L’INSULA DEGLI AMBIZIOSI

di - 22 Luglio 2008
Quando si tratta di Napoli la scaramanzia è d’obbligo. Però i cantieri procedono a ritmo serrato, sicché per settembre dovrebbe essere tutto pronto. A un anno esatto, cioè, dall’inizio dei lavori. E giusto in tempo per il settantesimo compleanno di Hermann Nitsch, il genio austriaco che negli anni ‘60 portò nell’arte la cruenta rivoluzione del corpo collettivo, e che trova ora una nuova casa a migliaia di chilometri dal suo castello di Prinzendorf, in una città di cui ama le architetture, i profumi, la gente, l’esasperata vitalità e, soprattutto, Peppe Morra.
Un vero coup de foudre, anzi quel che si dice un incontro kharmico. Documenta Kassel, 1972: il ragazzo partenopeo, oggi sessantaduenne, s’imbatte nel profeta dell’Azionismo viennese, anzi nel suo “Maestro”. Ed è subito feeling. Eppure, il “discepolo” continua semplicemente a definirsi “un imprenditore agricolo” e, anche se la Vigna di San Martino (pezzo di terra strappato agli abusi edilizi sulla collina del Vomero) giustifica parzialmente questa affermazione, detta da lui sa un po’ di vezzo.
Perché Morra è un innovatore. Lo fu negli anni ‘70, quando si divertì a scandalizzare la città con l’Orgien Mysterien Theater, Günter Brus, Gina Pane, Urs Lüthi; lo è adesso, in procinto del trasloco. Perché, dopo vent’anni di studio in via Calabritto, e altri sedici nel quartiere Sanità, la Fondazione si sposta. Da edificio storico a edificio storico. E se il palazzo dello Spagnuolo ai Vergini, specie nello scenografico scalone ad ali di falco, parlava barocco, ancor più composito è Palazzo Bagnara, duecentocinquanta metri quadri nella centralissima piazza Dante. La metropolitana dell’arte, con le opere di Kounellis e Pistoletto, è proprio lì sotto. E poi le chiese, il Convitto Nazionale Vittorio Emanuele, i bouquiniste di Port’Alba. Insomma, qui è concentrata la Napoli di ieri e di oggi, quella realtà preconizzatrice del futuro che ha sempre esaltato Morra, al punto da convincerlo a realizzare qui il sogno accarezzato da sempre: il museo dedicato al “Maestro”.
Qualche vicolo più in là, ferve contemporaneamente la ristrutturazione -progettata da Rosario Boenzi– di una Stazione Elettrica che serviva il Teatro Bellini e che, sulla facciata, reca la data 1925. È stata ottenuta in comodato d’uso per trent’anni. Qui i metri quadri sono millesettecento o giù di lì, tre piani, vari livelli e diverse destinazioni d’uso: biblioteca, mediateca, discoteca… E, ovviamente, spazio espositivo dove -spiega Morra-“inizialmente ci saranno i relitti delle azioni dal 1974 al 2001, poi tra due anni verrà sistemata la collezione, con opere dagli anni ‘60 ad oggi”. E dove Nitsch si fermerà in loco almeno un mese all’anno per gli stage previsti.
Ma le ambizioni non si fermano qui: per realizzare l’ascensore che agevolerebbe il doppio ingresso, infatti, si vorrebbe indire un concorso internazionale e chissà che in questo budellino di vico secondo Avvocata non arrivi qualche archistar. L’accesso superiore, invece, confinante con la chiesa fanzaghiana di San Giuseppe a Pontecorvo, pare una tranquilla stradina di Procida.
