Modigliani, “Hashish e Brandy”

di - 10 Marzo 2018
La domenica mattina alla Tate Modern è un’immersione profonda nella cultura moderna e contemporanea. “Free and open to all” recita la grande scritta sulla ex centrale termoelettrica riconvertita a spazio museale, attualmente uno dei più vivaci al mondo, dagli architetti svizzeri Jacques Herzog e Pierre de Meuron.
Oggi l’energia termoelettrica si è trasformata in energia creativa: dalla meravigliosa collezione che va dal ‘500 ai giorni nostri, alla Switch House, a nuova ala inaugurata nel 2016, alla retrospettiva dedicata ad Ilya ed Emilia Kabakov, la coppia di artisti russi che dissacra la simbologia del regime sovietico, alla grande installazione di Superflex che occupa l’intero spazio della Turbine Hall, la project room della Tate.
Al terzo piano l’antologica dedicata ad Amedeo Modigliani, curata da Simonetta Fraquelli e Nancy Ireson (fino al 2 aprile 2018), è un grande evento perché per la prima volta questo grande innovatore dell’arte del Novecento viene privato della sua veste “rinascimentale”.
Modigliani, Tate Modern, Londra, 2017-2018 Photo: © Tate
“Hashish e brandy” sono queste le parole con le quali Beatrice Hastings, alias Madame Pompadour, ricorda il primo incontro con Amedeo Modigliani. Sono gli anni più fervidi, quelli in cui vive a Parigi nella casa che era un tempo di Émile Zola e dipinge Paul Guillaume come un Novo Pilota, una stella polare. Paul Guillame era uno dei suoi mecenati, quei pochi che gli permisero di sopravvivere e che lui amava ritrarre come un uomo d’affari in giacca e cravatta perché era una figura che gli infondeva sicurezza.
Tra i nudi in mostra Nude Study del 1908 dove si sentono ancora forti gli echi del Secessionismo viennese di una Giuditta, assai distante da Reclining Nude on a White Cushion, un olio su tela del 1917 dove a posare è una prostituta e Nude dello stesso anno, un’enorme tela proveniente da una collezione privata. I nudi femminili, mai volgari, sono sovrastati da uno sfondo rosso mattone, colore della sensualità, come nella Venere di Urbino di Tiziano o nell’Olympia dipinta da Manet circa cinquant’anni prima, e che Modigliani aveva visto al Musée d’Orsay.
The Little Peasant.1918 Medium Oil paint on canvas 1000 x 645 mm Tate, presented by Miss Jenny Blaker in memory of Hugh Blaker 1941
Se è vero che Modigliani è conosciuto, anche contro la sua volontà, più come pittore che come scultore, è nelle sculture che emergono la vivacità febbrile e, allo stesso tempo, l’estrema grazia della sua parabola artistica. La mostra della Tate fa luce sulle ragioni di questa ridotta produzione scultorea, individuandole nelle ristrettezze economiche, ma anche in una sorta di rispetto che Modigliani aveva per la materia che veniva “aggredita” solo dopo aver realizzato molti bozzetti preparatori.
“Scolpiva allo stesso modo…disegnava per un lungo periodo e poi attaccava direttamente il blocco di pietra” diceva Paul Alexandre, uno dei suoi principali committenti. Nelle nove sculture, tra teste e cariatidi, esposte in questa sezione, Modigliani mette a punto una sintesi di idee e di emozioni, dell’arte tribale e di quella rinascimentale, della scultura arcaica, di Picasso e di Brancusi. Forme enigmatiche, pure, astratte ed estratte direttamente dai blocchi di calcare e di arenaria, figure dai capelli accennati, i profili allungati e gli occhi semiaperti. Le pietre arrivano dai cantieri edili e le traversine dalle metropolitane, ma l’epoca delle sculture dura appena due anni.
Tra gli omaggi agli artisti da lui molto stimati c’è quello a Costantin Brancusi, dipinto sul retro di una tela per sfruttare al massimo il poco materiale a disposizione. Da entrambi i lati la pittura è molto influenzata dal Cézanne a lui contemporaneo, dove le pennellate libere e i colori più luminosi segnano una nuova maniera di dipingere.
Superflex, One Two Three Swing!, Turbine Hall, Tate Modern
Ed è proprio a Cézanne che si ispira per uno dei capolavori presenti in mostra, nella collezione della Tate Modern dal 1941: rifiutato da Kenneth Clark, il suo primo compratore che se lo portò a casa per 60 sterline, The Little Peasant (1918) finì nelle mani di Hugh Blaker i cui eredi lo donarono alla Tate. Oggi le opere di Modigliani vengono vendute a 170 milioni di dollari.
La mostra si conclude con un’esperienza virtuale, per la prima volta organizzata dal museo: i visitatori possono rivivere l’emozione di una visita allo studio di Modigliani in una Parigi di inizio secolo.
Ma la grande avventura alla Tate Modern non finisce qui: nello spazio della Turbine Hall One Two Three Swing! del collettivo danese Superflex è un invito ad oscillare tutti insieme per cambiare il movimento della terra, quasi a dire che la condivisione più intima delle nostre energie può, se non salvare, quantomeno influenzare la direzione del mondo. Un enorme pendolo che oscilla dialoga con il moto di decine di altalene con le sedute condivise, messe in funzione dal pubblico. L’energia scatenata dalle persone si riverbera nello spazio, contribuendo a realizzare l’intento sociale dell’opera.
Maria Marinelli

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