In alcuni casi la vera opera è quella pia del collezionista che si offre per la giusta causa. Altre volte è anche il lavoro in sé a meritare. I risultati? Se la valenza decorativa è forte, è interessante notare come l’arte si riconfermi quale forma di comunicazione e come la creatività detenga un enorme potere per il cambiamento sociale.
Da Milano a Miami, da New York a Tokyo il creativo è un Re Mida che può cambiare il valore di un oggetto comune, soprattutto quello etico. Ad affiancarlo e sponsorizzarlo sono sia istituzioni pubbliche sia imprenditori illuminati che scelgono di promuoversi investendo in cultura e in beneficenza. Negli Stati Uniti a legarsi alla casa d’aste Christie’s, durante l’Art Basel Miami Beach e il Design Miami, è stata l’iniziativa Puppy Love promossa da Nasir e Nargis Kassamali, fondatori dell’azienda di design Luminaire. Oggetto dell’intervento artistico era il cane stilizzato di polietilene stampato, a metà strada tra sedia e giocattolo, disegnato da Eero Aarnio per l’azienda italiana Magis. Sette delle trentacinque creazioni sono state selezionate da una giuria di esperti e battute all’asta a favore di un progetto di ricerca del Sylvester Comprehensive Cancer Center. Nessun dubbio sul contenuto dei progetti, ogni artista ha espresso appieno la propria sensibilità. Se il colombiano Federico Uribe ha vestito il suo Puppy con stringhe da scarpe e l’ha chiamato “Lacy”, chiaro emule dei suoi lavori della serie Human Nature, i celebri fratelli del design Ronan & Erwan Bouroullec l’hanno trasformato in una lampada da terra. Altri nomi? Ron Arad, Neil Barret, Antonio Citterio, Piero Lissoni, Jasper Morrison, Jose Parla, Richar
Ma anche i designer devoti alla moda hanno una parte. Non sono certamente “belle senz’anima” le atipiche modelle, alte quaranta centimetri, che sono partite dal Giappone per “sfilare” in tutto il mondo. Sono le Blythe Dolls ideate nel ‘72 dall’azienda Kenner e tratte da un’opera dell’artista Margaret Keane. Le famose bambole, già oggetto dei desideri dei collezionisti, indossano per l’occasione abiti creati da stilisti consacrati quali Christian Lacroix e Agatha Ruiz de la Prada ma anche da giovani promesse della moda. La mostra itinerante, ideata da Pret à Porter Paris, si concluderà alla Moon Gallery di Tokyo dove le bambole saranno vendute all’asta. Beneficiarie alcune organizzazioni non profit che si occupano di bambini.
A New York il focus punta invece sulla salvaguardia dell’ambiente e i partecipanti letteralmente manifestano in piazza attraverso l’iniziativa Urban Forest Project. 185 tra i più celebrati designer, artisti e illustratori del mondo, insieme a studenti e docenti di arti visive, hanno ideato e affisso un proprio manifesto in Times Square. Ognuno di loro ha utilizzato la sagoma dell’albero, o una sua metafora, per creare potenti statement visivi. Il risultato? In un luogo chiave della città si è spontaneamente creata una foresta di segni inequivocabili, un’opera d’arte unica, realizzata a più mani, in difesa del verde. Alcune realizzazioni lanciano viscerali invettive a sfondo politico, sociale e ambientale come quella di Base Design che mostra unicamente la grande scritta “Trees can’t afford to live here”, giocata sul significato inglese di can’t afford “il non potersi permettere economicamente”. Altre accuse sono più sottili, o sono semplicemente degli intelligenti “segnali” come quello di Michael Bierut, che ha rovesciato il cartello stradale del senso unico, commentando ironicamente che “di alberi in città ce ne sono, basta saperli vedere”. I manifesti sono stati esposti fino allo scorso dicembre, ma a breve saranno riciclati in borse e venduti all’asta, i cui proventi saranno destinati a programmi educativi per studenti e docenti di arti visive. Sponsor dell’iniziativa sono l’AIGA New York, associazione che ha lo scopo di promuovere il design e la cultura del progetto; la Times Square Alliance, organizzazione senza fini di lucro che promuove la zona di Times Square; la Worldstudio Foundation, la prima società non profit negli Stati Uniti a occuparsi esclusivamente della sensibilizzazione sulla responsabilità sociale in ambito artistico e progettuale.
Anche l’Italia si ricorda della salvaguardia dell’ecosistema. Nel panorama milanese spicca l’iniziativa promossa da Giò Colonna Romano, ingegnere e appassionato d’arte che nel 2002 fonda l’azienda Slide Design, realizzando prodotti con materie plastiche riciclabili o riciclate. Dal suo ultimo progetto, il pinguino/mascotte KoKò nasce l’idea
Ancora a Milano, dal 14 aprile, 100 mucche in vetroresina a grandezza naturale rivisitate da artisti, designer e architetti invaderanno la città, dividendosi tra siti elettivi del circuito artistico, quali il PAC e la Triennale, ma anche tra luoghi consacrati dalla gente come le piazze e perfino avamposti strategici quali Linate e Malpensa. Questo il progetto di Cowparade, manifestazione itinerante ideata nel ‘98 dallo scultore svizzero Pascal Knapp e curata da Gisella Borioli, la mamma del Superstudio. Degni di nota sono sicuramente i numeri: dal suo esordio ha devoluto più di venti milioni di euro in beneficenza e attratto milioni di visitatori. Ma se l’iniziativa conta sul sostegno degli Assessori Maurizio Cadeo e Tiziana Maiolo, non ha ricevuto la benedizione di Vittorio Sgarbi, assente alla conferenza stampa. Motivazione addotta: “a me non piacciono le mucche”. L’iniziativa, supportata da un calendario di incontri ed dibattiti, punta evidentemente sul marketing territoriale: dalla promozione dei giovani artisti locali, all’evento quale cassa di risonanza per la città. Inoltre, coinvolge anche varie aziende in qualità di sponsor. Quest’anno l’asta sarà battuta da Sotheby’s a favore della Fondazione Onlus Champions for Children.
link correlati
www.designmiami.com
www.urbanforestproject.org
www.pretparis.com
www.kokodesign.it
www.cowparademilano.it
silvia criara
*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 38. Te l’eri perso? Abbonati!
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