09 agosto 2023

Lunar Codex, un archivio di opere d’arte è in viaggio verso la Luna

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Nei prossimi mesi, un archivio di migliaia di opere d’arte, libri, film e musica sarà inviato sulla Luna ma il progetto Lunar Codex ha anche alcuni lati oscuri

Lunar Codex
Lunar Codex

Una sorta di messaggio in bottiglia, diretto però verso lidi piuttosto lontani. Nei prossimi mesi, un archivio contenente opere d’arte contemporanea, poesie, riviste, musica, film, podcast, libri, di 30mila autori diversi provenienti da 157 Paesi, sarà inviato sulla Luna, a futura memoria, per i viaggiatori del tempo prossimo remoto o per qualche specie vivente attualmente non identificata. Il progetto si chiama Lunar Codex ed è gestito da Incandence, una società privata con sede a Toronto, che opera nei settori dei media digitali, dell’editoria, delle applicazioni di archiviazione e dell’intelligenza artificiale. La prima spedizione è in programma per il prossimo autunno.

Ideato da Sam Peralta, presidente di Incandence, Lunar Codex rientra nell’ambito del programma Artemis, con il quale la NASA ha intenzione di riportare gli esseri umani sul nostro Satellite preferito entro il 2026, per la prima volta dopo oltre 50 anni dall’allunaggio. Per preparare il “terreno”, l’Ente Spaziale degli Stati Uniti sta collaborando con diverse società, per trasportare sulla Luna, già dalle prossime settimane, materiale non solo scientifico e tecnologico ma anche culturale e artistico. Incandence ha appunto sviluppato le capsule fisiche che conterranno la tecnologia di archiviazione.

Peralta, nel luglio 2020, ha acquistato lo spazio di carico sul MoonPod da Astrobotic Technology, riservandolo per le capsule che avrebbero costituito il Lunar Codex. Molte delle opere d’arte nel Codex sono state realizzate dal 2010 al 2023 ma, almeno a giudicare da quelle che sono state annunciate, non ci sono grandi artisti: per dire, non c’è Jeff Koons, che pure aveva annunciato di voler mandare le sue opere sulla Luna. Nemmeno l’outsider Sacha Jafri, che sulla Luna ha già inviato una sua opera, su un razzo Blue Origin di Jeff Bezos.L’unico nome di rilevanza internazionale è quello di Yayoi Kusama, della quale c’è un solo lavoro.

Anche tra i libri la scelta sembra un po’ bizzarra. Tra gli autori non c’è un Omero o un Lao Tzu, nemmeno i prevedibili Dante e Shakespeare. Compare invece uno stupefacente Defending Dani, di tale Kat Mizera, una storia d’amore tra un giocatore di hockey e un’atleta che «Ha cercato per anni di liberarsi della sua verginità, ma i ragazzi sono sempre intimiditi dalla sua forza» (cit). A questo punto sarebbe interessante capire che tipo di messaggio si vuole lasciare nella bottiglia.

In effetti, in questo caso, il contenitore sembra essere più interessante del contenuto. La “bottiglia” infatti rappresenta il top della tecnologia analogica. I geroglifici sulle pareti delle Piramidi contengono informazioni leggibili migliaia di anni dopo essere state costruite e abbandonate. Per una certa ironia della sorte, nonostante tutti i progressi, i documenti prodotti dalla nostra società sono molto più delicati, rispetto a quelli “archiviati” dalle civiltà che usavano la pietra e il metallo per imprimere la loro conoscenza. I nostri dati digitali, da cui dipende la nostra civiltà, sono archiviati e accessibili su materiali instabili e degradabili, come la plastica. E anche le apparecchiature informatiche, i dispositivi elettronici e le server farm che supportano Internet, sono altamente vulnerabili alle radiazioni elettromagnetiche.

Tutti i dati delle opere scelte per Lunar Codex sono stati sovrascritti sulle NanoFiche, una nuova tecnologia a base di nichel pensata per preservare grandi quantità di informazioni in formato analogico, in grado di resistere all’ambiente ostile dello spazio e della superficie della Luna. Il nichel non si ossida e può resistere alle radiazioni elettromagnetiche, al calore elevato, al freddo estremo e all’esposizione agli elementi, ai microbi e a molti tipi di sostanze chimiche, per migliaia di anni o più anche sulla Terra.

Un foglio di Nanofiche in nichel da 20 x 20 mm può memorizzare fino a 2mila pagine analogiche di testo a 150 dpi. Per rendere l’idea, la dimensione di ogni carattere del testo è di 1 micron, quanto un batterio. Una pagina misura quanto la larghezza di un capello umano. Se il contenuto da preservare contiene foto, l’output deve essere reso al doppio della risoluzione (300 dpi) per ridurre la pixelizzazione e aumentare la qualità dell’immagine. In questo caso, si arriva dunque a 300mila immagini per foglio.

Come si riproducono questi dati? Essendo analogici, il vantaggio è che possono essere letti facilmente con un microscopio oppure anche con una lente d’ingrandimento davvero potente, senza bisogno di software. Basta avere dei buoni occhi o, in alternativa, per specie aliene, un apparato visivo di qualunque tipo. E per la musica? Lunar Codex sta sperimentando un altro modo per archiviare i suoni, incidendo su NanoFiche la loro forma d’onda e gli spettrogrammi di frequenza: «La musica originale può essere ricostruita tramite algoritmi di analisi delle onde sonore», ha spiegato Peralta.

Comunque, ci sono vari servizi che permettono di inviare cose di vario genere sulla Luna, il cosiddetto Lunar Delivery. Meglio affrettarsi, prima che finisca lo spazio anche lì sopra.

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