28 maggio 2024

Meteore Fest, lo Spazio della cultura queer tra Roma e Milano

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La cultura queer torna a essere protagonista con Meteore Fest, il festival organizzato da TWM Factory di Roma e BASE Milano che mira a creare un ponte tra le due città: ne parliamo con i curatori

Elena Zecchin, performance Seminate Utopie.

Dal 31 maggio al 29 giugno 2024, Roma e Milano ospiteranno un programma ricco di installazioni, performance, laboratori, presentazioni di libri, djset e workshop, incentrati sulla valorizzazione degli spazi e la costruzione di comunità inclusive. Organizzato da TWM Factory e BASE Milano, Meteore Fest si propone come piattaforma di trasformazione sociale e culturale, offrendo spazio a voci emergenti e affermate della scena queer contemporanea. «Con Meteore Fest vogliamo conquistare spazi di riconoscimento, specialmente per coloro che troppo spesso non trovano posto altrove», affermano i curatori Carlo S. Battisti, Nicola Brucoli e Federico Sacco.

ILa programmazione non si limita alle performance o ai dibattiti ma si sviluppa anche negli spazi interstiziali, nei momenti tra un happening e l’altro, creando un ambiente di continuo scambio umano, credendo nel potere sovversivo tanto delle rappresentazioni e delle narrazioni fuori norma, quanto delle relazioni che si creano in luoghi di socialità fuori dalle logiche patriarcali e del consumo.

The Queer Architect

Lɜ artistɜ e pensatorɜ selezionatɜ per questa edizione esplorano come il fare-queer possa creare nuovi spazi che valorizzino le diversità, la cura e la solidarietà verso gli altri esseri umani, animali, vegetali o artificiali. Attraverso atti performativi e installativi, il festival mira a lasciare un’impronta nello spazio, stratificando le opere nelle storie personali e collettive. Il programma è vario, spaziando dai contributi di artistɜ e autorɜ internazionali come quelli di The Queer Architect, Sarina Scheidegger e Leslie Kern, alle performance sonore del dj resident Egeeno, fino alla poesia performativa di Questa Cosa Queer e alle storie di Antonia Caruso e Giorgio Umberto Bozzo, passando per le sculture in cartapesta di Franca Fungo e la riscoperta dei materiali dell’Archivio Omologie.

Col desiderio di superare una concezione contemplativa e una fruizione passiva dell’arte, Meteore Fest vuole essere un catalizzatore per le comunità, in grado di generare processi virtuosi di attivazione, riflessione, partecipazione (e anche divertimento – non dimenticando il clubbing tra le radici del queer). 

Per garantire l’accessibilità, inoltre, TWM Factory ha avviato una campagna di crowdfunding sulla piattaforma Produzioni dal Basso, con l’obiettivo di superare le barriere economiche che spesso limitano l’accesso alla cultura e all’arte, rendendo ogni evento del festival gratuito e aperto a tuttɜ.

collettivo plurale, performance

Meterore Fest: la parola ai curatori

Per approfondire le specificità e le sfide di questa edizione di Meteore Fest, abbiamo intervistato i curatori Carlo S. Battisti, Nicola Brucoli e Federico Sacco. Ecco cosa ci hanno raccontato.

Quali sono le principali novità di questa edizione di Meteore Fest rispetto alle precedenti manifestazioni ULTRAQUEER e Queer Pandèmia?

«Le prime edizioni di Ultraqueer, sono state grandi esposizioni: al centro della rassegna, la rappresentazione di soggettività e alterità queer nelle arti visive, la necessità di riappropriazione dei luoghi della cultura come musei e centri culturali. Sono state due collettive che insieme hanno visto partecipare oltre cento artistɜ da tutto il mondo che hanno raccontato i “centinaia di sessi” che compongono la comunità LGBTQIA+ . La rassegna di talk nelle prime due edizioni è stata uno strumento di ricerca e di partecipazione, ma ha avuto un’accezione quasi scientifica.

Quest’anno la manifestazione prende la connotazione di Festival, ogni evento è un satellite che orbita intorno al concetto di queerness: le mostre, le performance, i dibattiti hanno tutti la stessa valenza, nella costruzione di un palinsesto che restituisca la complessità della comunità, delle sue identità e delle sue istanze. Una moltitudine di linguaggi e temi, dalla poesia orale, alla reinterpretazione politica di materiale storico, passando per la performance sonora, l’ecofemminismo, e la celebrazione del drag, arte queer per eccellenza. Le pratiche performative e partecipate diventano un momento fondamentale nella struttura e cura degli eventi.

