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02
maggio 2008
MATILDE LA PAPISTA?
Progetti e iniziative
Tre mostre, itinerari di visita sul territorio, sinergie internazionali. Per portare un angolo poco conosciuto del Mantovano sulla ribalta europea. Ecco la grande iniziativa che, nel nome di Matilde di Canossa, prenderà il via alla fine di quest’estate, il 31 agosto, per continuare fino al nuovo anno. Coinvolgendo, oltre alla capitale dei Gonzaga, anche il monastero di San Benedetto Po, finora in precario stato di conservazione e poco conosciuto fuori dal circuito dei medievisti e degli appassionati di storia...
Chi era Matilde di Canossa? Perché è così legata a questo territorio? E perché celebrarne in pompa magna la figura? Per comprenderlo è necessario fare un salto indietro al Medioevo, alla metà del Mille: un’epoca decisiva per la nostra storia perché, dopo il lungo sonno succeduto al periodo delle invasione barbariche, l’economia e la società, e con esse le varie arti, iniziarono il risveglio che si sarebbe concretizzato nella fulgida età comunale. In questo contesto, Matilde fu una donna carismatica e intelligente, e si distinse come una dei governanti più potenti di sempre.
Il padre Bonifacio, marchese di un territorio che dall’alta Lombardia si estendeva ai confini settentrionali del Lazio, era un valoroso guerriero; la madre Beatrice era tedesca e parente di molti regnanti del tempo. Un giorno, mentre cacciava, Bonifacio fu ucciso da una scarica di frecce avvelenate. Era il 1052 e la vita di Matilde, che aveva solo sei anni, cambiò per sempre. Con la morte del marchese, infatti, ereditò l’incombenza di governare in prima persona uno degli Stati più importanti dell’epoca.
Poste a cuscinetto tra domini imperiali e papali, le terre di Matilde attiravano gli appetiti dei due massimi poteri dell’Europa medievale, impegnati in un duro scontro che, dietro a un apparente formalismo, celava un’acre lotta per la supremazia. La “questione delle investiture”, in sintesi, riguardava la prassi di consegnare a vescovi e abati, da parte dei principi, l’anello e il pastorale, simboli dell’autorità spirituale. Ciò per i prelati era inaccettabile, perché subordinava la loro missione, che discedeva da Dio, a un potere terreno. Al punto che l’investitura laica fu vietata nel 1075 da Gregorio VII nel Dictatus Papae.
La guerra a colpi di deposizioni e scomuniche vide protagonista proprio Matilde che, grazie alle sue doti di mediatrice, ospitò nel suo castello di Canossa l’incontro decisivo tra i contendenti. L’imperatore si umiliò e chiese perdono al papa. E anche se la riappacificazione fu momentanea (la questione sarebbe stata risolta solo nel 1122, con un concordato che separò i due poteri), il dispiegarsi degli eventi mise in luce le qualità di Matilde che, donna in un mondo di uomini, dimostrò grande risolutezza.
Amministrava la giustizia viaggiando nei suoi territori, incurante dei pericoli. Fronteggiò le ribellioni di Mantova, Ferrara, Modena, Bologna e Reggio contro il suo dominio feudale. Comandò il suo esercito contro i nemici. Lasciò un’impronta indelebile nelle sue terre costruendo fortezze, castelli e chiese. Le fonti la descrivono come il modello del principe laico ma cristiano, fedele alla Chiesa ma politicamente scaltro, mecenate nelle arti e riformatore in campo giuridico. Morì di gotta nel luglio 1115 sul Po, a pochi chilometri dal prediletto monastero di San Benedetto. Aveva 69 anni.
Una donna straordinaria, dunque, simbolo di un territorio e di un’epoca. Ecco perché a lei sono dedicate tre grandi mostre. Curate da Renata Salvarani, Liana Castelfranchi, Paolo Golinelli e Roberto Brunelli, sono coordinate da un comitato scientifico internazionale. Alla Casa del Mantegna saranno ripercorse grazie a gioielli, opere d’arte e reperti archeologici le vicende storiche e la vita di Matilde; al Museo Diocesano sarà rievocata la figura di Anselmo da Baggio, suo consigliere; infine al Polirone, nel refettorio ora restaurato, si potrà rivivere la storia della prestigiosa abbazia e ammirare, oltre agli ambienti occupati dai benedettini come la biblioteca e l’orto botanico, la basilica di Giulio Romano.