Due strade che abbracciano un desiderio molto più vasto, che è quello di “fare insula”, ovvero coinvolgere il territorio, “costringere” la gente ad addentrarsi un quartiere totalmente isolato rispetto ai circuiti cittadini del contemporaneo. E dove, è innegabile, salta fuori la questione sicurezza. “Ininfluente”, obietta Morra, “chi vuol sapere non si pone questi problemi”. Anche perché “la conoscenza è vivere, passeggiare”. È lasciarsi sorprendere da questo susseguirsi di meraviglie e degrado senza soluzione di continuità: cupole che s’innalzano su una distesa di case punteggiata di paraboliche, visibili da quello che dovrebbe essere il roof garden del museo Nitsch. Struttura che punta sempre più in alto, perché, per coronare questo “terrazzo dei profumi e dei colori”, variabile a seconda delle stagioni, è stato interpellato pure il direttore dell’Osservatorio Astronomico di Capodimonte. Per giunta, nei paraggi c’è già un altro edificio nel mirino: il convento delle Cappuccinelle: seimila metri quadri. A chi non farebbe gola un posto del genere?
Un’operazione d’arte totale, insomma, che l’“anarchico individualista” Morra vorrebbe trasformare in volano di sviluppo per il territorio, in un incentivo a “sbloccare la capacità di fare da sé”, visto che “dalla politica non ci si può aspettare più niente”. E visto che, di contro alla partecipazione attiva dell’associazionismo e del costante contatto con l’Accademia di Belle Arti, sempre prodiga di stagisti, l’invocato mecenatismo resta “limitatissimo”. “Questione di sensibilità”, commenta amareggiato Morra, “qui le aziende e gli imprenditori non hanno ancora questa cultura. Cercheremo di incentivarli, di sprovincializzarli, anche attraverso appositi programmi di divulgazione”.
Ma allora i due musei cittadini non hanno educato “la casta” che dovrebbe mettere mano al portafogli? “No. Anche perché Pan e Madre non hanno bisogno di fare proseliti. Non hanno necessità di partecipazione privata. Sono enti molto isolati dal punto di vista sociale e imprenditoriale”. E se ci fosse la possibilità di collaborare? “Contatti ce ne sono stati e ci sono, speriamo possano concretizzarsi”.
Nel frattempo, come da statuto, la Fondazione va avanti grazie ai contributi della legge 1039 e agli sponsor di volta in volta individuati. In futuro, magari, ci si finanzierà facendo pagare un biglietto per le varie iniziative. Ma quanto ci vuole per un’impresa del genere? A differenza che in tanti “misteri (in)gloriosi napoletani”, qui saltano fuori le cifre, pur destinate a qualche “correttivo”: 240mila euro per Palazzo Bagnara, 300mila per il museo.
Ma, oltre ai quattrini, c’è di più. Ambizione, dedizione, passione, fantasia… Cosa ci vuole, Morra, per portare avanti un progetto del genere? “Incoscienza. E follia”.

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anita pepe

*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 51. Te l’eri perso? Abbonati!


Inaugurazione 13 settembre 2008 ore 17 (Fondazione) e ore 19 (Museo)
Fondazione Morra – Palazzo Bagnara
Piazza Dante, 89 – 80135 Napoli
Museo Hermann Nitsch
Salita Pontecorvo, 29/d – 80135 Napoli
Info: tel./fax +39 081454064; info@fondazionemorra.org; www.fondazionemorra.org

[exibart]

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  • che io ricordi “fare insula” nell'ambito dei decumani significava l'esatto opposto di quanto espresso : "fare insula di pace e di preghiera" . Gli ordini religiosi si espandevano sul territorio.Venivano accorpate le "insule" tramite la soppressione di un "vico" e nel nuovo blocco venivano creati uno o più chiostri. Era un chiudersi non un aprirsi alla moltitudine. Solo una parte minima, spesso delle cappelle venivano aperte ai fedeli proprio come pretesto per dare una parvenza di " funzione pubblica" e non "privata" del complesso.Il fenomeno si diffuse talmente tanto, ed erano tanti gli ordini religiosi a Napoli che la popolazione veniva via via spinta ai margini della città determinando poi, successivamente, la nascita dei quartieri.

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