LIVING TEL AVIV

di - 7 Ottobre 2008
Due galleristi, il presidente di Sotheby’s Israele e il direttore di una non profit dedicata alla promozione dell’arte israeliana si mettono insieme e tracciano le linee di contorno di una mostra aperta dal 24 settembre al 18 ottobre e che si presenta come fase embrionale di una ennesima biennale in piena regola, con grandi ambizioni. Nella lista dei partecipanti, Yael Bartana, Rosemarie Trockel in coppia con Thea Djordjadze, Sarah Lucas, Keren Cytter, Martin Boyce e Adrian Paci.
Il curatore Andrew Renton, direttore di dipartimento al Goldsmiths di Londra, non ama fare troppo battage attorno ai nomi – “Documenta style”, lo chiama – e a dirla tutta non è stato fatto troppo caos nemmeno in merito all’evento, che ha scelto una comunicazione in sordina, discreta a livello internazionale. Grande attenzione è stata invece data al coinvolgimento di creativi, spazi espositivi e gallerie sul territorio, mobilitati in massa per la grande occasione.
Alcuni mesi fa”, racconta Gilit Fisher, artista e gallerista di Tel Aviv, “Irit Sommer e Rebeca Saker hanno organizzato un meeting con i rappresentanti delle gallerie del territorio. Ogni galleria ha avuto l’opportunità di proporre a Renton tre artisti per la sua mostra, non solo israeliani naturalmente. Art Tlv, inoltre apre al pubblico in sintonia con l’inizio della nuova stagione dell’arte contemporanea. Tutti noi inaugureremo mostre e saranno presentati anche nuovi spazi. Ci aspettiamo che questo evento riesca ad attrarre energie, talenti e professionisti non solo da Israele, ma da tutto il mondo!”.

E l’organizzazione, dato il programma, sembra avere gli stessi obiettivi di Gilit. Cinque sono gli appuntamenti: la mostra principale, Open Plan Living, che si snoda tra l’Helena Rubistein Pavillion e il Yacob Garden. Ai simposi prendono parte i curatori Alma Ruiz, Bernard Blistene, Ami Barak, Andrew Renton e gli artisti invitati. Segue Artists curate Artists, una rassegna di installazioni site specific curate dagli artisti che rivisiteranno quattro edifici degli anni ’20, un’apertura straordinaria (notturna) delle gallerie di Nahalat Benyamin street, con performance sulla spiaggia e, infine, Rothschild69, la nuova Bau-Haus Kunsthalle, dove succede di tutto e di più tra screening e seminari. Il tutto nello splendido scenario modernista, riconosciuto dall’Unesco come patrimonio dell’umanità, che vedrà nel 2009 una grande mostra, dislocata in tre stati differenti, per il centenario della città, in collaborazione con la Biennale di Istanbul e la Biennale di Atene.
Ne abbiamo parlato con Andrew Renton, il curatore.

Come nasce Art Tlv?
Art Tlv è un segnale tangibile della vitalità di Tel Aviv. La scena cittadina dell’arte contemporanea è molto ricca. Inoltre, l’arte israeliana sta avendo grandi riconoscimenti. Ho vissuto e lavorato a Tel Aviv per oltre quindici anni e credo che sia un posto incredibile. Chiunque la visiti ha quest’impressione. Insomma, credo che sia il momento giusto per un progetto di tale portata. I suoi ispiratori sono quattro persone straordinarie: la gallerista Irit Sommer (Sommer Gallery), Shifra Shalit Intrator (Dvir gallery), Rivka Saker, presidente della Sotheby’s israeliana e fondatore di Artis, una non profit finalizzata a promuovere l’arte israeliana all’estero, e Yehoudit Shapira Haviv, che di Artis è direttore. Tutto nacque tre anni fa. Malauguratamente, però, dovemmo interrompere la progettazione dell’evento a causa della guerra in Libano. Le cose in Israele possono cambiare: in un giorno, in un’ora, l’indomani.

Si può pensare ad Art Tlv come allo start-up di una nuova biennale? In un programma internazionale espositivo così denso di occasioni, che si distinguono le une dalle altre per concept curatoriale, specificità del territorio in cui si svolgono, progetti presentati dagli artisti, quali sono le caratteristiche che faranno di Art Tlv un evento unico al mondo, come dichiarato dal lancio pubblicitario?

Sono un po’ refrattario all’idea di creare un’ennesima biennale, come tutti. Molti anni fa, mentre lavoravo alla prima edizione di Manifesta (Rotterdam), avanzammo l’idea di smantellare la biennale prima che iniziasse e di destinare il budget alla fondazione di un nuovo spazio espositivo… Comunque, devo riconoscere che progetti di questa portata danno la possibilità alle persone di mettersi in gioco. Si possono fare parecchie cose in una cornice come questa. La speranza è che Art Tlv non sia un fulmine a ciel sereno. Ci sarà, intanto, una grande mostra nel 2009 che celebrerà il centenario di Tel Aviv, in cui sarò coinvolto. Quindi, penso che Art Tlv comincerà a configurarsi sempre più come una biennale e come attrattore di talenti artistici, che speriamo possano pensare a Tel Aviv come luogo in cui concepire e sviluppare progetti, anche al di fuori dell’occasione espositiva del 2008 e che potrebbero ritornare nel 2009.

