Quando un’artista si sostituisce allo storico dell’arte e, in particolare un pittore, presenta una lettura personale di uno stile del passato, rivoluzionario, iperrealista e sanguigno, anticlassico com’è stato il Barocco del ‘600 e ‘700, che secondo Walter Benjamin, segnò l’incipit della modernità, allora la mostra stessa diventa opera d’arte che agisce sul muscolo del cervello per spiazzare, agitare, sovvertire i canoni cognitivi ed estetici dello spettatore con associazioni atemporali azzardate, irriverenti e provocatorie che mettono in discussione il concetto di tempo storico e quello artistico. Alla Fondazione Prada, algido tempio minimalista dell’arte concettuale milanese ricavato da una ex distilleria dei primi del Novecento, come è già avvenuto in passato, il curatore della mostra in corso è un’artista.
“Sanguine- Luc Tuymans on Baroque”, a cura di Luc Tuymans, è una mostra itinerante organizzata in collaborazione con MHKA (Museo d’Arte Contemporanea di Anversa), KMSKA (Museo Reale di Belle Arti di Anversa) e la Città di Anversa, concepita mesi fa in occasione di “Antwerp Baroque 2018- Rubens inspires”.
Dopo il debutto nella città belga, “Sanguine” (termine scelto dal curatore-pittore che sottende il rosso, il colore del sangue carico di significati simbolici) a Milano viene riproposta in una nuova e più ampia versione. Il tour nelle atmosfere cupe e infernali di un’arte insieme violenta e vitale, attraverso opere di epoche diverse realizzate con differenti mezzi espressivi che spaziano dalla pittura alla scultura, dalla fotografia al disegno, dall’installazione al video sono qui accomunate da un ‘attitudine di esibizione compiaciuta di fisicità, insita nel Barocco.
Sanguine. Luc Tuymans on Baroque. Photo: Delfino Sisto Legnani e Marco Cappelletti
Questo stile per Luc Tuymans, è solo un pretesto per riflettere su un tempo oscuro, violento, contraddittorio in cui le arti visive puntano sull’impatto emotivo schioccante, oggi diremmo ad effetto splatter alla Tarantino. La mostra porta lo sguardo dello spettatore dentro la “carne viva” dell’arte in cui turbamento ed estasi, sacro e profano convergono: ci interroga sul ruolo dell’artista nella società e si indagano analiticamente cause ed effetti visivi di una componete macabra e grottesca che il Barocco ha introdotto nelle arti visive, individuando il punto nell’esaltazione della componente fisica, in cui orrore, morte e mistica sensualità sono temi ricorrenti.
Il Barocco, primo stile internazionale in un periodo carico di contraddizioni e di guerre in tutta Europa, iniziato con la Controriforma, nel corso del tempo ha mantenuto un’accezione negativa, associata a qualcosa di oscuro, strano, bizzarro, irrazionale, scomposto fino alla fine del XIX secolo, quando è diventato uno stile sempre contemporaneo, come lo dimostrano le opere in mostra alla Fondazione Prada.
Per associazione al tema indicato dal pittore belga, riflettiamo sul compiacimento della nostra generazione digitale attratta dalla spettacolarizzazione dei fatti di cronaca cruenti postati in rete, sull’espansione del populismo che, secondo Tuymans è insito nel Barocco.
Così crimini, misfatti e perversioni umane che artisti e media affrontano in maniera differente confermano che sangue, violenza e mattanze varie dell’umanità dal Seicento ad oggi, piacciono al pubblico eccitato dallo spettacolo della morte. Realismo ed esagerazione, disgusto e incantamento, turbamento, grottesco e vanità, sono alcune caratteristiche insite nel Barocco, sensuale e spirituale insieme. Caratteristiche che Luc Tuymans dal look rigoroso e impeccabile, dallo stile essenziale, poco incline al fasto, all’orpello fazioso, anche nel suo inglese asciutto e sintetico, ha spiegato in occasione di un tour guidato per la stampa, di aver messo in scena attraverso 80 opere create da 63 artisti internazionali, di cui oltre 25 sono esposte esclusivamente alla Fondazione Prada.
Sanguine. Luc Tuymans on Baroque. Photo: Delfino Sisto Legnani e Marco Cappelletti
La mostra si snoda in un percorso visivo carico di suggestioni irriverenti, da vedere come in un unico “piano sequenza”, in cui opere di ieri e di oggi, distribuite in maniera equilibrata in quattro spazi: Galleria Nord, Podium, (piano terra e primo piano) e Cinema.