Il corpo di Matilde fu sepolto nella chiesa di San Benedetto Po. Poi fu traslato a Roma, in Castel Sant’Angelo e, nel 1644, in San Pietro. La leggenda vuole che la salma di Matilde, malgrado gli oltre cinque secoli, fosse ancora integra, con una cascata di capelli biondo-rossicci e denti grandi e splendidi. Ora la Contessa assisterà benevola al ritorno alla fama della sua terra.
Il padre Bonifacio, marchese di un territorio che dall’alta Lombardia si estendeva ai confini settentrionali del Lazio, era un valoroso guerriero; la madre Beatrice era tedesca e parente di molti regnanti del tempo. Un giorno, mentre cacciava, Bonifacio fu ucciso da una scarica di frecce avvelenate. Era il 1052 e la vita di Matilde, che aveva solo sei anni, cambiò per sempre. Con la morte del marchese, infatti, ereditò l’incombenza di governare in prima persona uno degli Stati più importanti dell’epoca.
Poste a cuscinetto tra domini imperiali e papali, le terre di Matilde attiravano gli appetiti dei due massimi poteri dell’Europa medievale, impegnati in un duro scontro che, dietro a un apparente formalismo, celava un’acre lotta per la supremazia. La “questione delle investiture”, in sintesi, riguardava la prassi di consegnare a vescovi e abati, da parte dei principi, l’anello e il pastorale, simboli dell’autorità spirituale. Ciò per i prelati era inaccettabile, perché subordinava la loro missione, che discedeva da Dio, a un potere terreno. Al punto che l’investitura laica fu vietata nel 1075 da Gregorio VII nel Dictatus Papae.
La guerra a colpi di deposizioni e scomuniche vide protagonista proprio Matilde che, grazie alle sue doti di mediatrice, ospitò nel suo castello di Canossa l’incontro decisivo tra i contendenti. L’imperatore si umiliò e chiese perdono al papa. E anche se la riappacificazione fu momentanea (la questione sarebbe stata risolta solo nel 1122, con un concordato che separò i due poteri), il dispiegarsi degli eventi mise in luce le qualità di Matilde che, donna in un mondo di uomini, dimostrò grande risolutezza.
Amministrava la giustizia viaggiando nei suoi territori, incurante dei pericoli. Fronteggiò le ribellioni di Mantova, Ferrara, Modena, Bologna e Reggio contro il suo dominio feudale. Comandò il suo esercito contro i nemici. Lasciò un’impronta indelebile nelle sue terre costruendo fortezze, castelli e chiese. Le fonti la descrivono come il modello del principe laico ma cristiano, fedele alla Chiesa ma politicamente scaltro, mecenate nelle arti e riformatore in campo giuridico. Morì di gotta nel luglio 1115 sul Po, a pochi chilometri dal prediletto monastero di San Benedetto. Aveva 69 anni.
Una donna straordinaria, dunque, simbolo di un territorio e di un’epoca. Ecco perché a lei sono dedicate tre grandi mostre. Curate da Renata Salvarani, Liana Castelfranchi, Paolo Golinelli e Roberto Brunelli, sono coordinate da un comitato scientifico internazionale. Alla Casa del Mantegna saranno ripercorse grazie a gioielli, opere d’arte e reperti archeologici le vicende storiche e la vita di Matilde; al Museo Diocesano sarà rievocata la figura di Anselmo da Baggio, suo consigliere; infine al Polirone, nel refettorio ora restaurato, si potrà rivivere la storia della prestigiosa abbazia e ammirare, oltre agli ambienti occupati dai benedettini come la biblioteca e l’orto botanico, la basilica di Giulio Romano.
Il corpo di Matilde fu sepolto nella chiesa di San Benedetto Po. Poi fu traslato a Roma, in Castel Sant’Angelo e, nel 1644, in San Pietro. La leggenda vuole che la salma di Matilde, malgrado gli oltre cinque secoli, fosse ancora integra, con una cascata di capelli biondo-rossicci e denti grandi e splendidi. Ora la Contessa assisterà benevola al ritorno alla fama della sua terra.
link correlati
www.mostramatildedicanossa.it
elena percivaldi
[exibart]