Quali obiettivi ti eri posta?
Due obbiettivi: uno, posizionare e accreditare la Fondazione Querini Stampalia come luogo anche per l’arte contemporanea all’interno del sistema dell’arte nazionale e internazionale.
L’altro?
Fidelizzare la struttura interna e farle amare la contemporaneità dissolvendo i timori e i preconcetti che c’erano su di essa, e diventare una piccola piazza di riferimento per la città. Non sono io che devo dire se gli obiettivi sono stati raggiunti, ma di sicuro adesso ho la sensazione che lo staff che si è formato con me e che si prende cura degli eventi di arte contemporanea in Fondazione ha raggiunto un livello di professionalità molto alto e invidiabile da qualsiasi museo contemporaneo.
Insomma, sono stati cambiati i connotati a un’istituzione addizionandola di funzioni nuove…
Sì. Grazie a un lavoro lento e costante nel tempo, la Querini adesso non è solo più riconosciuta come seconda biblioteca della città ma anche come un luogo in cui si lavora con gli artisti di oggi.
Che patrimonio di competenze porti con te a Milano? In cosa ti senti fortificata dopo gli anni di esperienza veneziana?
Alla fondazione non c’era e non c’e tutt’oggi un budget dedicato al programma di arte contemporanea per cui oltre al lavoro di scelta degli artisti e di sviluppo del progetto con loro, mi sono sempre dovuta occupare anche di fundraising per garantire gli eventi. Ma la ricerca dei fondi va insieme alla credibilità dei progetti e credo di poter dire che, se ho trovato del denaro, è perché ogni sponsor è stato coinvolto fin dall’inizio nella progettazione e non lo si è considerato solo una fonte economica.
Qualche esempio in concreto?
Penso al rapporto con Giovanna Furlanetto, con la quale abbiamo costruito molte cose insieme che continuano tutt’oggi e che sono partite da una relazione molto stretta e di scambio con tutta la Fondazione Querini. Penso alla lunga e collaborativa relazione con la Regione del Veneto… A giugno per esempio, inauguriamo alla Fondazione Querini Stampalia proprio insieme alla Fondazione Furla come main sponsor e alla Regione Veneto un grande progetto di Mona Hatoum durante la Biennale. Ognuno ha messo le proprie competenze e le proprie risorse: economiche, professionali, di comunicazione, di esperienza didattica e di location… Ovvio, la sinergia porta lontano, l’ho sempre creduto, e oggi più che mai è diventata la via maestra. Questo è un modo che mi appartiene e con le dovute proporzioni e cambiamenti certo mi aiuteranno anche all’Hangar.
Cosa vuoi che sia l’hangar? Cosa vuoi che diventi?
Ogni luogo ha una sua vocazione e devo trovare, prima di tutto, quella dell’Hangar… Perché non si tratta di allargare la ‘taglia’ del programma che avevo pensato per la Fondazione Querini. Devo trovare il vestito giusto e la vocazione di questo spazio che è sicuramente di un’altra complessità rispetto a quello veneziano… Per esempio, in che modo due criticità come la grandiosità delle sue dimensioni e l’ubicazione periferica si trasformino in opportunità. Spezzando lo spazio nella compresenza di diverse attività e mettendo in risalto invece l’eccezionalità dello spazio “cattedrale” dedicando una sua porzione a progetti site specific di artisti nazionali e internazionali.
E il problema della lontananza dal centro?
Si abbatte se si riesce a giustificare intanto lo sforzo che una persona deve fare per raggiungerlo, quindi diversi eventi insieme che lo trasformino in una piazza dove vai a una mostra, ma anche a sentire un concerto di musica contemporanea o a vedere uno spettacolo di danza… Inoltre è necessario attivare le comunità circostanti e diventare per loro un punto di riferimento centrale. Renderlo accogliente, addolcirlo un po’ e dialogare con il contesto che lo circonda: un passato carico di storia, l’Università vicino e quello che una volta si chiamava l’hinterland. Di sicuro immagino anche un’attività teorica e di riflessione di alto livello che porti all’Hangar intellettuali, filosofi e artisti da tutto il mondo a dialogare insieme. Anche in questo caso sarà importante avere la doppia marcia: proposte raffinate per i palati d’avanguardia, ma anche un pubblico allargato, più giovane e popolare.
Che tipologia di budget annuale avrai a disposizione? I denari saranno interamente forniti dalla casa madre Pirelli Re o ci saranno altri soci della neonata fondazione?
L’Hangar Bicocca è diventata una Fondazione di diritto privato senza fini di lucro grazie alla sinergia tra Pirelli Re con Camera di Commercio e Regione Lombardia per il momento. Da quando esiste la fondazione non è corretto parlare di Pirelli Re come casa madre, certo lo è stata all’inizio dell’attività, ma ora ha fatto un passo indietro ed è solo uno dei soci fondatori con uguali diritti e uguali doveri degli altri. Nello staff della fondazione che si sta formando c’è una persona di consolidata esperienza incaricata per la ricerca di fondi e quindi auguriamoci che entrino presto altri soci a incrementare il budget annuale che ora è di 750mila euro. Più che un budget faraonico (non è più il tempo) o un lancio spettacolare, conto che ci sia un budget garantito, che dia continuità agli eventi e una linea di pensiero che permetta di costruire il senso del programma progressivamente mettendo un mattone dopo l’altro…
Di che genere di staff ti potrai avvalere?
Figure tecniche e professionali legate alla produzione e all’allestimento di opere d’arte contemporanea e di volta in volta curatori con i quali costruire il programma che deve essere qualcosa di costantemente vivo e propositivo.
Che modifiche farete allo spazio per poter lanciare la stagione delle tue mostre?
Tutto lo spazio dell’Hangar andrà sottoposto a un restauro leggero che permetta di ottimizzare i costi di allestimento dei vari progetti: dalla predisposizione dell’impianto elettrico a quel minimo di riscaldamento da renderlo accessibile d’inverno. Sono previsti nel progetto un bookshop e un ristorante, depositi e servizi. S’individueranno maggiormente le aree espositive soprattutto isolandole dalle torri di Kiefer che rischiano altrimenti di ‘dominare’ su ogni altra possibile installazione…
Sei alla guida di quello che è di fatto l’unico centro d’arte contemporanea della città. Una bella responsabilità. Come giudichi l’assetto culturale del contemporaneo a Milano? Come vedi il ruolo della Triennale, quello dell’inaugurando Museo del Novecento e del futuro centro d’arte contemporanea a CityLife?
Ogni cosa che si inauguri e si attivi a Milano per divulgare la cultura contemporanea è importante. Visto il momento difficile in cui ci troviamo, le sinergie che si creano tra i vari poli culturali sono di vitale importanza. Ogni istituto ha un sua vocazione specifica e tesserle insieme non può che portare lontano e far crescere tutti.
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Chiara Bertola fa parte del sistema monopolistico dell'arte italiana. Al capo del furla è stata fortemente influenzata da dipietrantonio e garutti facendo scelte improbabili come depero,sissi o angioletti. Non si capisce su cosa si basa la qualità se si basa solo sull'opinioni di amic degli amici.