L’obiettivo è di annullare la distanza cronologica, scientifica e culturale tra opere di artisti differenti e inconciliabili tra loro, come per esempio tra Caravaggio e i fratelli Chapman, Antoon van Dyck e Takashi Murakami, in cui il trait d’union è il sangue: rosso vivo che comprende vita e morte, un temperamento violento investigato in molteplici aspetti nelle arti visive di ieri e di oggi che svelano le passioni e le perversioni dell’essere umano.
Tuymans, quando ha pensato a una mostra sul Barocco richiesta in occasione del festival di Anversa nell’estate del 2018, ha subito pensato a Five Car Stud (1969-72) di Edward Kienholz, una grande e impressionate istallazione scultorea, nella collezione di Prada, che mostra la castrazione di un afroamericano a causa della sua presunta relazione sessuale con una donna bianca; un “presepe dell’orrore” e chi l’ha vista (nella mostra milanese dello scorso anno) di certo non l’ha scordata. Carvaggio spalanca una finestra sugli abissi dell’animo umano, introduce scene cruente, libera la pittura da moralismi e convinzioni; quale altro pittore si è rappresentato morente con la testa mozzata nelle sembianze di Golia?
Sanguine. Luc Tuymans on Baroque. Photo: Delfino Sisto Legnani e Marco Cappelletti
Per Tuymans, Caravaggio, padre del realismo psicologico, individua il superamento della tradizione classica e manierista, nelle sue opere i santi hanno un volto umano e come gli attori in scena emergono dal buio e indossano i costumi delle sacre rappresentazioni e, in pittura come a teatro tutto accade sotto un’altra luce. La sezione più intensa del percorso espositivo culmina al primo piano, dove il Fanciullo morso da un ramarro (1595-96) della Fondazione Longhi e Davide con la testa di Golia (1606 -10) della Galleria Borghese (entrambi di Caravaggio, appunto), a fianco del Martirio di San Sebastiano di Zubaran, la Cleopara morente del sensuale Cagnacci, insieme ad altri dipinti del fiammingo Jordanes, van Dyck e Rubens fanno da coro all’ infernale diorama di Jake & Dions Chapman, Fuking Hell (2008) della collezione Pinault con 60mila soldatini giocattolo all’interno di nove vetrine, dove sono rappresentate le mattanze della Seconda Guerra mondiale, brulicanti di figure di nazisti in miniatura colti in atti grotteschi, maestri dell’orrore e autori di genocidio abominevole.
Sanguine. Luc Tuymans on Baroque. Photo: Delfino Sisto Legnani e Marco Cappelletti
In queste e altre opere, anche troppe, si esplora l’attitudine all’orrore, alla violenza del genere umano in bilico tra commedia e tragedia che nelle arti visive si risolve con soluzioni formali dalla struggente bellezza, dalla macabra vulnerabilità. Impressiona la serie di litografie Thanatophniens (1955-95) di On Kawara, che configura i visi deformati delle vittime delle bombe nucleari di Hiroshima e Nagasaki, la monumentale fragilità incarnata nella scultura Il giorno mi pesa sulla notte (1994), realizzata in marmo, oro, piombo e vetro da Luciano Fabro. L’eccesso, il grottesco, il kitsch è già insito nelle sculture realizzate nel 1758 da Johann Georg Pinsel, caratteristiche rintracciabili anche nelle opere di Jacques – André Boiffard, Roberto Cuoghi, Kerry James Marshall e Murakami.
Riconducono alla transitorietà della vita umana il genere delle Vanitas, un tema iconografico del Barocco nella produzione di nature morte; è straordinaria quella di Franciscus Gijsberg (XII) in mostra. L’ambivalenza formale, dinamismo, temperamento violento e turbamento psicologico, attrazione e repulsione, carnalità e misticismo che le opere “sanguigne” esposte sottendono, condividono crudeltà e teatralizzazione, disgusto e stupore, realismo, terrore ed estasi. Se “fatti fummo per seguire la conoscenza”, secondo Dante Alghieri, non si capisce perché ancora nel nuovo millennio continuiamo a vivere baccanali e genocidi con ordinaria e cinica famigliarità, e questa mostra documenta che l’arte di tutti i tempi agisce sui nostri sensi quando risveglia coscienze assopite.
Jacqueline Ceresoli