A quanto ammonta il budget effettivo per le acquisizioni?
A circa un milione e mezzo di euro per triennio.
Il tuo mandato è iniziato un paio d’anni fa. Alla luce dell’attuale crisi finanziaria è stato modificato il tuo raggio d’azione o il budget iniziale che avevi a disposizione?
No, investimenti e programmi sono stati confermati, solo ancor più definiti, se vogliamo. Abbiamo ovviamente prestato grande attenzione alla gestione dei budget relativi all’organizzazione degli eventi espositivi, ma occorre qui sottolineare come la Fondazione abbia sempre privilegiato un tono discreto e concreto nella promozione delle sue attività, decisamente lontano dal glamour che spesso accompagna questo genere di operazioni culturali. Senza dubbio opportuno in un momento di evidente difficoltà come quello che l’economia mondiale sta attraversando.
Mio compito precipuo è quello di studiare, selezionare e sottoporre alla Commissione Cultura della Fondazione documentate proposte di acquisizione.
L’ulteriore tappa della Fondazione è stata l’acquisizione delle pietre miliari della fotografia italiana, che ha dato luogo alla mostra Uno, la quale ha infatti racchiuso i nomi essenziali del nostro passato prossimo. Su quali lavori in particolare è caduta la tua scelta?
Uno sono state fatte di comune accordo con gli artisti. Abbiamo cercato di acquisire nuclei di opere rappresentativi dello stile e della storia di ognuno di loro. Sono stati privilegiati dunque “corpi” di lavori oppure singole opere che testimoniano momenti decisivi nel loro percorso artistico, com’è successo con il Bar Code 2 che Vaccari ha appositamente realizzato per noi, un’edizione aggiornata dell’installazione presentata alla Biennale di Venezia del 1993. Di Ghirri abbiamo acquistato alcune fra le immagini più emblematiche della celebre serie realizzata a Versailles; di Fontana un corposo numero di Paesaggi Urbani; di Basilico vedute di città fra le più note, a comporre una sala che resterà permanente come il Bar Code 2 di Vaccari; di Jodice un significativo insieme di opere dalla serie Mediterraneo.
L’appuntamento per la prossima tappa è invece con alcuni autori della generazione successiva e suppongo che la selezione non sia stata facile. Potresti scegliere per ogni artista una sola parola o una motivazione che giustifichi la sua presenza all’interno di questa piccola rosa di selezionati?
I giovani della mostra Due, che verrà inaugurata a settembre, sono stati scelti in base ai progetti presentati lo scorso anno. È stato messo in rete il bando relativo all’edizione 2009, per la quale verranno selezionati altri tre progetti. A Ferrero Merlino, Pirito e Rivetti abbiamo poi aggregato altri tre autori della generazione precedente, Andreoni, Campigotto e Thorimbert, cercando di dar conto di tendenze e stili diversi, come del resto appare ancora oggi molta della fotografia italiana, pur orientata verso l’esplorazione del paesaggio contemporaneo, con approcci ovviamente differenti. Per questo mi riesce difficile trovare una parola o una motivazione che possa identificarli. Credo che, dopo anni di maturazione e resistenza, la nostra fotografia cominci ad avere una sua fisionomia guardando alla generazione dei più giovani, quelli che hanno fatto tesoro delle esperienze degli autori del passato e che certamente sono più consapevoli dei sistemi che regolano il mondo dell’arte, cui appartiene la fotografia.
Le prossime acquisizioni riguarderanno i Paesi dell’Europa dell’Est. Puoi già rivelarci qualche nome sicuro?
Saranno più di 25 gli artisti presenti nella selezione dedicata all’Est Europa. Fra questi, Ene-Liis Semper, Aleksander Petlura, Roman Ondak, Renata Poljak, Irwin, Alexandra Croitoru, Monachisa e Tkacova, Milica Tomic, Maja Bajevic, Banu Cennetoglu.
Continueranno le acquisizioni anche in ambito italiano?Sì, certamente la collezione italiana proseguirà con due appuntamenti per anno, senza seguire però un preciso ordine cronologico. Di questi, uno sarà sempre dedicato ai giovani.
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a cura di francesca mila nemni
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Mi congratulo con Maggia per aver scelto lavori di autori che hanno usato sapientemente il mezzo fotografico per connotare, utilizzando il reale pregnato di un "senso" che condividevano. Ghirri è un esempio significativo di questo percorso
e già nel lontano 1981, quando organizzai a Salerno "Foto, grafia flessibile includendo una sua mostra, ebbi modo di sottolinearlo
nel seminario all'Universita, Facoltà di Lettere, dedicato a lui.
Non sono contrario ad una realtà virtuale
elaborata per "connotarla" e dare il "senso" dell'autore, ma è tutt'altra cosa.
La "scrittura di luce" resta quella che in tempo reale offre nel "vero più vero del vero", il senso che l'operator intende
trasmettere.
Antonio Tateo, direttore dell'Olds