Crediamo fortemente che il processo, in alcuni casi, possa essere più forte del risultato. Pensiamo che nella liveness e nel qui ed ora, quindi nella performance stessa, negli scambi umani, risieda lo strumento fondamentale per coinvolgere comunità reali, fatte di corpi desideranti di esprimersi, di partecipare alla vita artistica così come a quella politica. Abbiamo immaginato dei momenti che stratificheranno un’impronta nello spazio, mutandolo di performance in performance, di mostra in mostra, restituendo uno spazio e un festival sempre diverso. È nella mutevolezza che risiede l’idea del cambiamento, così come speriamo che ogni evento possa sedimentarsi nelle menti dei partecipanti».

Quali sono le sfide principali che avete affrontato nell’organizzare un festival queer in due città come Roma e Milano sempre più gentrificate anche a causa della mercificazione del queer?

«Le difficoltà sono state senza dubbio economiche e di accettazione di una narrazione non stereotipata. Le istituzioni non ci hanno supportato, da quelle più contrarie alle teorie queer come i ministeri della cultura o della famiglia o la regione, ormai riflesso di politiche di oppressione e omolesbobitransfobia, all’indifferenza di Roma Capitale o dei municipi, che non hanno trovato interessante una narrazione che non si conformasse allo stereotipo edulcorato del “love is love”, indubbiamente più facile da veicolare e di più semplice impatto.  

La ricerca di Ultraqueer, che quest’anno viene declinata in Meteore Fest, presidio di complessità, non scende a compromessi, essendo però sintesi di una comunità ampia. Narriamo l’unicità e le differenze, a volte mostruose e a volte caleidoscopiche.
Ovviamente anche l’industria capitalista dei brand o dei club, non ha trovato interessante supportare un format ad accesso gratuito, che analizzasse l’inclusività della lotta di classe, e che quindi prevedesse un ingresso libero. Lɜ partecipanti al festival per noi non sono merce di scambio. Le rassegne, quelle importanti, che ricevono fondi e attenzioni si svolgono sempre negli stessi luoghi, quelli in cui la politica può farsene baluardo: il centro, i municipi più facoltosi o quelle istituzioni che attirano l’attenzione pubblica. Tutto ciò che si muove nel substrato underground, che rappresenta veramente le comunità, i cittadini, le persone LGBTQIA+ e alleate, è spesso escluso e marginalizzato dai media e dai finanziamenti.

Queer oggi è un brand, nella visione del queer washing, è stato reso cool, dall’industria musicale mainstream, dai club dei quartieri bene o quelli gentrificati, da alcune industrie della moda, dai magazine più fancy, dal capitalismo liberista. Nonostante crediamo che l’appropriazione culturale di questo termine sia spesso una pratica di mercificazione del capitalismo, e quindi sbagliata a priori, crediamo anche fortemente a uno spirito di cooperazione e socialità. In questo momento di frammentazione i movimenti transfemministi e lgbtqia+ dovrebbero unirsi e approcciare al  “queer” come un termine che non può essere controllato, se cadiamo nella rivendicazione di possederlo imponiamo il possesso: una pratica tipica dell’eteropatriarcato».

Franca Fungo, scultura in cartapesta.

A questo proposito, potresti approfondire il concetto di “fare-queer” e come questo influisca nella costruzione di nuovi spazi safe/inclusivi?

«Per noi “fare queer” è una pratica quotidiana e naturale. Quando, ormai 6 anni fa, la nostra associazione TWM Factory ha inaugurato il centro culturale Roma Smistamento non sapevamo bene cosa stessimo facendo, ma ci guidava l’idea di creare uno spazio dove essere noi stessɜ, dove poterci esprimere liberamente, dando vita a progetti creativo-culturali che rompessero i paradigmi della ricerca istituzionale e dell’arte da galleria standardizzata. Un luogo orizzontale, dove le competenze sono condivise e il cervello è sociale, tuttɜ sono benvenutɜ e possono contribuire ad approfondire e trovare nuove domande e possibili risposte ai grandi temi del nostro tempo: inclusione, ambiente, precarietà. Un luogo rigenerato e vissuto da una comunità di creativɜ queer e alleatɜ, che si è aperto al territorio e ai suoi abitanti.

Possiamo intendere la rigenerazione, quella vera, che recupera, trasforma, vivifica i  luoghi abbandonati, dismessi, falliti, in nuove case da far abitare da comunità vive la pratica più queer dell’architettura contemporanea.

Con Meteore Fest a Roma Smistamento lavoreremo sullo spazio indoor, stratificando esperienze in un luogo ibrido di lavoro, ricerca, relazioni e tempo libero; mentre a  di BASE Milano ci focalizzeremo sullo spazio esterno, invadendo la dimensione semi-pubblica con immagini e corpi fuori dagli schemi tradizionali.

Riteniamo fondamentale dar vita a più spazi inclusivi, davvero queer, nelle nostre città, perché non sono solo i luoghi dove le persone si sentono accolte e in sicurezza, ma da dove spesso nascono idee e narrazioni che rappresentano la linfa vitale della classe creativa contemporanea».

Qui il programma completo del festival.

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