Raccontaci Art Tlv…
Art Tlv è sottotitolata Open Plan Living. In Inghilterra questo termine è un cliché molto borghese, ma in Israele assume una connotazione differente. In questo caso, infatti, si riferisce alla persistenza di una vecchia ideologia socialista, lontana dalle idee di capitale e tecnologia, che si rispecchia nei kibbutz. Inoltre, richiama l’immagine architettonica di Tel Aviv, città modernista per eccellenza: vi si possono contare più di cinquemila edifici esemplari a livello internazionale. Inoltre, la definizione Open Plan Living trova il suo doppio nell’Helena Rubistein Pavillion, sede del progetto, dove Art Tlv si interseca con una moltitudine di stili e strategie differenti. Il padiglione ospita per due terzi artisti internazionali, i restanti sono invece di Israele. Infine, abbiamo convertito un parco modernista (Yacob Garden), adiacente al museo, in una serie di “stanze all’aria aperta”, in cui esponiamo video. Il progetto si estende a una serie di affascinanti edifici abbandonati, che abbiamo riportato in vita per Art Tlv. Questa fase è in collaborazione con artisti del territorio: artisti che curano altri artisti. Adoro questa idea e mi piace da morire il fatto di non avere l’intero controllo del progetto. Certo è importante che la mostra abbia un respiro internazionale, ma non dobbiamo limitarci agli artisti ed estendere questo obiettivo agli spettatori. L’arte, a Tel Aviv, ha un aspetto diverso. Sappiamo, inoltre, che un nuovo contesto crea nuovi messaggi. Cosa può essere più stimolante di una città come Tel Aviv?

Certo… Ma il territorio come ha reagito? Contrasti?

Abbiamo avuto tanto sostegno, ma anche parecchie resistenze. In linea di massima, le istituzioni sono con noi. Il Tel Aviv Museum ci ha dato uno dei suoi edifici chiave, l’Israel Museum sta realizzando il suo primo progetto fuori dalle mura di Gerusalemme, con nostro gran compiacimento. La riservatezza in merito ad alcune nostre scelte ha invece generato qualche resistenza (la lista dei partecipanti è stata deliberata solo a pochi giorni dall’inaugurazione, N.d.R.). Ma credo che d’ora in poi tutto sarà più semplice e chiaro!

Lo scorso agosto la Biennale di Gwuangju, diretta da Okwui Enwezor, ha inaugurato il progetto del Global Institute. Seminari, workshop, relazioni tenute da artisti e critici hanno analizzato il concetto di dissenso politico come nuova forma di rappresentazione. Israele sta certo vivendo momenti complicati, di cui forse Tel Aviv, con la sua vitalità e la sua creatività, non soffre se non indirettamente. La domanda è: Art Tlv è una mostra a sfondo politico? Cosa ne pensa di questa estetica della protesta strettamente connessa a tematiche sociali ed economiche, proposta dal Global Institute di Enwezor?
Se sei un artista, se sei un curatore, non puoi non essere politicizzato. L’ambiguità che emerge dalla situazione politica di Israele colpisce davvero chiunque. Filtra dappertutto, anche nella cultura e nella vita quotidiana. Io ho scelto di toccare le cose con mano e di guardarle da dentro. Bisogna fare le scelte per se stessi sulla base di esperienze quotidiane. Stavo pensando a questo l’altra sera, mentre facevo shopping a Londra, presso Marks and Spencer: davanti al supermarket era in corso una protesta contro Israele. A ogni modo, una mostra che si svolge in Israele, anche se non parla direttamente di Israele, riguarda comunque Israele. In fondo, non esistono territori neutrali.

Quali risultati vi aspettate?
La cosa più importante è garantire ad Art Tlv la continuità. Se Art Tlv diventerà un appuntamento fisso, allora vuol dire che ce l’abbiamo fatta. Il nostro obiettivo è posizionare progressivamente Art Tlv come appuntamento essenziale dell’agenda internazionale dell’arte contemporanea, creando collegamenti con altre iniziative simili, quali Istanbul e Atene. Ridisegnando, insomma, la mappa dell’arte nel Medio Oriente!

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a cura di santa nastro

*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 52. Te l’eri perso? Abbonati!


dal 24 settembre al 18 ottobre 2008
Art TLV 2008 – Open Plan Living
a cura di Andrew Renton
Sedi varie – Tel Aviv
Info: info@arttlv.com; www.arttlv.com

[exibart]

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