Milano, al MEET un’installazione immersiva per rivivere la storia di Claudette Colvin

di - 8 Febbraio 2024

È stata presentata al Meet Digital Culture Center di Milano una nuova installazione immersiva e dal taglio narrativo e documentaristico, dal titolo NOIRE la storia sconosciuta di Claudette Colvin, in coproduzione con Novaya, Emanuela Righi, Flash Forward Entertainment di Patrick Mao Huang e il Centre Pompidou. L’esperienza parte dal libro pluripremiato di Tania De Montaigne, NOIRE, la vie mèconnue de Claudette Colvin, edizioni Grasset, 2015, adattato dai registi Stephan Foenkinos e Pierre Alain Giraud.

Attraverso la realtà aumentata, una coinvolgente esperienza di 32 minuti ci trasporta nella triste realtà degli anni ’50, nel profondo sud degli Stati Uniti, per essere partecipi del disagio che potevano provare le persone nere, tra discriminazioni razziali e vessazioni consuete. Un modo, dunque, di narrare una storia vera, in questo caso dimenticata, facendoci rivivere sensazioni, gesti ed emozioni con protagonisti ologrammi che appaiono veri e vivi, una realtà e una finzione che a piani sovrapposti si fonde e ci confonde.

La produttrice Emanuela Righi ci ha parlato del duro lavoro di regia, durato un anno e mezzo, con veri attori che si sono alternati in un set cinematografico con 48 telecamere attive a filmare, attore per attore, tutte le scene in un ambiente totalmente verde, neutralità necessaria per estrapolare dal contesto i personaggi. Gli oggetti, invece, sono stati elaborati al computer. Grazie a questo impegno,  un’esperienza che gettò i presupposti per un cambiamento epocale ma che è rimasta sconosciuta per lungo tempo, ha potuto riprendere vita.

La storia dimenticata di Claudette Colvin, da rivivere al MEET

La storia che si rivive grazie alla tecnologia sofisticata, all’ausilio di visori di ultima generazione AR Hololens 2 e cuffie con una voce narrante che ci guida nel triste episodio, avviene il 2 marzo del 1922 in Alabama. La protagonista è una giovane studentessa nera, Claudette Colvin, in una giornata come tante, di ritorno a casa con l’autobus regolarmente pagato. La ragazza si siede nel posto riservato ai neri ma strada facendo, con l’affollarsi del mezzo, non cede la seduta.

I neri avevano l’obbligo di alzarsi e far sedere i bianchi ma lei, pur pressata dall’insistenza di una donna bianca e dalle grida del conducente, rifiuta di alzarsi. Viene portata di peso fuori dall’autobus e, quindi, in prigione. Nonostante la giovane età, Claudette si mantiene calma, lucida e gentile per tutto il tempo. Ripeterà: «Questo è un mio diritto, voi mi state togliendo un mio diritto». Seguirà il processo, che la vedrà colpevole di tre capi di imputazione: violazione delle leggi di segregazione, aggressione e disturbo della quiete pubblica.

Rediscovery number: 25678

Nell’emozionante esperienza e attraverso giochi di luce, si è soli con i protagonisti che si dissolvono man mano che la scena cambia, creando una scia di piccoli elementi pulviscolari, particelle per un gioco poetico di ascolto e risoluzione, senza colpevoli o aggressioni.

Di grande impatto la trasparenza dei dieci visitatori con cui si può condividere l’esperienza: complici sapienti giochi tecnologici di luci riflesse, gli altri individui, compagni di avventura, non si percepiscono, potenziando l’emotività della solitudine inascoltata. Si diventa fantasmi viventi mentre gli ologrammi, per la loro veridicità, sono a tutti gli effetti concreti, con i loro gesti e le loro posture. Quest’opera immersiva è talmente reale e coinvolgente che a un certo punto, complici giochi di luce, cambiamenti di atmosfera e di temperatura e particolari vibrazioni, in un momento drammatico del racconto ci si vorrebbe avvicinare alla protagonista sopraffatta dagli eventi e resa disperatamente sola e dimenticata, per poterle portare conforto ma ci si ferma quando ad abbracciare sarà solo l’aria.

La storia di Claudette non ebbe risonanza mediatica, anche se è stato il primo gesto concreto, la prima scintilla che scatenò il movimento di boicottaggio dei bus. Neanche i leader neri della comunità di Montgomery sostennero o pubblicizzarono l’azione rivoluzionaria di Colvin, perché adolescente, incinta di un uomo sposato, considerata vivace, chiacchierona ed emotiva, non degna di essere eroina e portavoce di diritti razziali.

Rosa Parks, nove mesi dopo, oppose la stessa resistenza passiva, nello stesso luogo, con stesso scenario, subendo la medesima reazione da parte dello Stato. In questo caso, però, l’intera comunità la sostenne e la elesse a modello, portavoce di tali diritti perché considerata calma, ben educata e studiosa per tanto idonea e mediaticamente più efficace. L’ingiustizia nell’atto e nel ricordo è il motore di questa operazione artistica e documentaristica: riabilitare il nome di Claudette, la prima donna rivoluzionaria che, grazie al suo gesto, cambiò la storia.

Il 5 giugno del 1956, la Corte Distrettuale degli Stati Uniti per il distretto dell’Alabama emise una sentenza dichiarando incostituzionale le leggi dello Stato. Il 20 dicembre 1956 il tribunale di Montgomery ordinò di porre fine in modo permanente alla segregazione sui mezzi pubblici. Molti anni dopo, un reverendo dell’Alabama, riabilitò il nome di Claudette celebrando il 2 marzo il Claudette Colvin Day, affinché mai più il nome e le gesta di questa donna coraggiosa passassero inosservate.

Nuovi linguaggi al MEET

La formula mixed reality, in cui l’arte digitale è al servizio della creatività e, allo stesso tempo, sensibilizza tematiche sociali, è la formula preferita dal MEET e dalla sua fondatrice, la presidentessa Maria Grazia Mattei. Dalla nascita il MEET Digital Culture Center, sostenuto dalla fondazione Cariplo, favorisce e patrocina l’innovazione come fatto culturale prima che tecnologico e promuove incontri, progetti ed esposizioni utilizzando nuovi linguaggi, lavorando su fluidità, interconnessione e partecipazione attiva. Noire è un prodotto d’eccellenza con l’impegno di professionisti del calibro del compositore Valgeir Siguròsson, di Nicolas Becker (soud design) e Philippe Berthomè (light design).

L’installazione è itinerante ed è stata ammirata a Taiwan, a New York, durante il Tribeca Film Festival, e a Londra, mentre prossimamente sarà presentata in Canada.

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