Manifesta 12: se il curatore è una città

di - 30 Novembre 2017
C’è un libro di Roberto Alajmo, scrittore e giornalista, dato alle stampe qualche anno fa dal titolo “L’arte di annacarsi. Un viaggio in Sicilia”. “Annacare/annacarsi” è, in dialetto siciliano, un verbo insidioso, difficilmente traducibile in italiano. Quel che più si avvicina è “cullare/cullarsi”, ma non è proprio la stessa cosa. L’arte di annacarsi prevede il muoversi il massimo per spostarsi il minimo. «Pur restando immobile, l’Isola si muove. Non è uno di quei posti dove si va a cercare la conferma delle proprie conoscenze. È invece un teatro dove le cose succedono da un momento all’altro. È un susseguirsi di scatti prolungati, pause per rifiatare e ancora fughe in avanti», scrive Alajmo. L’arte di annacarsi, dunque. Un titolo che racchiude la multiculturalità e gli immobili mutamenti di una terra antica, dove però è possibile trovare oggi la chiave dell’identità europea stessa, a patto di utilizzare anche un po’ di immaginazione. D’altronde, come diceva Leonardo Sciascia, «L’intera Sicilia è una dimensione fantastica. Come si fa a viverci senza immaginazione?».

Veduta di Palermo, Francesco Lojacono, 1875, Manifesta 12 Palermo Atlas, 2017, Courtesy OMA_preview

Questa lunga premessa spiega perché Palermo sia una città ideale, in particolare in questo momento storico, per l’edizione del 2018 di Manifesta (dal 16 giugno al 4 novembre 2018) che sarà intitolata “Il Giardino Planetario. Coltivare la coesistenza”. Se, infatti, nel XVIII e XIX secolo il vecchio continente ha popolato il mondo, oggi il mondo sta popolando il vecchio continente, con un’ondata migratoria drammatica, di cui la Sicilia e il suo capoluogo sono la frontiera d’Europa. L’avamposto naturale di prima accoglienza. In questo contesto, accompagnato dal rigurgito di gruppi e movimenti nazionalisti e xenofobi un po’ dovunque negli stati dell’Unione, che richiamano alla mente pagine inquietanti fino a poco tempo fa ritenute di competenza esclusiva della storia, si colloca il “laboratorio Palermo”. Che Leoluca Orlando, da poco rieletto sindaco della città per la quinta volta in trentadue anni, ha sintetizzato con queste parole lo scorso lunedì, proprio in occasione della presentazione a Roma del progetto curatoriale di Manifesta 12. «Palermo è una città dove non esistono migranti. A chi mi chiede – ha affermato Orlando – quanti migranti ci siano in città, non rispondo sessantamila, settantamila. Ma dico: nessuno. Perché chi arriva a Palermo, diventa palermitano». E puntualizza, certamente non per scandalizzare, dal momento che ci crede davvero: «Palermo non è una città europea, ma mediorientale in Europa. E noi palermitani siamo orgogliosi di essere europei». Questa identità europeista di “città liquida” ha reso necessario, per la prima volta nella storia della biennale, scegliere un gruppo interdisciplinare di specialisti nel team curatoriale (Bregtje van der Haak, Andrés Jaque, Ippolito Pestellini Laparelli e Mirjam Varadinis) e far precedere il loro progetto da un’indagine preliminare, cioè dallo studio urbano “Palermo Atlas”, affidato, anche in questo caso per la prima volta, a uno studio di architettura, OMA. Per ottenere una comprensione più profonda delle strutture sociali, culturali e geografiche di una città tanto complessa e stratificata evidenziandone, attraverso “gli occhi” di Palermo, le nuove forme di coesistenza e le istituzioni locali che sono modelli alternativi di partecipazione politica e civile.
Manifesta 12 Palermo, Orto Botanico, 2017. Photo by CAVE Studio
«Palermo Atlas – ha spiegato in conferenza stampa l’architetto italiano e partner di OMA Ippolito Pestellini Laparelli – è uno studio sulla città passata e presente, una raccolta di modelli, percezioni, storie e testimonianze raccolte sul terreno e supportate da dati. Da un lato, Palermo è punto di partenza per raccontare la storia del Mediterraneo e dell’Europa in generale; dall’altra è una riflessione sulle caratteristiche specifiche di Palermo. Condotti da artisti e professionisti palermitani, abbiamo camminato per la città, visitando oltre 100 siti che hanno forte rilevanza storica, culturale, civile e sociale. Manifesta 12 intende collaborare con la città per mobilitare la cittadinanza e lasciare un’eredità duratura». Se la multiculturalità di Palermo è sempre stata simboleggiata dalla epigrafe quadrilingue (latino, bizantino, arabo, ebraico) del 1149 conservata alla Zisa (di cui un moderno risvolto può essere ritrovato nelle recenti targhe in italiano, ebraico, arabo che indicano i nomi delle vie in quello che fu il quartiere ebraico), da oggi, per scelta del team curatoriale di Manifesta, ha la sua “icona” nel dipinto di Francesco Lojacono del 1875, “Veduta di Palermo” (nella collezione della Galleria comunale d’Arte Moderna). Perché in questa rappresentazione pittorica della città, nulla risulta indigeno, ma l’esito fortunato dell’integrazione di specie straniere. Gli alberi d’ulivo provengono dall’Asia, così come il pioppo tremulo arriva dal Medio Oriente, l’eucalipto dall’Australia, il fico d’India dal Messico, il nespolo dal Giappone. Ispirandosi a questi concetti e all’Orto Botanico locale, la biennale si concentrerà pertanto su questa idea urbana di “giardino planetario”, come recita il titolo di questa edizione, esplorandone la capacità di aggregare le differenze e generare vita da tutti i movimenti e flussi migratori.
Manifesta 12 Palermo, Teatro Garibaldi Venue, Photo by CAVE Studio
Il “Giardino Planetario” ospiterà quattro sezioni principali: “Garden of Flows” si concentrerà sulla tossicità, sulla vita delle piante e sulla cultura del giardinaggio esplorandolo in relazione ai beni comuni globali, all’interno dell’Orto Botanico; “Out of Control Room” investigherà il tema del potere nell’attuale regime di flussi globali (la location di questa sezione verrà rivelata nei prossimi mesi); “City on Stage” si rivolgerà alle opportunità esistenti nel centro e nelle periferie di Palermo per portare avanti progetti finora interrotti e mai realizzati; “Il Teatro Garibaldi” sarà una delle sedi del programma degli eventi pubblici, tra cui dibattiti, workshop e proiezioni cinematografiche (con le pellicole realizzate nella città di Palermo). Tra gli altri luoghi che faranno parte di Manifesta 12, sempre nel quartiere Kalsa, sono stati annunciati piazza Magione, la chiesa dei Santi Euno e Giuliano, Palazzo Butera, per espandersi poi sia al sud che al nord, come nel quartiere ZEN (Zona Espansione Nord). Dal centro alle periferie, alla scoperta di quel patrimonio materiale e immateriale di una città, che dopo decenni di tenebre mafiose, sta recuperando la sua identità di città dell’accoglienza e dei diritti. Insomma, Palermo come una specie di “lanterna di Diogene” per quell’Europa tanto cara anche a Manifesta, eppure ancora divisa, in cerca di identità e radici comuni, per entrare una volta per tutte nella partita delle questioni chiave. Oltre i problemi della curvatura delle banane e quella dei cetrioli.
Cesare Biasini Selvaggi

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