunità dalla diaspora avviata dopo il sisma, come avvenne anche attraverso la pratica degli artisti in residenza, qui documentata con le opere di Mario Schifano, Alighiero Boetti, Ugo la Pietra e Nja Mahdaoui.
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